mercoledì 27 luglio 2011

Soros, Diniz e Rossi di Montelera: la fantastica capacità di trasformare in positivo una disavventura

Abilio dos Santos Diniz
Alcuni giorni fa il Financial Times ha dedicato un’intera pagina all’imprenditore billionarie Abilio dos Santos Diniz, magnate della distribuzione brasiliana, proprietario dei supermercati Pao de Acucar, che comprende ben 1.647 punti vendita.

La notizia è che Diniz ha deciso di accordarsi con i francesi di Carrefour (tradendo il precedente partner francese Casino), tramite un’operazione di fusione, che secondo lui sarà “good for the country and for Brazilians”. Al momento l'operazione è in stand-by per l'opposizione del Governo.

Il 74enne Diniz ha all’attivo sei figli e due matrimoni. E’ un grande amante del calcio e un fanatico del fitness in a body-obsessed nation. "Overweight executives were not welcome at the company". Suo padre – immigrato portoghese - era un panettiere.

Diniz è uno dei protagonisti del boom brasiliano, che è passato dal “populismo” di Getulio Vargas a metà degli Anni Trenta al “capitalismo riformato” di Lula da Silva, che ha poi incoronato la sua erede Dilma Rousseff.

Un Brazil decente” è stato lo slogan con cui Lula vinse le elezioni dell’ottobre 2002.

In un recente saggio, Il capitalismo ibrido (Laterza, 2011), Valerio Castronovo scrive: “Il Brasile è caratterizzato da una vitalità esuberante e tumultuosa, grazie alla valorizzazione di nuove ingenti risorse. E la gente è animata dalla convinzione di un avvenire migliore e da un forte orgoglio nazionale”.

Una cosa mi ha fulminato leggendo la storia di Abilio dos Santos Diniz. Il fatto che sia stato rapito da estremisti di sinistra nel 1989. L’FT seccamente scrive: “Some people learn negotiating skills at Harvard. Abilio dos Santos Diniz acquired his in a tiny cell with only two pin-holes in a wall for ventilation”.

La figlia Ana Maria Diniz conferma che il padre che tornò dal rapimento era una persona completamente diversa da prima.

Luigi Rossi di Montelera
La storia di Abilio dos Santos Diniz - tornato più determinato di prima dal rapimento - mi ha fatto tornare in mente un episodio altrettanto terribile conclusosi bene: il rapimento di Luigi Rossi di Montelera. 
L’imprenditore della Martini & Rossi fu vittima di un sequestro a Torino il 14 novembre 1973. Venne liberato dalle forze di polizia che lo trovarono il 14 marzo 1974 in una cella nel territorio del Comune di Treviglio.

Il procuratore Gian Carlo Caselli ricorda che quando arrivarono a liberarlo, Rossi di Montelera per paura di vedere in faccia i rapitori, temendo uno scherzo macabro, chiese al giudice di recitargli un articolo del codice di procedura penale. E solo quando Caselli recitò puntualmente l'articolo richiesto, Rossi di Montelera si girò.

Che freddezza in momenti così densi di emozione!

George Soros
Chiudo con una riflessione del finanziere George Soros, noto per le performance del suo Quantum Fund e per aver sconfitto la Banca d'Inghilterra nel settembre 1992, costretta alla fine consentire la svalutazione della sterlina e ad uscire dal Sistema Monetario Europeo (SME).
La famiglia di Soros – ebrea di origine ungherese – riuscì a scappare all’Olocausto: “Instead of submitting to our fate we resisted an evil force that was much stronger than we were - yet we prevailed. Not only did we survive, but we managed to help others,” ha scritto in Soros on Soros. Staying ahead of the curve (Wiley & Sons, 1995).
La fuga avventurosa verso gli Stati Uniti ha regalato a Soros un forte appetito per il rischio:“This left a lasting mark on me, turning a disaster of unthinkable proportions into an exhilarating adventure”.

