lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale a tutti voi


In occasione del Natale in arrivo, vorrei salutare i miei affezionati lettori - aficionados, come dice il grandissimo Gianni Clerici - con un estratto dell'articolo di qualche giorno fa su Repubblica di Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose.

Che cosa significa mangiare insieme

In tutte le culture la festa è l' occasione per "vivere insieme" un evento, una memoria, un' appartenenza, una speranza condivisa ma nelle culture ispirate dal cristianesimo la festa del Natale è sentita anche da parte di chi non professa la fede nella nascita a Betlemme di Gesù di Nazaret, il Dio fatto uomo. Per cristiani e non cristiani queste feste natalizie accolgono il senso che viene loro dato, ma soprattutto offrono l' occasione a quanti si sentono legati da sentimenti affettivi di "stare insieme".

Natale rimane così nel sentimento di moltissimi uomini e donne dell' occidente la festa in cui si celebra l' amore. Certo, non sempre e non nello stesso modo, perché gli eventi della vita possono oscurare la festa o impedire di assaporarla in modo pieno, ma non appena la data si avvicina, nel cuore si fa strada la domanda: «Con chi vivrò quei giorni? Con chi condividerò il pranzo di festa? con quali piatti allieterò la tavola?».

Enzo Bianchi
...Dobbiamo riconoscere che restano un'occasione per "vivere insieme" qualcosa: davvero la ragione profonda  permane non sconfitta in queste feste è lo "stare insieme".
Gli esseri umani sentono questo bisogno nonostante lo sfilacciamento della vita sociale, l' individualismo dominante che ammorba l' esistenza, la diffidenza e la paura dell' altro che ormai minaccia anche la vita familiare.
Trovarsi insieme, aprire almeno per un giorno la casa ad altri che abitualmente non vivono con noi ma che noi amiamo, cercare di contraddire la solitudine, l' isolamento cui sovente sembriamo condannati dalla vita di oggi e dalle architetture che abitiamo: questo può essere il Natale.

In questo senso, elemento essenziale è la convivialità attorno alla tavola, luogo straordinario di umanizzazione, di ascolto reciproco, di scambio della parola, luogo dove dire sì alla vita con le sue fatiche, le sue sofferenze, le sue gioie e le sue speranze.

Convivialità a tavola significa spazio, tessuto, mosaico di parole scambiate e di immagini create, racconti che seducono. Lì tutti sono uguali, con le stesse possibilità di prendere cibo e di intervenire con la parola: bambini e vecchi, uomini e donne, invitanti e invitati. L' uno parla, l' altro ascolta mentre si mangia: parole che si intrecciamo fino a spegnere ogni diffidenza.

E qui occorre l' arte di chi presiede la tavola: l'arte del favorire l' esprimersi di tutti, del disinnescare i rapporti di forza, del contenere con delicatezza i chiacchieroni, dello stimolare i più timidi; l' arte di creare quel clima festoso in cui possono spegnersii ricordi non buoni, gli antichi contrasti, i rancori taciuti. Come nel pranzo di Babette. Così si scoprono gli altri e li si conosce di più...

La convivialità è terreno fertile per esercitarsi in rapporti affettivi che diano gusto alla vita, che ci rallegrino nella faticosa quotidianità che appesantisce tanti nostri giorni... Questo clima non dovrebbe però limitarsi al pranzo di Natale: nei giorni successivi perché non accettare di non uscire troppo di casa, di dedicarsi nella lentezza dei giorni senza lavoro alle cose più semplici: godersi la casa, spazio che abitiamo e che durante l' anno fatichiamo a tenere in ordine e sentirlo nostro, leggere- quest' arte di viaggiare restando là dove siamo - ascoltare musica, invitare qualcuno per dialogare e porsi insieme domande di senso. I giorni tra Natale e l' epifania, quando guardando dalla finestra ci pare di scorgere i paesaggi invernali di Brueghel, quando il rigore del freddo ci rimanda al caldo delle nostre case sono occasione per esercitarci alla vita interiore: se siamo capaci di approfittarne, ne guadagna il nostro benessere più autentico, ma anche la società, l' umana convivenza.

Buon Natale a tutti.

mercoledì 19 dicembre 2012

Omaggio a Gianni Brera, il miglior giornalista sportivo italiano, fuoriclasse assoluto

Oggi 19 dicembre cadono 20 anni dalla scomparsa di Gianni Brera, giornalista sportivo indimenticabile., un critico che ha fatto diventare il gioco del pallone un’arte tra l’epica e il melodramma, l’antropologia e la ricerca socio-politica.

Milano, con saggezza, gli ha intitolato l’Arena, dove giocava l’Ambrosiana Inter di Giuseppe Meazza e Annibale Frossi (che giocava con gli occhiali).

Brera ha inventato un linguaggio inopinato e calzante, espressivo e ironico, per raccontare le partite, disquisire dicalcio, disegnare lo stile e il carattere dei giocatori e dei tecnici.

La Gazzetta dello sport gli affidò nel dopoguerra l’atletica leggera e Brera fece subito capire di essere un numero uno: “A mio parere un giornalista sportivo non può dirsi tale se non conosce l’atletica leggera”.

Ben Johnson
Leggete la descrizione di Ben Johnson, campione dei 100 a Seul e poi squalificato per doping: “L’avevo conosciuto ai mondiali di Roma 87 e avevo dovuto pizzicarmi per non credere di trovarmi di fronte al mirabolante incrocio del dio Mitra con la madre di Apollo. Il mitico animale springava dai blocchi sfolgorando nel sole i suoi muscoli sicuramente divini...La macchina scatenata disegnava falcate di inaudita potenza. Io mi sentivo così piccolo e antico da dover trattenere l’urlo ammirato con cui avrei seguito la sua azione fulminea”.

Ho trovato nel mio archivio un articolo del settembre 1988: “Caro Greg, pesce d’uomo”, in onore di Greg Louganis, medaglia d’oro nei tuffi alle Olimpiadi: “Greg ha molto impressionato gli amatori dell’evoluzione darwiniana elevata a sport. Aveva caricato il trampolino come se fosse una freccia incoccata: la tavola elastica lo rilanciava sempre più in alto, a prendere la quota giusta per incominciare le evoluzioni del pesce-uomo, temerario non meno che folle: raccolte le ginocchia contro il petto, Greg Louganis fece di sè prodigioso gomitolo nell’aria: un gattone invisibile lo faceva vorticare con zampa giocherellona”. Mirabile.

Passarono pochi anni e diventò il più giovane direttore della Gazzetta dello Sport (dal 1949 al 1954).

Brera amò il ciclismo come “epos dei poveri”. Nessuno prima di lui aveva osato dire che “il ciclismo in fondo è l’arte di tenere il soprassella sulla medesima

Come ha ricordato Mario Fossati, “i suoi lettori non sospettavano minimamente che Brera scrivesse sette-otto-dieci cartelle, nello spazio di neanche due ore, ai Giri o ai Tour".

