lunedì 2 agosto 2010

2 agosto 1980 - La strage di Bologna

Oggi è opportuno che alle 10.25 ognuno di noi si astragga dai suoi affari e si raccolga a pensare a 85 persone inermi, colpite in modo barbaro dal terrorismo di destra e successivamente dai depistaggi dei nostri servizi di sicurezza.
Faccio completamente mie le parole di Mario Calabresi (La stampa, 31.7.2010):
I morti delle stragi italiane sono vittime quattro volte e per questo è difficile per i loro parenti e per tutta la società farsi una ragione di questa tragedia collettiva. Sono vittime della bomba: hanno perso la vita e non c’era nessun motivo perché ciò accadesse, non avevano scelto di fare lavori pericolosi, di esporsi al rischio in nome di una causa, di un’ideale o per difendere le Istituzioni, non avevano nemici ma la sola colpa di trovarsi casualmente nel posto sbagliato. I morti di Bologna avevano la colpa di partire per le vacanze. Sono vittime dell’oblio: ricordiamo alcuni nomi dei caduti negli Anni di Piombo ma non quelli di chi ha perso la vita nelle stragi. Troppi nomi negli elenchi, così il Paese a malapena ricorda il numero degli uccisi. Sono vittime dell’ingiustizia: anche dove sono arrivate le sentenze e le condanne non è stato completamente ricostruito il perché della strategia stragista, mancano ancora tasselli a raccontare ragioni e connivenze. Sono infine vittime di una violenza continua, che è quella compiuta da chi non smette di inquinare la memoria tentando di riscrivere ogni anno la storia. Tutto questo non ci permette davvero di fare i conti con il dolore e con la rabbia mentre le foto sbiadiscono e la memoria rischia di fare la stessa fine. Avevo dieci anni quando scoppiò la bomba alla stazione e oggi provo ancora la stessa sensazione di quella sera in cui, nascosto dietro il divano per non farmi vedere da mia madre che mi aveva già mandato a letto, ascoltavo il telegiornale: incredulità. Una perdita di equilibrio verso qualcosa che non poteva essere immaginato e compreso per la sua gratuità e la sua bestialità.
P.S: Loriano Macchiavelli, La Strage, Rizzoli; Riccardo Bocca, Tutta un'altra strage, BUR Rizzoli

2 commenti:

  1. Ieri, su Repubblica, Michele Smargiassi scriveva: “L’Italia è il paese dove la memoria non riesce mai a diventare storia. Le manca quel requisito che si chiama coscienza condivisa”. Niente di più vero. Sentiamo queste ricorrenze come qualcosa di distante, lontano, che non ci riguarda. Ma non è così. In quella strage (così come in ogni altro avvenimento del genere) tutto il paese è stato ferito, e finchè non ce ne renderemo conto, resterà una ferita aperta.
    “Troppi nomi negli elenchi, così il Paese a malapena ricorda il numero degli uccisi”: forse è questo che dobbiamo capire: non si tratta di nomi o di numeri, ma di persone, cui è stata tolta la vita senza motivo, per una assurda lotta di potere che non li riguardava.

    Ora gli anni di piombo, in Italia, sono fortunatamente finiti e speriamo che non ritornino mai. Ma per chi volesse capire cosa significa vivere in un mondo dove gli scontri politici (e le stragi) sono all’ordine del giorno, consiglio la lettura di “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini e “L’attentatrice” di Khadra Yasmin. Situazioni lontane anni luce dall’Italia, ma che forse possono aiutare a costruire una coscienza sulle vittime delle stragi. (Non sono letture da spiaggia, ovviamente.. bisogna affrontarle con lo spirito giusto).

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  2. Tuttavia, dopo più di trent’anni, un dato va obiettivamente riconosciuto. E cioè che, alla fine, dei terroristi rossi abbiamo saputo tutto: nomi, cognomi e origine politica, che è quella del comunismo rivoluzionario (chi ancora li dipinge come marionette della Cia, delira). Abbiamo anche visto costoro entrare in galera e restarci più o meno a lungo. Degli stragisti, invece, non abbiamo nomi e cognomi dietro le sbarre. Chi ha messo la bomba in piazza Fontana? Boh. E sul treno Italicus? E in piazza della Loggia? E alla stazione di Bologna chi furono i mandanti? Buio per tutte le stragi, con una sola piccola ma inquietante luce: in quasi tutti quei processi ci sono ufficiali dei servizi segreti dello Stato condannati per depistaggio.

    Insomma: è legittimo il sospetto che sulle stragi lo Stato non abbia fatto il suo dovere. Non si scappa: o non ha saputo trovare i colpevoli, o non li ha voluti trovare o peggio ancora li ha coperti. I fischi ai ministri di oggi sono un errore, ma vengono da una rabbia antica che ha le sue ragioni. Se il presidente Napolitano ieri ha esortato a indagare sulle «complicità», se ha parlato di «lacune e ambiguità», è perché sa che c’è ancora un conto aperto fra lo Stato e il Paese. (Brambilla, La Stampa, 3 agosto 2010).

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