Non c’è niente da fare. Alcuni hanno una marcia in più.

lunedì 25 luglio 2011

Lady GaGa, imprenditrice formidabile

Il magazine americano Forbes ha pubblicato la sua annuale lista delle The Best-Paid Celebrities Under 30, ovvero delle celebrità sotto i 30 anni che hanno guadagnato di più nell’arco dei 12 mesi giugno 2010 – giugno 2011. Al primo posto di trova Lady GaGa, che ha portato a casa 90 milioni di dollari sono nell’ultimo anno. Al di sotto dei 30 anni nessuno può competere con lei. Distanti si trovano i tennisti Roger Federer e Rafa Nadal, LeBron James, stella dei Miami Heat dell’NBA, le star del calcio Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, il nuovo Maradona. Beyoncé si ferma all’ottavo posto con 35 milioni di dollari.

Ma chi è Lady GaGa?

Il suo vero nome è Stefani Joanne Angelina Germanotta. E’ nata a New York il 28 marzo 1986. Ha solo 25 anni! E’ di origini italiane. Infatti entrambi i genitori sono italiani: suo padre Joseph Germanotta è di origine palermitana, e Cynthia Bissett di origine veneziana.

E’ è cresciuta nel Lower East Side di Manhattan, e sin da piccola mostra uno spiccato senso artistico. Ha iniziato a studiare pianoforte all'età di quattro anni, ha frequentato la scuola cattolica Convent of the Sacred Heart School e ha composto la sua prima ballata per pianoforte a tredici anni. A quindici anni appare brevemente nell'episodio Piccoli boss crescono della serie televisiva I Soprano. A diciassette anni è stata una delle venti persone al mondo a ottenere l'ammissione anticipata alla Tisch School of the Arts presso la New York University, dove ha studiato musica.

In una interessante intervista a Repubblica 18 maggio 2011 Lady GaGa viene così definita da Giuseppe Videtti: “Un´icona femminista o una diva del burlesque? Un incrocio tra Madonna e Marilyn Manson o la caricatura di un transgender sfuggito al controllo di Warhol? Lady GaGa è tutto questo. E anche di più… Che sia la nuova Madonna o un pastiche di Queen e glam rock, a 25 anni Stefani Joanne Angelina Germanotta è l´asso pigliatutto del pop: 15 milioni di album, 51 milioni di singoli venduti e un tour mastodontico che ha radunato fino a 70mila paganti a sera l´hanno trasformata in due anni - parola di Forbes - in una delle 100 donne più potenti d´America”.

L’intervista fa capire quanto è smart Lady GaGa. Sentiamola: “Sentivo che sarei diventata una performer. Non mi sono mai posto un traguardo, volevo tenacemente andare avanti, continuare a credere, a far musica, a esibirmi. E dopotutto un traguardo non ce l´ho ancora...Questo, mio caro, è un posto dove non è possibile approdare senza la necessaria perseveranza”.

Grande Lady Gaga. Mai arrendersi, sempre all’attacco, consistency.

Il talento non è una dote sufficiente? “Nel mondo del pop è solo un ingrediente. Il performer deve anche essere spavaldo, e allo stesso tempo inafferrabile; non deve permettere al pubblico d´imprigionarlo in un cliché. Per me, la cosa più importante è sempre stata quella di liberare quanta più gente possibile, partendo da me stessa naturalmente; di rendere i miei fan (monsters, ndr) consapevoli del fatto che ognuno di noi è portatore di un tipo di bellezza, che tutti sono in grado di far emergere la propria personalità, la propria identità. Questo era il messaggio di The fame, il disco da cui tutto è cominciato”.