Brera ha inventato un nuovo linguaggio. Il lessico sportivo è stato arricchito di parole come prestipedatore, costruito sul modello di “prestigiatore” (dal latino prestigiae che significa “inganno”), eretismo podistico, ciabattare, Dea Eupalla (la dea che presiede le vicende del calcio), calcio mistero senza fine bello (pescando un verso di Guido Gozzano), centrocampista, forcing, goleador, palla gol, melina, pretattica, zonagro, uruguagio.

Un termine che mi è molto caro è uccellare, nel senso di beffare l’avversario, superarlo con astuzia e abilità. Recuperato dal Boccaccio e tradotto dal francese “oisleur”. Una volta la mia prof di italiano delle medie ci diede un tema libero e io allora presi coraggio e feci la cronaca di una partita della Beneamata Inter e usai il termine uccellare. Lei me lo segnò in rosso.

Gianni Brera con Nereo Rocco
Memorabili furono i suoi soprannomi: abatino (con cui ha immortalato Gianni Rivera), Rombo di Tuono (Gigi Riva), Deltaplano (Zenga), Stradivialli (Vialli da Cremona), Divino Scorfano (Maradona), Puliciclone (Paolo Pulici), Schopenauer (Bagnoli, allenatore del Verona e poi dell’Inter, fondamentalmente pessimista).

Il gol più bello mai realizzato nella storia del calcio, il gol di Maradona contro l’Inghilterra ai mondiali del 1986, così venne raccontato da Gianni Brera (25.1.1991): “Dopo aver uccellato l’arbitro sul primo gol, ha sentito dentro l’imperioso l’impulso a dimostrare che Eupalla nona veva scelto a casoil suo messia: se ben ricordo, ha ricevuto palla levando i gomiti come se accennasse ada alzarsi in volo, ha dribblato il primo, il secondo, il terzo, il quarto (che era il portiere) e, giunto al fin della licenza, ha toccato in gol evitando anche l’arcigna ciabatta dell’ultimo difensore in agguato. A quell’impresa sono balzato in piedi levando le braccia al cielo, come se mi arrendessi a Mercurio, ineguagliabile dio dei malandrini. Sì, amico: di Maradona ci ricorderemo sentendone la mancanza”.

Infinite sono le citazioni tratte dai libri in bibliografia:

- L’italiano è un biotico amidaceo dai glutei rossi, inventata per difendere il “gioco all’italiana

Ottavio Missoni
- Ciascuno sta solo sul cuore della terra, trafitto da un raggio di sole e confortato da uno o piùpaladini degni di entrare nel suo epos. Ora nel mio epos figurano Ottavio Missoni - leggasi post su Ottavio Missoni, campione olimpionico - e Fortunato Fedegari;

Peppin Meazza è il dono di Eupalla alla sua generosa città. Inventa un calcio fatto di guizzi improvvisi, di stacchi miracolosi, di acrobazie impensabili.

- la curiosità è la madre dell’empirismo e l’empirismo è il padre della scienza.

Brera chiudeva sempre i suoi coccodrilli con “Ti sia lieve la terra”. Oggi lo diciamo noi.

Giuanbrerafucarlo, ti sia lieve la terra.


Di Gianni Brera si consiglia la lettura di:

Il Principe della zolla, Baldini e Castoldi, 1993
L’Arcimatto 1960-1966, Baldini e Castoldi, 1993
La Bocca del leone, L’Arcimatto II, 1967-1973, Baldini e Castoldi, 1995
L’anticavallo. Sulle strade del Tour e del Giro, Baldini e Castoldi, 1997
Addio bicicletta, Baldini e Castoldi, 1997
Il Club del Giovedì, Aragno, 2006
La pacciada. Mangiarebere in pianura padana (con Luigi Veronelli), Baldini e Castoldi, 1996
Coppi e il diavolo, Baldini e Castoldi, 1994
Herrera e i Moratti, Limina, 1997
Il corpo della ragassa; Baldini e Castoldi, 1996
Storie dei lombardi, Baldini e Castoldi, 1993
Il mio vescovo e le animalesse, Badini e Castoldi, 1993
Derby!, Baldini e Castoldi, 1994



lunedì 17 dicembre 2012

Quando i bambini erano schiavi, i bamboccioni e il ricordo di Padoa-Schioppa

Tommaso Padoa-Schioppa
Il 18 dicembre di due anni fa scompare Tommaso Padoa-Schioppa, splendido civil servant, banchiere centrale, prima in Banca d'Italia e poi in Banca Centrale Europea - con un intermezzo alla Consob.

Se chiediamo all'italiano medio cosa si ricorda di Tommaso Padoa-Schioppa (TPS), probabilmente gli viene in mente la battuta sui “bamboccioni”, ossia sui figli coccolati da una generazione di padri troppo comprensivi, che concedono tutto ai propri figli, danneggiandoli.

Mandiamo i bamboccioni fuori di casa. Incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi “ (4 ottobre 2007). Così Tommaso Padoa-Schioppa il 4 ottobre del 2007.

Tutte le analisi disponibili, dal Censis all’ISTAT a Italia Futura ci illustrano come i giovani restino legati alle famiglie di origine coccolati e viziati. Ma con troppi agi e senza fatica – vedi il post la fatica è bella, messaggio portato avanti da mia figlia Allegra – non si va da nessuna parte. “Il sacrificio non è mai sterile”, diceva Giuseppe Mazzini.

Per contestualizzare la battuta del compianto TPS, vi sottopongo il rapporto della commissione parlamentare inglese del 1832 sul lavoro minorile – riportato da Fabrizio Galimberti in “L’Economia spiegata a un figlio” (Laterza, 2004).
Ecco il botta a risposta tra tra il presidente della commissione e il sovrintendente della fabbrica:

A che ora alla mattina, le ragazzine dovevano cominciare il lavoro?

Nel periodo di più intenso, per circa sei settimane, cominciavano alle tre del mattino e finivano alle 10, 10 e mezza di notte.

Durante queste 19 ore di lavoro che intervalli c’erano per il riposo e il nutrimento?

Un quarto d’ora per la colazione, un quarto d’ora per la cena e un quarto d’ora per bere.

E parte di quel tempo lo dovevano impiegare a pulire le macchine?

In genere dovevano occuparsi dell’”asciugatura”; qualche volta questo prendeva tutto il tempo della colazione e del bere.

Non era difficile tenerle sveglie per fare tutto questo lavoro?

Sì, specie di mattina le dovevamo portar su addormentate e scuoterle un po’.

Ci sono stati degli incidenti a causa di tutto questo lavoro?

Sì, la mia figlia più grande; la rotella le ha preso l’unghia dell’indice e gliel’ha strappata fin sotto la nocca.

Ha perso il dito?

