venerdì 12 novembre 2010

Comandano in nove e lavorano in un miliardo e quattro

Shanghai
Nel mio recente viaggio a Shanghai ho conosciuto Alessandro Asperti, un giovane manager, 31 anni, con le strapalle, rappresentante in Cina della famiglia bresciana dei Lonati.

Alessandro è partito per l’avventura cinese alcuni anni or sono, a 25 anni e tanta voglia di imparare. Mentre eravamo a cena in uno splendido ristorante cinese vicino alla zona più trendy di Shanghai – il Bund – Alessandro ha preso la parola e ha detto con grande lucidità (dimostra molto più dei suoi anni): “Decidono in tre e lavorano in un miliardo e quattro”. Fulminante. Da qui il titolo del post di oggi.

Nel suo recente "The Party. The secret world of China’s Communist rulers" (Harper Collins, 2010), il giornalista statunitense Richard McGregor racconta il mondo segreto del vertice politico cinese. E conferma l’incipit di Asperti: “Comandano in nove. Nove sono i membri del Comitato permanente dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito comunista cinese. Hu Jintao fra questi nove è un primus inter pares, un primo tra pari. Io li descriverei seduti interno ad un tavolo rotondo del quale il presidente occupa il posto principale, ma in cerchio con gli altri”.

Giovedì scorso la nota rivista americana Forbes ha incoronato Hu Jintao come l’uomo più potente del mondo. Si chiude così un 2010 eccezionale per la Cina, che ha frantumato tutti i record ed è tornata dopo alcuni secoli ad essere l’epicentro del mondo. L’anno della Tigre si è aperto con il sorpasso sul Giappone a livello di PIL, poi la continua crescita delle esportazioni cinesi, la forza del renmimbi, la crescita delle riserve ufficiali di valuta estera, il successo dell’EXPO di Shanghai hanno fatto il resto.

Questa la motivazione di Forbes nell’attribuire il premio al presidente del partito comunista cinese: “Hu Jintao è il leader politico fondamentale più di qualunque altro per il maggior numero di persone, in quanto esercita un controllo dittatoriale su un quinto della popolazione mondiale, è alla guida del più grande esercito della Terra. E’ in grado di spostare fiumi, costruire e trasferire metropoli, mettere in carcere dissidenti, censurare internet senza ingerenze burocratiche”.

A tarda sera l’Agenzia di Stato ufficiale cinese ha risposto seccamente con il seguente comunicato: “All’imperialismo occidentale non restano che premi simbolici per tentare di fermare la crescita dell’Oriente”.

Vediamo più in dettaglio alcuni numeri sulla crescita cinese:

1. Cresce a livello di PIL di un 10% l'anno da più di un decennio;

2. è il più grande esportatore del mondo;

3. è il più grande importatore del mondo;

4. è il primo mercato di auto (Volkswagen e BMW fanno sfracelli in Cina), dei treni ad alta velocità del mondo;

5. ha il numero di laureati maggiore al mondo;

Il supercomputer Tianhe-1A
6. l’Università nazionale di Pechino per la tecnologia della difesa – un centro direttamente legato alle forze armate – ha di recente sviluppato un nuovo supercomputer made in China – denominato Tianhe-1A - che ha il 40% di potenza in più rispetto al precedente numero uno, un computer americano nato nei laboratori dell’University of Tennessee. Riportiamo un’agenzia di stampa: “The fully operational Tianhe-1A, located at the National Supercomputer Center in Tianjin, scored 2.507 petaflops as measured by the LINPACK benchmark. That moves it past Cray's 2.3 petaflops Jaguar located at Oak Ridge National Lab in Tennessee. Tianhe-1A achieved the record using 7,168 NVIDIA Tesla M2050 GPUs and 14,336 Intel Xeon CPUs consuming 4.04 megawatts”.

C’è ancora qualcuno che pensa che la Cina sia forte solo nei settori a basso valore aggiunto?

La reazione piccata di Pechino all’attribuzione del premio Nobel al dissidente cinese Liu Xiaobo ha mostrato al mondo la fragilità del sistema politico cinese, che dovrà dimostrare in futuro – specialmente il successore di Hu Jintao, Xi Jinping, che non appartiene alla classe di “tecnocrati riformisti”, ma a quella avversaria, formata dai “principi rossi conservatori” – di saper coniugare crescita economica e richieste della società civile.

Ma la Cina è lontana? No, vicinissima. Nel loro splendido articolo sul Corriere della Sera, Stella e Rizzo, link http://archiviostorico.corriere.it/2010/novembre/06/Arte_banchieri_capitale_che_perduta_co_9_101106011.shtml , ci raccontano come a Prato “Incalzano i cinesi (che non vivono di passato)”: “Prato ha 186mila abitanti. Un boom demografico senza precedenti: tra il 1951 e il 2010 la popolazione è cresciuta del 165%. Prima arrivarono i meridionali. Poi, ancora più numerosi i cinesi. Tutti o quasi dalla provincia contadina del Wenzhou. Quanti sono? Quelli legali, 12 mila. Quelli illegali, almeno 25 mila. Ma nessuno davvero lo sa. La più grande di clandestini sotto la luce del sole. Aumentano a dismisura prima con il tacito ammiccamento degli italiani, poi contro.
Capoluogo dal 1992 dell’omonima e inutile provincia italiana, Prato offre il 27% di tutta la produzione tessile italiana. Un giro di affari di quattro miliardi di euro, come il Pil della Somalia. Più altri due miliardi, però dei cinesi. Chiariamo: sono stime. Perchè qui il colore preferito è quello delle automobili - nella Chinatown pratese sfila ininterrotta la processione di Porsche Carrera, Suv Mercedes, e Audi R8, tutte rigorosamente nere".

Chiudiamo segnalandovi Silvia Pieraccini e il suo “L’assedio cinese” (Il Sole 24 Ore, 2010), dove si legge che un ufficio Money tranfer di Prato “Gestito da un immigrato, in 18 mesi di attività, ha trasferito in Cina 550 milioni di euro attraverso 60.000 operazioni di importo inferiore a 12.500 euro” (limite per la segnalazione all’Ufficio di Informazione Finanziaria UIF, di Banca d’Italia). Come vedete, i cinesi – che siano in Cina o in Italia – risparmiano oltre il 50% del reddito disponibile, con il quale aprono nuovi centri massaggi - "falegnamerie" per gli addetti ai lavori - nel centro di Milano, assai redditizi.

Nessun commento:

Posta un commento