Le chiedono a cosa servono i soldi. E lei: “A tener lontani gli squali, a nutrire le certezze (la famiglia) e ad alimentare i sogni”. Private banker? Respinti! “Io spendo solo per avere queste certezze, non mi sono ancora comprata una casa, un´automobile per me (non ho neanche la patente, quando guido lo faccio illegalmente). Investo tutto nel mio spettacolo, sulle mie idee”.
Su quest'ultima affermazione vale il detto milanese: "Ofelè, fa' il to mestèe"

La sfida di un performer? ”E’ quella di diventare una versione sempre più grandiosa di se stesso. Sono ricca ma non ho smesso di fare i compiti a casa. Fino a un attimo fa ho rivisto con i miei collaboratori la perfomance tv di stasera. L´abbiamo studiata, vivisezionata, perché ne ho un´altra subito dopo a Londra e dobbiamo fare meglio. Credo sia proprio questo tipo d´impegno che separi quelli che hanno un hit e poi scompaiono da coloro che invece diventano artisti longevi. In una vita si può rinascere mille volte, non sono nata regina del pop, ma nel mio destino c´era scritto il cambiamento”.

Da studiare come case nelle migliori università del mondo. Grande Lady GaGa. La prima sera che sono andato a ballare a Shanghai nel novembre 2010, entro in una discoteca e chi c’è sul palco? Una sosia di Lady Gaga. Pure in Cina. Allora è successo interplanetario. Meritato.

Vale il motto di mia figlia Allegra: la fatica è bella , leggetevi il post!

mercoledì 20 luglio 2011

Omaggio a Boris Biancheri, diplomatico eccezionale, scrittore, uomo d'altri tempi

La scomparsa ieri all'età di 80 anni di Boris Biancheri crea un vuoto nella comunità milanese. Il diplomatico e Presidente dell'Istituto di Studi di Politica Internazionale - che ha sede in uno splendido Palazzo con gli affreschi del Tiepolo - era grande animatore di dibattiti non urlati e dove si usciva arricchiti dalla sua conoscenza, esperienza, sobrietà, eleganza.

Dal 1956 nella carriera diplomatica, era stato negli anni Ottanta ambasciatore italiano a Tokyo e a Londra, e tra il 1991 e il 1995 a Washington. Fu anche, al Ministero degli Affari Esteri, direttore generale del Personale e direttore generale degli affari politici, nella cui veste è stato negoziatore italiano del Trattato sulla Cooperazione Politica Europea nell'ambito dell'Atto Unico Europeo, che costituisce il fondamento su cui poggia il Trattato di Maastricht.

Il direttore dell'ISPI, Paolo Magri, ha scritto ieri: "Quindici anni fa Boris Biancheri accettò l’invito di Leopoldo Pirelli ad assumere la Presidenza dell’ISPI.
Fu una scelta coraggiosa, che alcuni non capirono visto il suo immenso prestigio personale e le condizioni difficili in cui versava in quegli anni l’Istituto. Non lo conoscevano forse a sufficienza.


Non conoscevano il suo profondo senso delle istituzioni, lo spirito di servizio, la sua generosità, i suoi slanci. Doti che tutti noi abbiamo potuto apprezzare in questi lunghi anni di lavoro comune sotto la sua guida lucida e serena.
Lavorare per lui e con lui è stato per la comunità ispina un privilegio raro; il privilegio di poter osservare da vicino un uomo che sapeva fondere visioni e senso pratico, profondità d’analisi e capacità di sintesi, curiosità intellettuale e concretezza. Sempre con una semplicità, una signorilità e una simpatia che affascinavano gli interlocutori, in ogni occasione.


Ci mancherà, caro Presidente, ci mancherà molto, anche se ci rimarranno i suoi libri, il suo esempio di correttezza e di stile, le sue parole affettuose e serene anche negli ultimi giorni".

Io, da assiduo frequentatore dell'ISPI e lettore, colgo l'occasione per riproporre un mio post di aprile dove commentavo l'ultimo libro di Biancheri.