E’ stato tagliato alla seconda articolazione.

E le è stato pagato il salario?

Appena è successo l’incidente, il suo salario cessò di essere pagato.

Cari genitori, smettete di viziare i vostri figli. Per il loro bene.

Nato a Belluno nel 1940, Tommaso Padoa-Schioppa si laurea alla Bocconi ed entra in Banca d’Italia. Disse: “Appartengo a una generazione nella quale era molto diffuso il richiamo di un impegno pubblico”.

Fece carriera velocemente scalando i gradini della rigida piramide gerarchica di Via Nazionale, entrando nel Direttorio fino a diventare vice-direttore generale.

Dal 1979 al 1983 TPS è Direttore Generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione Europea a Bruxelles e inizia il lungo e fertilissimo ruolo svolto nella costruzione europea.

Alla fine degli anni ’80, Ciampi affidò a TPS – suo amico personale - l’incarico di seguire i lavori preparatori del Trattato di Maastricht, in qualità di membro autorevole del Comitato guidato da Jacques Delors.

Lucido elaboratore di pensiero raffinato, fu colui che teorizzò il Quartetto Inconciliabile. All’interno di un’area economica (allora la Comunità Economica Europea), non possono coesistere quattro fenomeni, che erano anche gli obiettivi della CEE:

1) Libertà di circolazione di merci e di servizi;

2) Libertà di movimento dei capitali;

3) Tassi di cambio fissi;

4) Politiche monetarie - dei singoli stati - autonome

A quell'epoca, i vari Paesi della Comunità Economica Europea (ora Unione Europea) mantenevano alcune limitazioni agli scambi e, soprattutto, alla circolazione dei capitali. Queste vennero via via eliminate tramite il programma del Mercato Unico e la liberalizzazione dei movimenti di capitali. Alla fine degli anni '80 i primi due obiettivi erano stati raggiunti; bisognava scegliere tra gli ultimi due. Nel 1982 Padoa-Schioppa propose di eliminare il terzo fine (politiche monetarie indipendenti) e di creare una moneta unica per tutti gli stati appartenenti all'Unione, gestita da un'unica Banca Centrale Europea. TPS: “Se vogliamo insistere nell’avere politiche monetarie autonome, prima o poi salteranno i cambi fissi o si comincerà a ridurre la libertà di movimento di capitali”. Il Rapporto Delors dell'aprile 1989 appoggiò questo punto di vista proponendo un'Unione Monetaria Europea con un'unica moneta. Padoa-Schioppa si occupò allora della creazione della nuova Banca Centrale Europea.

Per chiudere, un mio ricordo personale di Tommaso Padoa-Schioppa. Era il 1993, all’ultimo anno di Bocconi, al termine di un convegno in Via Romagnosi all’allora Centro Congressi Cariplo, avvicino sgomitando TPS mentre sta assaggiando il risotto del buffet e chiedo: “Mi scusi, io vorrei fare una tesi sulle nuove disposizioni del Comitato di Basilea, cosa può suggerirmi?”. TPS mi sorrise e disse: “Scriva a Basilea alla Banca dei Regolamenti Internazionali, facendo il mio nome”. E così feci, indeciso se scrivere in tedesco o in inglese. Dopo pochi giorni il portinaio mi citofonò - io allibito abituato al muro di gomma delle istituzioni italiane - per dirmi che era appena arrivato un pacco prioritaire da Basilea. Erano i working paper per la revisione di Basilea I di cui si stava discutendo nei consessi internazionali. E così scrissi la mia tesi “Strumenti derivati e autorità di vigilanza: rischi e requisiti patrimoniali”.


I veri maestri non muoiono mai, i loro scritti, insegnamenti, moniti rimangono nelle menti dei loro allievi.

Tommaso, ti sia lieve la terra.

P.S.: per approfondimenti si consiglia:

Mario Pirani, Il futuro dell’economia, Cap XIII, Le virtù salvifiche di Maastricht, Mondadori, 1993
Tommaso Padoa-Schioppa, Europa, forza gentile, Il Mulino, 2001
Tommaso Padoa-Schioppa, Dodici Settembre. Il mondo non è al punto zero, Rizzoli, 2002
Tommaso Padoa Schioppa, La veduta corta, Il Mulino, 2009

giovedì 13 dicembre 2012

Berlusconi, l'imbroglio dello spread, Carli e il ritorno da Maastricht nel dicembre 1991

L'ineffabile ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi riesce sempre a far parlare di lui. Eravamo da un po' impegnati a parlar d'altro, ad affrontare questioni serie, ma l'annuncio del suo ritorno in campo ci obbliga a qualche riflessione.

L'altra mattina sulle sue reti, a Mattino 5, Berlusconi è intervenuto al telefono dicendo: "Lo spread è un imbroglio e un’invenzione con cui si è cercato di abbattere una maggioranza votata dagli italiani e che governava il paese. Prima non ne avevamo mai sentito parlare, se ne parla solo da un anno, e cosa ce ne importa?".

Ma quale imbroglio? Sullo spread BTP-BUND abbiamo scritto più volte. Leggasi qui.

Commentiamo invece, partendo da lontano, l'affermazione assurda per cui dello spread se ne parla "solo da un anno". Io vado indietro all'11 dicembre 1991, esattamente 21 anni fa. Il Trattato di Maastricht, infatti, è stato definito dagli sherpa economici dei diversi Paesi europei nel dicembre 1991. E tra i parametri del Trattato - ma guarda un po' - si parla di spread.

Maastricht, cittadina olandese sulla Mosa
Eravamo tornati nella notte da Maastricht. Ricordo il freddo secco, pungente. Per la mattina dopo – era l’11 dicembre 1991 (20 anni fa, dunque, ndr) – avevo convocato un gruppo di cronisti al Ministero del Tesoro. Preparai il testo del Trattato, da portare e commentare. Poi, all’ultimo momento cambiai idea. E presi dalla biblioteca una vecchia copia del Faust di Goethe, parte seconda, sulla quale avevo studiato nel 1936 all’Università di Monaco di Baviera. Portai quel libretto ingiallito nel mio incontro con i giornalisti, destando un’increspatura di stupore.

Entrai nella sala della Maggioranza...posi sul tavolo rotondo il testo del Faust, e spiegai il valore simbolico di quel gesto. Nella seconda parte del Faust, Mefistofele consiglia all’Imperatore di finanziare le proprie guerre contro l’Antimperatore stampando banconote senza preoccuparsi della loro quantità. La Corte è in preda all’euforia per l’invenzione della banconota e per la possibilità di moltiplicare magicamente il potere d’acquisto, con il solo atto della firma dell’Imperatore....Il denaro risveglia la città imperiale “già quasi muffita e mezza morta” come il soffio rivitalizzante del favonio. Il popolo è felice. Consuma. La crescita dell’economia riparte. Il Medioevo finisce. E’ il Rinascimento. L’Imperatore è stordito dalle meraviglie che gli vengono prospettate. Obietta: ma che cosa garantirà il valore di quelle banconote? Faust replica: se mancherà l’oro e l’argento con i quali riscattare i biglietti al portatore, basterà garantirli con il sottosuolo ricco di miniere, di tesori, di gemme. E Mefistofele commenta: “Se manca moneta, basta scavare un po’...

