lunedì 30 agosto 2010

Vitale, Rajan e la perdita di senso dell’economia di mercato


L’antropologo e orientalista Fosco Maraini - non si può non rimanere affascinati dalla lettura di “Case, amori, universi”, Mondadori, 2001 - ha attribuito a Marco Vitale l’epiteto di “Sherpa delle idee”, che trovo quanto mai appropriato poiché Vitale ci conduce per mano per capire a sviscerare i problemi così in profondità da smentire il vaticinio di Baricco sulla scomparsa della profondità di pensiero.
Nel suo ultimo libro - “Passaggio al futuro”, EGEA, 2010 - l’economista d’impresa bresciano ci guida e spiega con molta chiarezza perché la crisi finanziaria è una crisi di significato, di senso dell’economia di mercato, che il mondo anglosassone ha spinto verso una separatezza insensata tra lavoro e ricchezza. E‘ necessario riportare il baricentro economico dal capitale al lavoro e scoprire che la vera ricchezza non è fissata dal denaro e dagli interessi di mercato, ma è fondata soprattutto sul lavoro. Le parole di Vitale: “E’ un vero e proprio cambio di paradigma economico quello di cui abbiamo bisogno: al centro il lavoro e non il capital gain…Si è accettato l’imposizione di prelievi (non compensi che evocano uno scambio che non c’è) oltraggiosi, uno star system grottesco”.
Raghu Rajan nel suo recente “Fault lines, Princeton University Press, 2010”, esprime lucidamente come una delle cause della crisi sia la fortissima disuguaglianza nella distribuzione del reddito che si è verificata negli ultimi 20 anni. Per citare un esempio a noi vicino, Marchionne guadagna 435 volte un operaio della Fiat, quando Valletta si fermava a sole 20 volte. La risposta dei governi alla income inequality è stata l’offerta di un palliativo come il credito facile.
Quando penso alla blanda riforma di Obama e alle esitazioni della Banca dei Regolamenti Internazionali - che vorrebbe istituire dei limiti alla leva finanziaria e aumentare i requisiti di capitale, ma sembra si stia facendo sopraffare dalla lobby dei banchieri - ho pensato a una lettera pubblicata in “Lettere di condannati a morte della Resistenza”, Einaudi, 1954, ho trovato una lettera molto interessante e attualissima. L’austriaco Rudolf Steiner scrive a sua figlia Erika: “Non avere nostalgia del passato. Ciò che era non tornerà mai più. Guardare indietro non ha scopo e non fa che paralizzare le tue forze. “Guardare in alto, spingersi in avanti…” fa sempre ciò che ritieni giusto, non ti lasciar persuadere contro la tua profonda convinzione a compiere gli atti che ritieni sbagliati. Fa’ sempre subito ciò che ritieni necessario, senza esitazioni, non rimandare nulla. Ogni esitazione si sconta.”
Aspettiamo il prossimo G20 di Seoul a dicembre per valutare se l’attuale pessimismo verrà smentito. Non ci contiamo.

3 commenti:

  1. ecco Baricco:
    2026, la vittoria dei barbari
    Uno scrittore viaggia nel futuro, alla scoperta di un'èra dominata dalla superficialità. Con una sorpresa: non sarà poi così male
    di ALESSANDRO BARICCO

    http://bit.ly/dx0OjD

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  2. e ci aggiungo anche:

    "...sembrerebbe quindi che possa costruirsi anche in ambiti molto più scientifici l'assonanza che la efficacia, la profondità di pensiero sia in realtà indipendente dai metodi analitici e di approfondimento usati dall'alba dell'uomo fino alla comparsa degli uomini dal "pensiero piatto", dei Nativi Digitali. E che quindi modalità di pensiero totalmente diverse possano in realtà davvero dimostrarsi almeno equivalenti, e magari migliori, di quelle del pensiero analitico classico."

    http://bit.ly/anVxWO

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  3. immaginiamo un grafico: sulle ascisse un indicatore composito di qualità umane (immaginiamo astrattamente un indicatore che riassuma: intelligenza, capacità di apprendimento, memoria,....insomma una serie di quelle qualità che permettono ad un uomo di avere successo economico nella vita); sulle ordinate un indicatore del reddito, dell'income, che poi si traduce in differenti livelli di qualità di vita. Ora secondo la mia teoria la curva dovrebbe assumere la forma di un'esponenziale estremamente inclinata. Ciò starebbe a sottolineare, sempre secondo la mia teoria l'enorme errore di fondo che sta alla base della costruzione economica-sociale all'interno della quale viviamo. Siamo davveri sicuri che la differenza a livello "qualitativo", a livello umano tra Marchionne ed un operaio della fiat sia di 435 volte???????Marchionne persona, essere umano ha delle qualità che lo rendono 435 volte migliore di un operaio della fiat che fatica ad arrivare a fine mese?????......non credo proprio, credo sia un'enorme storpiatura del sistema, il risultato attribuibile ad un'enorme amplificazione della legge del più forte. Una conseguenza naturale del capitalismo direi, ma un capitalismo sbagliato, dove chi sta in cima alla catena alimentatare vive da nababbo con rubinetti d'oro e yacht, chi sta in fondo muore di fame.

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