Ho appena finito di leggere Elogio del silenzio (Feltrinelli, 2011) dell’Ambasciatore Boris Biancheri. Biancheri è Presidente dell’ISPI , Istituto per gli Studi di Politica Internazionale fondato da Alberto Pirelli, quando gli imprenditori investivano nella ricerca e nelle istituzioni. Oggi investono nelle squadre di calcio.

Non tutti sanno che Ugo Stille - Direttore del Corriere della Sera dal 1987 al 1992 – fino alla Seconda Guerra Mondiale si chiamava Mikhail Kamenetzky. Poi per sfidare i tedeschi, decise di chiamarsi Stille, silenzio, quiete, a cui i tedeschi volevano ridurlo.

 Wikipedia: “...Nei primi anni '40 la famiglia Kamenetzky dovette emigrare di nuovo per sfuggire alla leggi razziali fasciste promulgate nel 1938. Il 4 settembre 1941 i Kamenetzky si imbarcarono perciò per gli Stati Uniti, grazie ad un visto ottenuto tramite l'intercessione di Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI, e si stabilirono a New York”.

Il protagonista di Elogio del silenzio è Felix, un brillante bambino che non parla fino a 4 anni, e poi scopre che ha la capacità di memorizzare qualsiasi fatto e numerarlo per ricordarlo alla perfezione. “Aveva messo insieme più di cinquemila ricordi, ognuno con un numero progressivo che pronunciava sommessamente quando voleva rievocarlo”.

Felix viveva due vite allo stesso tempo. Una reale dove accadevano poche cose, regolari e ripetitive...L’altra vita di Felix era costituita dall’organizzazione della memoria, che invece lo appassionava. Allo stesso modo in cui la medesima frase, detta da una persona qualsiasi, si perde tra le mille banalità quotidiane senza che nessuno vi faccia attenzione ma si carica di significato e di mistero se è pronunciata da un attore su un palcoscenico. La mente di Felix era dedita infatti a una continua rappresentazione teatrale a ritroso”.

A lezione ho citato questo passo di Biancheri: “Più importante che ricordare le cose, infatti, è capire perchè le cose accadono o perchè sono accadute le cose che si ricordano....Servono due cose: la memoria del passato e la consapevolezza del presente”.

In questi tempi urlati - come chiude Biancheri nel suo splendido libro - abbiamo bisogno di quiete, silenzio, spazio mentale per la riflessione: “La notte era chiara e Felix si sentì giunto a casa. Solo alcune domande su cui si era interrogato preparando il suo discorso – Cosa è la libertà, cosa è la verità? – gli vagavano ancora nella mente, come se attendessero risposta. Ma proprio in quel momento il vento cessò, il leggero mormorio dell’onda si tacque e su tutto scese il silenzio”.

Caro Biancheri ci mancherai. Ma le persone che ci hanno insegnato qualcosa, rimangono. Allora chiudo con il ricordo del Presidente Giorgio Napolitano: "Ho conosciuto e intensamente frequentato Boris Biancheri nel pieno del suo impegno di diplomatico d'eccellenza, che gli aveva guadagnato alto prestigio internazionale e generale rispetto in Italia. Era uomo di profonda preparazione specifica e cultura generale, di vasta esperienza e di eccezionale finezza e garbo, dal quale ho appreso molto e sono stato assistito con preziosa cura nelle mie missioni internazionali in diversi periodi della mia attività pubblica. Per le risorse intellettuali e morali che continuava a dispiegare anche dopo la conclusione del suo servizio attivo, e per l'esempio che impersonava di dedizione al Paese e alle istituzioni democratiche, la sua scomparsa al termine di un fulmineo decorso del male, rappresenta una grave perdita per l'Italia e personalmente per molti di noi".

martedì 19 luglio 2011

Omaggio a Paolo Borsellino, magistrato assassinato da Cosa Nostra il 19 luglio 1992

Paolo Borsellino
Il 19 luglio del 1992 una autobomba in Via D’Amelio a Palermo annientò Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta.