Quella sussurrata da Mefistofele è la tentazione che tutti i Principi, tutti i potenti della storia hanno avuto: finanziare le proprie guerre, i propri fasti, stampando moneta senza preoccuparsi di garantirne il valore, la stabilità. Finanziandoli con l’inflazione. Il Trattato di Maastricht si propone proprio di allargare all’Europa la Costituzione monetaria della Repubblica Federale di Germania, che proibisce al Principe, vale a dire al governo, di stampare moneta a proprio piacimento. Costringe tutti ad assumere comportamenti non inflazionistici.

Mostrai il libricino e dissi:Questo volume venne stampato per le scuole tedesche negli anni Trenta, e in esse diffuso e commentato. Questo vi testimonia quanto sia radicata nell’animo dei tedeschi l’ostilità per l’inflazione, dopo Weimar. Questo pilastro si estende oggi anche all’Europa”.

Guido Carli, Ministro del Tesoro
Questa la testimonianza di Guido Carli - Governatore di Banca d'Italia dal 1960 al 1975 - lasciò nelle mani di Paolo Baffi - e successivamente Ministro del Tesoro - nell’Epilogo di Cinquant’anni di vita italiana (Laterza, 1993). E’ da questo passaggio che deriva il nome di questo blog, Faust e il Governatore.

E dopo aver letto il passaggio su Mefistofele, è più comprensibile l'atteggiamento della Merkel verso i Paesi inadempienti. La Germania ancora oggi ha una paura matta dell'inflazione e del debito eccessivo che porta a monetizzare il debito.

Maastricht è una piccola città sulla Mosa al confine tra l’Olanda, il Belgio e la Germania. A Maastricht si apriva il 9 dicembre 1991 lo storico Consiglio europeo che avrebbe dato vita al nuovo Trattato.

Nella prima giornata furono sciolti gli ultimi nodi sull'Unione economica e monetaria: entro il 1º gennaio 1999 si sarebbe avviata la terza tappa del calendario, con l'introduzione della moneta unica. Più difficile fu superare l'opposizione britannica a questa soluzione e sulle questioni sociali. Venne sancita così la clausola di opting-out attraverso la quale la Gran Bretagna avrebbe potuto rimanere nella futura Unione europea pur senza accogliere le innovazioni che il suo governo avesse rifiutato.

L’11 dicembre i dodici Paesi della Comunità Europea sottoscrissero il Trattato di Maastricht, che perfezionato nel febbraio 1992 e ratificato nel 1993, porterà alla nascita dell’Unione Europea (1° novembre 1993).

Dopo la creazione dell'Istituto monetario europeo (IME), sarebbe nata da esso la Banca centrale europea (BCE) e il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) che avrebbe coordinato la politica monetaria unica. Venivano distinte due ulteriori tappe: nella prima le moneta nazionali sarebbero continuate a circolare pur se legate irrevocabilmente a tassi fissi con il futuro Euro; nella seconda le monete nazionali sarebbero state sostituite dalla moneta unica. Per passare alla fase finale ciascun Paese avrebbe dovuto rispettare cinque parametri di convergenza (denominati parametri di Maastricht, per l’appunto):

• Rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3%.

• Rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60%.

• Tasso d'inflazione non superiore dell'1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più virtuosi.

Italia-Germania alias spread BTP-BUND
Tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi più virtuosi.
Caro Berlusconi, torni a studiare, non ci venga a raccontare delle panzane senza senso. Il quarto parametro di Maastricht definisce i limiti degli spread dei singoli Paesi.

• Permanenza negli ultimi 2 anni nello Sistema MOnetario Europeo (SME) senza fluttuazioni della moneta nazionale (questo parametro l'Italia l'ha raggiunto grazie al Capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi, leggasi post sulla "performance of his life").

Secondo Carli “Nel Trattato confluiscono le idee di Luigi Einaudi, idee contraddistinte dall’obiettivo di consolidare la pace in Europa organizzando il vecchio continente secondo il principio federalista, ossia secondo il principio che ogni Stato membro mantiene la propria identità, ma ammette di restringere la sovranità nazionale nei campi della difesa e della moneta”.

Voi mi direte. Ma cosa vuoi che interessino a Berlusconi Einaudi, Ciampi, Carli e il Trattato di Maastricht? Beh, senza la conoscenza della storia, non si va da nessuna parte.

lunedì 10 dicembre 2012

Nei momenti cupi, ricordiamo i grandissimi. Auguri a Carlo Azeglio Ciampi, che ieri ha compiuto 92 anni

Come ci immaginavamo, la giornata di oggi sui mercati ci fa capire quanto sia apprezzata la sola ipotesi di un ritorno di Berlusconi al governo. Non lo vogliamo neanche pensare.

E' proprio in questi momenti che bisogna mantenere i nervi saldi e ripensare ai grandi italiani. Mentre stamane partecipavo a un incontro organizzato dalla Fondazione Ugo La Malfa - politico di una lungimiranza clamorosa, leggasi post Ugo La Malfa, politico formidabile - mi sono ricordato di un altro grande italiano, Carlo Azeglio Ciampi, il quale in più di un'occasione riportò in auge la credibilità del Belpaese.


Ieri 9 dicembre, Carlo Azeglio Ciampi – Governatore della Banca d’Italia dal 1979 al 1993, Presidente del Consiglio e Ministro del Tesoro, Presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, nato a Livorno il 9 dicembre 1920 - ha compiuto 92 anni. Gli facciamo gli auguri, ricordando alcune sue riflessioni e punti di vista, ritratti da “Da Livorno al Quirinale” (Il Mulino, 2010).

Non c’è dubbio che la vita scorre e ti offre tante occasioni. L’importante è riuscire a coglierle nel modo giusto e al momento giusto. Non mi sono mai lamentato di quello che mi ha offerto la vita. Posso dire che per inclinazione naturale mi sono sempre sentito pronto a cogliere l’occasione che in un certo momento si offriva”.

Sono convinto che nella vita si debba sempre cercare di utilizzare al meglio il tempo...fai le cose che ritieni di dover fare; dovendole fare, cerchi di farle rapidamente...io ho preso da mia madre: “Non rinviare a domani quello che potresti fare oggi, il tempo è breve”.

Io parto da questa idea: non prendere impegni che sono al di là delle tue forze. Ma se li devi prendere, bando ad ogni incertezza o timidezza, rimboccati le maniche e mettiti a lavorare"."La mia filosofia è questa.Quando si profilano impegni difficili, importanti, se puoi farlo, evitali; ma se non puoi evitarli, affrontali con pienezza di energie, con freddezza, con libertà di mente, con onestà di propositi”.

