martedì 14 settembre 2010

Concorrenza, bene pubblico



L’ex Presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo fece molta fatica a organizzare il Convegno di Vicenza – 17/18 marzo 2006 – incentrato sul tema della concorrenza. Alla fine però riuscì finanche a convincere gli oligopolisti associati – i cosiddetti incumbent – della necessità di una discussione pubblica sul valore della concorrenza.
Purtroppo l’intervento del Presidente del Consiglio Berlusconi e lo scambio di apprezzamenti (sigh!) con Diego Della Valle ("Gli imprenditori che stanno a sinistra hanno scheletri negli armadi, sono sotto il manto protettivo della sinistra e di Magistratura democratica". "Prego il signor della Valle, se si rivolge al presidente del consiglio, di dargli del lei e non del tu...") misero nel dimenticatoio l'intervento esemplare di Francesco Giavazzi, dove evidenziava l'abnorme differenza nel margine operativo lordo tra imprese aperte alla concorrenza internazionale e imprese operanti in settori protetti.
Sono passati oltre 4 anni dal marzo 2006 e i passi avanti nella direzione auspicata sono stati decisamente pochi. E infatti l’Italia da 15 anni cresce ogni anno più di un punto di PIL meno della media degli altri Paesi Euro.
Per compiere una valutazione dei benefici possibili di una maggior concorrenza nel nostro Paese ci affidiamo all’efficiente Servizio Studi di Banca d’Italia, che nel marzo 2009 ha pubblicato nei Temi di Discussione (Working Paper n. 709) uno studio dal titolo: “Macroeconomic effects of greater competition in the service sector: the case of Italy”. Gli autori - Lorenzo Forni, Andrea Gerali e Massimiliano Pisani - forniscono una valutazione quantitativa degli effetti macroeconomici di un incremento in Italia del grado di concorrenza nei settori dei servizi non commerciabili internazionalmente. La sintesi è così chiara che la pubblichiamo integralmente.
In Italia i settori che producono servizi non commerciabili internazionalmente commercio, trasporti e comunicazioni, credito e assicurazioni,costruzioni, elettricità, gas, acqua, hotel e ristoranti) rappresentano circa il 50 per cento del valore aggiunto complessivo. In questi settori il grado di concorrenza, sulla base di confronti tra paesi OCSE, è relativamente basso. Barriere all’entrata, regolamentazioni sui prezzi e/o limitazioni alle forme di impresa garantiscono alle imprese potere di mercato, permettendo loro di applicare margini di profitto (markup) elevati rispetto ai costi. Secondo i dati OCSE, per l’Italia il markup medio nei settori dei servizi sarebbe pari al 61 per cento, contro il 35 per cento nel resto dell’area dell’euro e il 17 per cento nei settori che producono beni e servizi sottoposti alla concorrenza internazionale.
La presenza di un elevato potere di mercato costituisce una distorsione alla concorrenza,
con conseguenze sulle variabili macroeconomiche ben note in letteratura: prezzi più elevati e livelli di produzione, consumo, investimento e occupazione più bassi rispetto a quelli conseguibili con mercati più concorrenziali.
Sulla base delle simulazioni presentate nel lavoro, un aumento del grado di concorrenza
che porti il markup nel settore dei servizi in Italia al livello medio del resto dell’area – attuato gradualmente in un periodo di cinque anni – avrebbe effetti macroeconomici significativi.
Nel lungo periodo il prodotto crescerebbe di quasi l’11 per cento, il consumo privato e
l’occupazione dell’8, gli investimenti del 18; i salari reali ne beneficerebbero significativamente, con un incremento di quasi il 12 per cento. Si registrerebbe un forte aumento delle esportazioni (favorito dal calo dei prezzi italiani rispetto a quelli del resto dell’area) a fronte di un modesto incremento delle importazioni (dovuto all’aumento della domanda aggregata). Gli effetti sul benessere delle famiglie italiane sarebbero positivi e consistenti. Tali effetti benèfici sarebbero rilevanti anche nel breve periodo
”.
Ricerche del Cermes Bocconi evidenziano che se i supermarket in Italia avessero le stesse dimensioni dei principali Paesi Europei, il risparmio per la famiglie italiane sarebbe di 5,8 miliardi di euro. Le famiglie italiane - con la riforma delle parafarmacie che ha portato un po’ di concorrenza nelle pillole e flaconi senza obbligo di prescrizione – hanno risparmiato nel 2009 17 milioni di euro. Speriamo - ma non ci crediamo - che la liberalizzazione venga estesa ai farmaci con l’obbligo di prescrizione ma a carico del consumatore (per indenterci, fascia C).
E i servizi bancari? Allergici alla concorrenza. A me - nei meandri del mio sterminato archivio rigorosamente cartaceo - torna in mente l’opinione del direttore della Banca d'Italia Introna – in cui esprime contrarietà alla fondazione di Mediobanca – in una lettera del 4 maggio 1945: «La creazione di nuovi istituti specializzati non farebbe che sviluppare ulteriormente la già pletorica compagine bancaria, determinando così deprecabili concorrenze».
Per chiudere, non possiamo non concordare con Francesco Giavazzi (di cui consigliamo Lobby d’Italia, BUR, 2005), che il Ministro dello Sviluppo Economico ce l’abbiamo già. E’ il Presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà. “Anziché rischiare un ministro che si inventi una nuova «politica industriale», meglio tradurre in leggi e regolamenti le segnalazioni che l’Antitrust invia a governo e Parlamento e che ormai nessuno nemmeno più legge. Che fine ha fatto il disegno di legge sulla concorrenza (benzina, commercio, farmaci, appalti) che il governo ha promesso?” (Corriere della Sera, 5 settembre 2010)

1 commento:

  1. Se da un lato non sentiamo altro che parlare di apertura al mercato internazionale, con i conseguenti effetti e regolamentazioni, dall'altro dobbiamo fronteggiarci con un'economia, la nostra, che non può certo essere definita forte. I dati parlano chiaro, i benefici sarebbero notevoli in molti settori, ma ancora non sufficienti a contrastare la paura di fronteggiare pesci più grandi di noi.
    Finisce sempre così: piccoli passi di tanto in tanto ma niente di più. Impossibile stare al passo in questo modo, anche se tutti riconosciamo il grande valore della concorrenza.

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