Borsellino tutte le domeniche andava a trovare - in Via D'Amelio - la madre. Cosa Nostra mise sotto controllo il telefono di casa Borsellino così da sapere con certezza quando il magistrato si sarebbe recato in Via D'Amelio.
Sul sedile posteriore della macchina di Borsellino è stata trovata intatta la sua borsa di pelle. Dentro però non si è trovata l'agenda rossa, da cui non si separava mai.

Io mi ricordo ancora i funerali di Paolo Borsellino. Non fu un funerale, ma una rivolta. Migliaia di carabinieri cercarono di tenere lontano la gente dalla chiesa. Ma non ce la fecero. La rabbia della gente era così forte che si passò agli spintoni, agli insulti verso la classe politica romana che scende a Palermo solo per i funerali.

Borsellino – dopo l’assassinio del suo amico e collega Giovanni Falcone (vedi post Omaggio a Falcone) il 23 maggio 1992 – era considerato a Palermo “Un morto che cammina”. Ma fino alla fine restò coerente con il suo motto: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

Via D'Amelio dopo lo scoppio dell'autobomba
In tempi come gli attuali in cui per essere considerati colpevoli, la politica ci propina in continuazione la necessità della condanna definitiva, ricordiamo il pensiero di Borsellino:

L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”.

Protagonista del Pool di Palermo negli Anni ’80 – costituito dal giudice Chinnici insieme a Falcone, Di Lello, Borsellino, Guarnotta - Paolo Borsellino costituì il cuore pulsante della Procura di Palermo: insieme a Giovanni Falcone scrisse dentro le strutture del carcere dell’Asinara – per evitare attentati – la requisitoria al maxi-processo. Il processo si concluse con l'accoglimento delle tesi investigative del pool e l'irrogazione di 19 ergastoli e 2.665 anni di pena.

In virtù di una promozione di merito quale Procuratore della Repubblica di Marsala – caso raro al Consiglio Superiore della Magistratura, che fonda le sue valutazioni sull’anzianità – Paolo Borsellino fu attaccato dalle colonne del Corriere della Sera da Leonardo Sciascia.

Lo scrittore siciliano si scagliò contro questa nomina invitando il lettore a prendere atto che "nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso".

Borsellino fu definito "professionista dell'antimafia". Borsellino commentò (o lo citò) solo dopo la morte di Falcone: "Tutto incominciò con quell’articolo sui professionisti dell'antimafia". Bella carriera, dico io, ha fatto il povero Borsellino!

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
All’inizio di luglio 1992, in un’intervista a Lamberto Sposini, Borsellino disse: “Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninnì Cassarà (poliziotto eccezionale ammazzato dalla mafia nel 1985, ndr) - allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985. Mi disse: "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano".

Caro Paolo Borsellino, ti sia lieve la terra.

martedì 12 luglio 2011

Omaggio a Giorgio Ambrosoli, eroe borghese

Giorgio Ambrosoli
Nella notte tra l'11 e il 12 luglio 1979 il killer William J. Arico assassinava con tre colpi di pistola l'Avv. Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana.
Michele Sindona - finanziere siciliano vicino a Cosa Nostra, vedi post - nel marzo 1986 verrà condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Milano quale mandante dell' omicidio dell' avvocato Ambrosoli.

In un Paese dove spesso "Trionfano il sotterfugio, la furbizia, la forza, la disonestà sotto l'apparenza delle leggi uguali per tutti, coloro che si attengono alle leggi formali sono scavalcati ogni giorno da chi non le osserva (Gherardo Colombo, Sulle Regole, Feltrinelli, 2008).

E' per questo motivo che oggi ricordiamo Giorgio Ambrosoli, professionista di grande levatura, integerrimo.
Ambrosoli ci ricorda Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, che disse: “Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi”.