Molte volte mi chiedo se ci sia oggi una generazione di trentenni che abbia la forza di “ricostruire”, la volontà e l’impegno necessari, come li avemmo noi, provati dalla guerra, anzi con la guerra ancora alle porte di casa. Mi dico anche che se questa generazione non c’è, la colpa è nostra, è dei padri; vuol dire che non siamo capaci di passare la mano al futuro. E’ un pensiero che quasi mi ossessiona; ma non perdo la fiducia”.

Servire la Banca d’Italia vuol dire servire, imparare a servire una grande istituzioneQuindi l’istituzione viene prima della persona. Secondo, ti insegna ad avere valori precisi, ti insegna a non accettare compromessi, ti insegna a tenere fermo il punto di fronte a chiunque prema. Ti insegna a non dipendere da nessuno, da nessun potere politico esterno

Studiare come un forsennato vuol dire scavare problemi, capirli, non mandare meccanicamente a mente nozioni. In questo mi aiutò molto la mia familiarità con il metodo della filologia classica...Bisogna rendersi conto delle origini delle cose, approfondire, scavare, per capire il testo base

Nella vita si studia sempre fino all’ultimo giorno. In forme diverse. La curiosità, il desiderio di capitre, di darsi una spiegazione delle cose, non cessano mai. Il mondo non lo si conosce mai abbastanza. A parte le conoscenze tecniche, è la vita stessa, nei suoi valori, nelle sue manifestazioni, nelle nostre reazioni a esse, che si presenta come un apprendistato continuo. Anche a novant’anni compiuti

Nella discussione si affinano le idee, si migliora il contenuto della soluzione che uno può avere in mente già in partenza, ma poi si deve chiudere. La discussione non è mai fine a se stessa e non è mai senza fine, deve finire, ci sono tempi da rispettare. Questo è, per me, il famoso problema del rapporto fra conoscenza e atto volitivo. Ci vuole il massimo della conoscenza. Ma poi c’è l’esigenza di smettere, di mettere la parola fine a un processo conoscitivo, altrimenti senza fine, e di chiudere con la decisione, con la scelta”.

La fiducia e la speranza mi vengono dai giovani, che pure vivono un presente difficile e nutrono d’incertezza il loro futuro...Frequenti sono le occasioni che ho di incontrare ragazzi, studenti, giovanii impegnati nello studio e nel lavoro...mi conforta osservarne la forza,la determinazione a non lasciarsi andare; il loro saper guardare avanti. Con molta lucidità non coltivano illusioni, ma non cadono nel disincanto o peggio nel cinismo. Affrontano la realtà per quello che è e si adoperano a cambiarla. Questo è per me il punto: il ricambio generazionale. Quando questi giovani chiederanno con vigore, perentoriamente, ai loro padri: “E ora, fatevi da parte”. E’ ciò che fece la mia generazione all’indomani della guerra. Tra mille difficoltà, senza molte certezze circa il nostro futuro, salvo una: “Ora tocca a noi”. Ce la facemmo. Ce la faranno”. 

L'anno scorso sul Sole 24 Ore Ciampi ha invitato i lettori a riprendere in mano Leopardi. Lo riporto integralmente: “Sia di auspicio la convinzione del Passeggere leopardiano, “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura”. E il futuro è speranza”.

Auguri Carlo Azeglio!

giovedì 6 dicembre 2012

Sant'Ambrogio e l'avidità. Non aveva ragione Gordon Gekko: greed is not good

Domani a Milano si festeggia Sant'Ambrogio, vescovo di Milano.

Io voglio rendere omaggio a sant'Ambrogio.

Aurelio Ambrogio, meglio conosciuto come sant'Ambrogio (Treviri, 339 – Milano, 397), vescovo, scrittore e uomo politico, fu una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo d.C.

Conosciuto anche come Ambrogio di Milano, assieme a san Carlo Borromeo e san Galdino è patrono della città, della quale fu vescovo dal 374 d. C. fino alla sua morte e nella quale è presente la basilica a lui dedicata che ne conserva le spoglie.

Ambrogio fu anche Maestro di Sant'Agostino. Chissà che belle discussioni tra Maestro e discepolo!

Così si espresse Ambrogio, vescovo di Milano: "La terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e i poveri. Perché voi ricchi vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo?..."Il Signore Dio nostro ha voluto che questa terra fosse proprietà comune di tutti gli uomini e che fornisse frutti che fossero di tutti. È stata l’avidità a ripartire i diritti di proprietà".

Ambrogio richiama con forza il senso autentico della proprietà privata: i beni ci sono dati in uso e in primis in funzione del bene comune. Fa sentire alto il suo monito contro la cupidigia e l’avidità, in particolare presso coloro che ricoprono cariche pubbliche. Da qui consegue l’attenzione ai poveri, ai malati, ai condannati a morte, ai prigionieri, ai forestieri, agli affamati, alle vedove e agli orfani.

Io mi ricordo con chiarezza quando in Wall Street Gordon Gekko, interpretato da un fantastico Michael Douglas, dice: "Greed is good", l'avidità è buona.

No, non è così. Abbiamo visto le conseguenze dell'avidità. Non solo dei banchieri, ma anche della gente comune. Sant'Ambrogio direbbe: "Greed is not good".

Viviamo tempi difficili.

Ma Ambrogio ci invita a non mollare. Così usava affermare: "Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi".

Sta in noi.

lunedì 3 dicembre 2012

Il fallimento della Politica agricola europea (PAC): sussidi alla Regina Elisabetta e Alberto di Monaco.


Sabato scorso 24 novembre il Corriere della Sera ha aperto con “Europa, frattura Nord-Sud. Sei Paesi guidati da Berlino e Londra bloccano il rilancio”.

In sostanza i capi di Stato e di Governo non hanno trovato l’intesa sul Bilancio 2014-2020 dell’Unione Europea (Ue). Tutto viene rinviato al 2013.

La cosa che proprio evidenzia come l’Ue sia ancorata al passato e per nulla proiettata sul futuro è lo spazio che le politiche agricole giocano ancora oggi sul bilancio. Si parla di sussidi all’agricoltura. Si parla di PAC, ossia Politica Agricola Europea.
Sebbene nel 1980 il peso della PAC sul bilancio era del 75% ed oggi è quasi dimezzata al 40%, non ha assolutamente senso si privilegino i rentier agricoli, invece di investire in infrastrutture e sugli incentivi alla competitività.

La strategia di Lisbona ha definito le priorità:
-         investire nella conoscenza e nell’innovazione;
-         liberare il potenziale delle imprese, in particolare le PMI;
-         investire nelle persone e modernizzare i mercati del lavoro.