A Paolo Baffi - Governatore della Banca d’Italia e vero riformatore del sistema bancario italiano negli anni ’70, unico rappresentante delle istituzioni ai funerali di Giorgio Ambrosoli – toccò una sorte simile. Baffi e Sarcinelli - che respingono improbabili piani di salvataggio (delle banche di Sindona) presentati loro anche da Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti - pagheranno carissima onestà e determinazione: Sarcinelli viene arrestato e a Baffi è risparmiato il carcere solo per l'età. Saranno poi prosciolti ma Baffi lascerà Via Nazionale.

A Umberto Ambrosoli - autore dell'emozionante Qualunque cosa succeda (Sironi, 2009) - e alla Signora Annalori va incondizionato il nostro caloroso messaggio: la memoria di Giorgio Ambrosoli è intatta.

A lezione i miei studenti sanno a chi rivolgersi nel cielo degli onesti. Come dice Corrado Stajano – autore dell’imprescindibile Eroe borghese (Einaudi, 1991): “Giorgio Ambrosoli non è stato dimenticato. Trentadue anni dopo il suo assassinio nel centro di Milano, le ragioni della memoria di quel che accadde —un uomo che si fa uccidere nel nome dell’onestà— sono rimaste intatte. Il suo nome è diventato infatti un modello morale e civile”.

Noi ricordiamo Giorgio Ambrosoli con le parole di Carlo Azeglio Ciampi: "Commissario liquidatore di un istituto di credito, benché fosse oggetto di pressioni e minacce, assolveva all'incarico affidatogli con inflessibile rigore e costante impegno. Si espose, perciò, a sempre più gravi intimidazioni, tanto da essere barbaramente assassinato prima di poter concludere il suo mandato. Splendido esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti all'estremo sacrificio".
 
Caro Giorgio Ambrosoli, ti sia lieve la terra.

giovedì 7 luglio 2011

Lo Spread BTP-BUND (quarta parte)

Appena mi sono svegliato, ho acceso il blackberry e ho letto: "Indeed in some ways yesterday was the worst day of the peripheral crisis in terms of spread moves. 5 year Irish, Portuguese and Greek CDS widened 111bp, 171bp and 227bp bps respectively - the largest single day move on record for the first two and the second worst day ever for Greece. Italy and Spain were not immune as they widened 25bp and 32bp respectively. Our 5yr peripheral bond and CDS indices also closed at new wides at 929bp and 987bp, respectively". Usti!

Visto che oggi lo spread BTP-BUND - di cui abbiamo parlato ampiamente nel passato (spread BTP-BUND prima parte e spread BTP-BUND seconda parte e Spread BTP-BUND terza parte) - ha raggiunto il nuovo record di (224 basis point in questo momento) dalla nascita dell'euro, ho deciso si ripubblicare un mio post del 4 febbraio 2011. Il problema è rimasto sul tavolo: la zoppìa europea, definita così dal nostro Carlo Azeglio Ciampi.

Traggo spunto dalle dichiarazioni a Davos al World Economic Forum del Presidente francese Nicolas Sarkozy: “The euro is Europe. We will never let the euro be destroyed”. E per paura di non essere stato compreso, ha ripetuto: “Never, listen to me carefully. Never we turn our backs on the euro, never will we drop the euro. It is not simply a monetary or an economic issue. It has to do with our identity as Europeans”.

Non si può non rifarsi all’appassionato ricordo del nostro amato Presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi quando rievoca l’euro come punto di non ritorno: “Nel ’93 ebbi un incontro con Kohl. Un vertice diretto, senza impedimenti protocollari, tra due uomini che avevano conosciuto la tragedia delle guerre. Mi chiese cosa pensassi dell’Europa e della moneta unica. Non risposi da ex banchiere centrale. Gli dissi semplicemente che l’euro avrebbe creato il punto di non ritorno, avrebbe avviato la stagione dell’Europa veramente unita, senza più conflitti, senza più lutti. Se non lo facciamo noi, aggiunsi, rischiamo un ritorno indietro, un contraccolpo della storia che sarebbe terribile, un nuovo alibi per il rinascere dei nazionalismi, di quegli spettri degli anni ’30 che né io né lei vogliamo riportare in vita. Dopo questo colloquio uscì di scena definitivamente l’idea di rinviare l’adesione ai parametri di Maastricht. Nessun rinvio; l’euro non poteva aspettare (Non è il paese che sognavo, Il Saggiatore, 2010, p.112).