E’ bene che l’opinione pubblica sia informata sui maggiori beneficiari della Politica di sussidi all’agricoltura.
Se ci si documenta, come visitando il sito www.farmsubsidy.org, si scopre che dove vanno i milairdari sussidi della Ue.
Il 18% più ricco dei beneficiari riceve l’84% dei sussidi. La filosofia è: più abbiente sei, più fondi ottieni. I maggiori beneficiari sono gli individui e le aziende che posseggono la maggiori quantità di terre, poi le grandi aziende dell’alimentare e quelle dello zucchero. In cima alla classifica ci sono l’olandese Campina e la danese Arla Foods Amba, colossi del settore caseario che hanno ricevuto rispettivamene 1,6 miliardi di euro dal 1997 e quasi un miliardo di euro dal 2000. Segue la britannica Tate & Lyle Europe: 827 milioni di euro dal 1999.
Nella parte alta della classifica troviamo la Regina Elisabetta, Nestlè, il principe Adam II del Lichtenstein, Alberto di Monaco e la Duchessa de Alba, spagnola.

Relativamente ai sussidi ricevuti dalle aziende italiane, alla pagina http://www.farmsubsidy.org/IT/  vediamo come le prime 4 sono:
-         Eridania (dal 2002 ricevuto 225 milioni di euro);
-         Italia Zuccheri S.p.A. (209 milioni di Euro)
-         S.F.I.R., Società Fondiaria Industriale Romagnola (194 milioni di euro);
-         Istituto Centrale Banche Popolari (180 milioni di euro). Alle banche i sussidi agricoli, come siamo messi male.
  
Nella proposta del Presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy (il quale prima ha tagliato 25 miliardi di euro e poi ne ha aggiunti 8 su pressione di Hollande, che ha tutelato i suoi ricchi agricoltori) il peso della politica agricola è di 372 milioni di euro, di cui 278 per la PAC, che pesa quindi (278/971) il 28,6%. Una cifra esagerata.

Tony Blair aveva cercato anni fa invano di riequilibrare le spese a favore di innovazione e competitività. Il premier Cameron ha spinto, secondo noi a ragione, per ridurle.

Sull’inefficienza dalla Politica Agricola Europea tornano ancora utili le parole di Paolo Baffi, Governatore di Banca d’Italia dal 1975 al 1979: “Nel settore agricolo, il Mercato comune, in luogo della concorrenza, ha instaurato un pesante apparato protezionistico che si distingue per l’entità dello distorsioni produttive ed uno spreco di mezzi finanziari in cui alligna la frode(Il passo è tratto da Paolo Baffi, Ente per gli studi monetari bancari e finanziari Luigi Einaudi, 1989, p. 53).

Era comunque tutto scritto in un rapporto commissionato dieci anni fa da Prodi - allora Presidente della Commissione Europea - a un gruppo di lavoro diretto dall'economista Andre Sapir, il quale aveva raccomandato di ridimensionare significativamente la spesa agricola, concentrando le risorse verso impieghi "di valore aggiunto europeo", capaci di stimolare la crescita e la produttività.

Paolo Baffi, Governatore integerrimo
Come dice bene Stefano Micossi, "purtroppo hanno prevalso l'inerzia e gli interessi costituiti".

Ha ragione, ancora una volta, Angela Merkel, la quale ha lasciato Bruxelles dicendo: “The possibility of trying and failing to reach agreement was extremely unattractive”. Meglio non raggiungere un accordo che firmare un pessimo accordo.


giovedì 29 novembre 2012

Sicilia terra irredimibile: dallo splendore di Federico II al disastro odierno

Federico II di Svevia
Ogni sera alle 20.10 a casa mia c'è un appuntamento imperdibile: Gli incorreggibili, telenovela argentina che si svolge all'interno di un college, la Mastery school, dove un gruppo di ragazzi viziati imperversano. Ivo, Luna, Miranda e tanti altri vivono delle storie complicatissime per cui non capisco mai cosa sta succedendo. Caschi pure il mondo, ma i miei figli non perdono una puntata.

Visto che non ho alcun potere di scelta fino al termine della puntata, di solito prendo la mia mazzetta dei giornali e leggo.

Ieri sera, nel bel mezzo della puntata, ho sobbalzato e Allegra mi ha detto: "Papi, cosa è successo? Sei impazzito?".
Avevo appena letto su Repubblica: "Giocate al casinò con soldi pubblici, condannato a 6 anni ex deputato di Forza Italia, direttore della Fondazione Federico II".

Sono rimasto sbigottito per la pazzesca dicotomia tra il furto di oggi e la figura eccelsa di Federico II. Un direttore della Fondazione Federico II non può comportarsi in questo modo. Il politico in questione - Alberto Acierno, ex parlamentare nazionale di Forza Italia - è un ossimoro vivente, come ghiaccio bollente o silenzio assordante.

"Con la carte di credito di direttore della Fondazione Federico II, la fondazione culturale dell'Assemblea regionale siciliana, in un anno Acierno ha speso più di di centomila euro in giocate al casinò online, viaggi alle Maldive, alberghi alle isole Eolie, carburanti per la barca, acquisti per elettrodomestici, mobili, telefonia". No comment.

Ma chi era, cosa ha realizzato, cosa ha rappresentato la figura di Federico II?

Federico II di Svevia (1194-1250), imperatore del Sacro Romano Impero, re di Sicilia, re di Gerusalemme, Stupor Mundi, è considerato uno dei personaggi più affascinanti della storia europea, celebre per la sua cultura, per la volontà di stabilire un governo illuminato e per la determinazione con cui contrastò il potere papale.

Per capire quanto fosse ricca e florida la Sicilia, riporto un passaggio del saggio di David Abulafia: "La Sicilia era il possedimento più amato da Federico II. La Sicilia era opulenta e inoltre controllava le rotte commerciali del Mediterraneo...una burocrazia articolata (pensate dove siamo finiti oggi!, ndr), forzieri ragionevolmente pingui, un'eredità culturale composita che si rifletteva nella presenza a corte di Greci, Ebrei, Arabi.
Era una Sicilia che poteva dir la sua in grandiose guerre di conquista, in Africa, Grecia o nel Levante, persino in Spagna".

E ancora: "La Sicilia era in eccellente posizione strategica per soddisfare la domanda dell'intero Mediterraneo; e il fitto intreccio di rapporti con l'Europa Occidentale, tramite Genova, Pisa, Venezia e le città provenzali, garantivi sbocchi sufficienti ai suoi prodotti di lusso...Federico II diede forte impulso alle piantagioni di indaco e non trascurò gli zuccherifici; attorno a Gela si sviluppò una fiorente industria ceramica".

Dove siamo finiti? Come ha potuto la Sicilia ridursi così?
E' fondamentale una rigenerazione della politica. La società civile deve avere la forza di ribellarsi allo status quo e mettersi in gioco direttamente.

P.S.: si consiglia la lettura di:

David Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale, Einaudi, 1990
Giorgio Ruffolo, Il Cavallo di Federico, Mondadori, 1991




lunedì 26 novembre 2012

Le elezioni si avvicinano. Prepariamoci alle panzane sul cambio lira-euro. Fondamentale ricordare il capolavoro di Ciampi il 24 novembre 1996

Ieri ci sono state del primarie nazionali del centro sinistra. Bersani e Renzi se la vedranno al ballottaggio tra una settimana. Una bella prova di democrazia, nessun dubbio.

Una volta che i candidati presidenti del Consiglio di destra e di sinistra saranno definiti, la battaglia politica tornerà intensa. E sono sicuro che si tornerà a parlare di Europa - imprescindibile per noi italiani se vogliamo rimanere legati all'Occidente e non andare alla deriva (africana) - e del cambio lira/euro.

Allora, visto che il 24 novembre cade l'anniversario dell'Ecofin a Bruxelles (1996) determinante per il cambio finale lira/euro (1936,27 lire per avere un euro), torniamo a ricordare il capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi.

Il 24 novembre 1996 la delegazione italiana guidata dal Ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi – presenti Mario Draghi (allora direttore generale del Ministero del Tesoro, ndr) per il Tesoro ed Antonio Fazio e Pierluigi Ciocca per Banca d’Italia - vola a Bruxelles dove si terrà l’Ecofin, la riunione dei Ministri economici europei. Ordine del giorno: il rientro della lira nel Sistema Monetario Europeo.

Il giorno precedente la direzione generale del Tesoro emana questo comunicato: “Il Governo italiano ha chiesto l’avvio delle procedure per il rientro della lira negli accordi di cambio previsti dal Sistema Monetario Europeo (SME). La procedura avrà inizio domani con la riunione del Comitato Monetario convocato per le 15.00”.

L’Italia uscì dallo SME nell’autunno 1992, e per rispettare i parametri di Maastricht e far parte dei Paesi dell’Unione Economica e Monetaria partecipanti alla nascita dell’Euro, era necessario e vitale rientrare nell’Exchange Rate Mechanism.

Il punto chiave del rientro nello SME era il tasso di cambio ritenuto corretto dagli altri partner europei. Nella riunione di sabato mattina a Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio Prodi e Ciampi appresero dal Governatore della Banca d’Italia Fazio che la video-consultazione del venerdì aveva prospettato la posizione tedesco-olandese, che sostenevano che il cambio giusto per la lira sarebbe stato 925 per un marco. Prodi e Ciampi dissero che non se ne parlava neppure. Gli industriali italiani fantasticavano tassi di cambio ben superiori a quota 1.000, tipo 1.030/1.040. Il Governo sapeva che l’unica speranza era aggrapparsi alla cifra tonda: quota 1.000.

Per ottenere la parità di 1.000 lire per un DM, si decise di dare a Draghi e Ciocca il mandato di chiedere 1.010, con la facoltà di scendere a 1.000. Il tasso di cambio sui mercati in quei giorni viaggiava intorno a 985 lire per marco.

Draghi e Ciocca non trovarono l’accordo ma riuscirono ad abbattere il muro delle 950 lire, trovando qualche difficoltà a trattare su quota 970.

La tensione era visibile. Il momento era importante. Si giocava il futuro dell’Italia. Cosi Paolo Peluffo in Carlo Azeglio Ciampi, l’uomo e il Presidente (Rizzoli, 2007): “Ciampi volle partire per tempo, in mattinata. Si viaggiava ancora sul vecchio DC9 che aveva un grande salottino aperto e comodo per la conversazione. Ma di conversazione, quel giorno, ve ne fu davvero poca. Si guardava tabelle, dati sulla bilancia dei pagamenti, in silenzio, scambiandosi mezze frasi, sottovoce”.

Alle 15.00 in punto a Bruxelles inizia l’Ecofin. Dopo i primi convenevoli, Wim Duisemberg – poi primo presidente della BCE - per conto dell’Istituto Monetario Europeo dà la parola a Ciampi, che improvvisa l’arringa meglio riuscita della sua carriera istituzionale, parlando a braccio sulla base di una scaletta.

Questi i punti salienti del discorso di Ciampi:

1. "Sono qui davanti a Voi con emozione, ma anche con orgoglio, per proporre il reingresso dell’Italia nell’accordo di cambio. Personalmente ho vissuto tutta l’esperienza del Sistema Monetario Europeo, dalla sua creazione nel 1979 all’uscita dell’Italia...Le vicende dell’estate-autunno del 1992 furono estremamente gravi per lo SME (l'Italia svalutò del 7% la lira il 15 settembre 1992, ma non bastò; il 16 settembre 1992 la lira uscì provvisoriamente dallo SME; il 22 settembre 1992 viene prorogata sine die la sospensione per la lira degli obblighi di intervento, ndr). Ritengo che in quell’occasione pagammo tutti, ma credo che l’Italia pagò in particolar modo. Questi quattro anni in cui abbiamo continuato a partecipare allo SME, ma non al suo aspetto centrale – ovvero l’accordo di cambio – sono stati per il mio Paese anni che io chiamo di “sofferto esilio”.

2. Il 1992: il dramma del 1992 ha costituito il turning point per il risanamento dell’economia. Da allora il mio Paese ha fatto importanti progressi verso la stabilità, attraverso il concorso della politica monetaria, dei redditi, del bilancio pubblico. La politica monetaria, che alla fine degli anni Ottanta agli inizi degli anni Novanta aveva fatto dell’accordo di cambio elemento di disciplina, che costringesse a comportamenti degli operatori italiani verso la stabilità, ha continuato a essere non meno rigorosa, pur non avendo più il vincolo della disciplina del cambio, attraverso una gestione diretta e severa della moneta e del credito.

3. L’Italia che negli anni Settanta e per gran parte degli anni Ottanta aveva visto più volte avvitare la sua economia nella spirale perversa “aumento dei costi salariali/prezzi”, ha abolito ogni indicizzazione e ha adottato una severa politica dei reddito. Congiuntamente è stata iniziata una politica di riequilibrio del bilancio dello Stato.

4. Veniamo ora alla proposta dell’Italia di una parità centrale tra 1.000 e circa 1.010 per marzo. E’ sempre stata la prassi di impostare la discussione partendo dai valori di mercato. Come è stato ricordato e come è nella tabella di fronte a voi, il tasso di mercato della lira rispetto al marco, nella media degli ultimi sei mesi, è di poco superiore a 1.000. Questo è appunto il tasso al quale l’Italia fa riferimento.

5. Vi invito a considerare un altro aspetto: che per contribuire alla politica di disinflazione, la Banca d’Italia ha adottato una politica monetaria che ha mantenuto e mantiene elevati i tassi a breve. Se esaminate la curva dei tassi di interesse in Italia, essa disegna una “V”, con il tasso più basso del titolo a tre anni e agli estremi dei titoli a tre mesi e di quelli a dieci anni, che hanno di fatto lo stesso livello. Non sono in grado di calcolare quanto questa situazione dei tassi d’interesse sul mercato monetario abbia influenzato e influenzi il livello del tasso di cambio. Quel che sembra indubbio è che il tasso di cambio ha subito e subisce due influenze di segno opposto: 1) è sostenuto da un tasso di interesse elevato; 2) è frenato dagli acquisti di valuta estera fatti dalla Banca d’Italia.

Carlo Azeglio Ciampi
6. E’ interesse dell’Italia di avere una parità che sia equa, sostenibile e duratura. Credo che una parità di 1.000 lire per marco sia una cifra appropriata.

7. Con questo animo, con questi sentimenti, con il desiderio di ritornare pienamente a far parte di questa Comunità Europea, che vede nell’accordo di cambio uno dei punti essenziali della politica di convergenza che l’Europa ha seguito in questi anni, Vi prego caldamente di tener conto di queste mie considerazioni e di accogliere integralmente la proposta che l’Italia ha fatto, e cioè non solo di vedere di buon grado il rientro dell’Italia, ma di approvare anche il valore proposto per la parità della lira”.

Peluffo racconta: “Seguì un lungo silenzio. Nessuno osò parlare. Investiti da quel fiume di argomentazioni appassionate. Il sottosegretario irlandese chiese se qualcuno volesse prendere la parola. Tutti tacquero. La seduta fu sospesa”.

Dopo estenuanti trattative durate più di otto ore – compresa la minaccia di Ciampi di tornare a Roma senza accordo e lasciar fluttuare liberamente la lira - si trovò l’accordo in tarda serata (giusto in tempo per comunicare l’accordo prima dell’apertura dei mercati australiani: mezzanotte di Bruxelles equivale alle 9.00 a Sidney) a quota 990 contro marco.

Questa parità di 990, non modificabile secondo il Trattato di Maastricht, sarà la parità base per il calcolo del cambio lira/euro a fine 1998, prima della nascita dell'euro, il 1° gennaio 1999.

Sempre Peluffo: “Il ritorno a tarda sera fu euforico. Ci si rendeva conto di aver ottenuto un successo strepitoso. Ciampi si attendeva un trionfo anche sulla stampa”. Ma grande fu la delusione perche i giornali presentarono il risultato come una vittoria a metà, perchè gli industriali speravano in qualcosa di meglio" (a una parità di 1.100 lire, le esportazioni italiane sarebbero state agevolate, con lo svantaggio di importare imflazione, ndr). Non si capì che grazie all’accordo, saremmo poi entrati nell’euro fin dalla sua introduzione. E vi pare poco?

Il Financial Times, però, il 26 novembre 1996 fece tornare il sorriso a Carlo Azeglio Ciampi. Lionel Barber – The quest for Emu: Italy home but not dry – descrisse Ciampi come un lottatore ("His craftiness is legendary") senza pari in Europa, l’unico in grado di vincere la resistenza del duro dei duri, Hans Tietmeyer, Presidente della Bundesbank. Barber – tra l’altro - cita un diplomatico italiano: “Ciampi gave the performance of his life. Se qualcuno (diverso da CA Ciampi, ndr) avesse provato la stessa operazione lo avrebbero buttato giù dalla finestra”.

Peluffo ci racconta che quell’articolo fu una delle soddisfazioni più intense di quegli anni in prima linea. Io l’articolo di Barber – pescato nel mio archivio, qui a fianco - lo porto sempre a lezione. Per ricordare agli studenti il capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi.

giovedì 22 novembre 2012

Omaggio a John Fitzgerald Kennedy, assassinato il 22 novembre del 1963

John Fitzgerald Kennedy, comunemente chiamato John Kennedy o solo JFK, venne assassinato a Dallas, in Texas, 49 anni fa, alle 12.30 del 22 novembre 1963.

Il quarantaseienne presidente degli Stati Uniti sta percorrendo su una macchina scoperta una piazza della città, accompagnato dalla moglie Jacqueline e dal governatore del Texas John Connolly, quando dal quinto piano di un edificio e da una collinetta sulla destra del corteo (memorabile il filmato di Zapruder) partono alcuni colpi di fucile. Gravemente feriti, Kennedy e il governatore sono immediatamente trasferiti al Parkland Memorial Hospital, dove il presidente muore, trenta minuti dopo senza riprendere conoscenza.

Immediatamente dopo gli spari, la polizia arresta il presunto responsabile: Lee Harvey Oswald – che poi verrà ammazzato solo due giorni dopo da Jack Rubinstein detto Jack Ruby - il quale ha fatto parte in passato del corpo deimarines. Nel frattempo sull’aereo che lo riporta a Washington il vicepresidente Lyndon B. Johnson presta giuramento come 36° presidente degli Stati Uniti: sono passati appena 99 minuti dalla morte di JFK.

Candidato del Partito Democratico, vinse le elezioni presidenziali del 1960 e succedette al Presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower. Assunse la carica il 20 gennaio 1961 e la mantenne fino al suo assassinio.

Kennedy, di origine irlandese, è stato il primo Presidente degli Stati Uniti di religione cattolica. Fu anche il primo presidente statunitense ad essere nato nel XX secolo ed il più giovane a morire ricoprendo la carica.

La sua breve presidenza, in epoca di guerra fredda, fu segnata da alcuni eventi molto rilevanti: lo sbarco nella Baia dei Porci, la Crisi dei missili di Cuba, la costruzione del Muro di Berlino, la conquista dello spazio, gli antefatti della Guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili degli afroamericani.

Desidero ricordare John Fitzgerald Kennedy con le sue parole più belle, enunciate nel discorso di insediamento alla Casa Bianca il 10 gennaio 1961: “My fellows Americans, ask not what the country can do for you, ask what you can do for your country. My fellows citizens of the world, ask not what America will do for you, ask what together we can do for the freedom of men”.

Ask not. Due sole parole che sono ancora oggi evocative. Smettiamola di lamentarci. Chiediamoci invece che cosa possiamo fare noi per il nostro paese. Solo così potrà tornare un po’ di entusiasmo e di ottimismo. Ne avremmo bisogno.

Ripensiamo alle parole di Giorgio Ambrosoli - commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, assassinato dal killer J. Arico assoldato dal finanziere mafioso Michele Sindona - del 25 febbraio 1975 (ben 4 anni prima di essere ammazzato) alla moglie Annalori: “...Qualunque cosa succeda (titolo del bellissimo libro del figlio Umberto), comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi”.

In sole otto righe la declinazione della parola dovere è ripetuta quattro volte. Pensiamoci. Basta lamenti. Rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. In modo serio, competente e onesto.