E’ chiaro che la credibilità delle affermazioni di Sarkozy si scontra con i mercati finanziari che giustamente sono il termometro della sostenibilità del debito dei Paesi periferici dell’Europa. Ha un bel dire il primo ministro greco George Papandreu che si lamenta delle persistenti domande dei giornalisti: negli ultimi due anni non gli chiedono che delucidazioni sul default greco. I mercati – attraverso i prezzi - dicono: probabilisticamente avverrà un default parziale. Altrimenti lo spread tra rendimento a 10 anni del BUND e l’equivalente greco non sarebbe nell’intorno di 7,7 punti percentuali (14,60% in questo momento 7.7.11).

In relazione alla Grecia, tornano in mente le parole dell’inossidabile Carlo Azeglio Ciampi, a cui dobbiamo l’ingresso dell’Italia nell’Euro: “Purtroppo paghiamo l’errore di aver ampliato il numero dei paesi dell’eurozona senza prima aver approfondito i legami istituzionali, senza essere riusciti a creare almeno quel coordinamento delle politiche economiche che era obiettivo prioritario fin dalla nascita dell’euro. Non bastava il rispetto dei famosi parametri di Maastricht, serviva una politica economica comune, dal fisco allo sviluppo, alla difesa. Va detto che nella prima fase di scrematura dei paesi degni dell’euro la selezione fu molto severa, e l’Italia per prima ne rimase colpita. Poi con l’allargamento fu subito chiaro che la morsa del rigore si era allentata. Forse ci fu indulgenza verso l’Est perchè alla Germania interessava consolidare il primo dei suoi mercati di sbocco. Che tristezza vedere adesso che la Grecia aveva truccato i conti e che questo costume potrebbe essere imitato anche da altri Paesi!” (Non è il paese che sognavo, Il Saggiatore, 2010, p.115)

Io credo che abbiamo bisogno di più Europa, di più politica europea. E l’Italia deve giocare un ruolo, positivo e propulsivo. Come in passato ha sostenuto Tommaso Padoa-Schioppa - già nel 1992 egli vedeva che "lo spazio per l'ambiguità e per l'incertezza sull'unità europea era divenuto più stretto” - commemorato in Bocconi dalla Milano migliore e dai maggiori rappresentanti del mondo finanziario.

Il Presidente Giorgio Napolitano – commosso - ha usato queste parole: “Ma è anche vero che sono riapparse nelle sfere politiche e nelle più vaste opinioni pubbliche di diversi Stati membri, tendenze frenanti rispetto ai passi ulteriori, per quanto graduali, che ormai si impongono sulla via di una più coerente integrazione e di una più robusta volontà politica comune. A questo proposito, di spazio per esitare o ancor peggio per ripiegare ne è rimasto davvero poco”.

Non possiamo che chiudere con Ciampi, che ha coniato il termine zoppìa, vedi post La zoppìa dell'Europa : “Il rafforzamento, il “deepening” come si dice in gergo europeo, cioè la governabilità delle istituzioni europee, non può essere ulteriormente rinviato. Non c’è niente da fare: alla moneta deve seguire il ccordinamento delle politiche economiche”.

Con il rafforzamento evocato da Ciampi, gli spread dei Paesi periferici (Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo , Italia) potranno scendere.

P.S.: sono venuti all’Università Bocconi i migliori (del mondo!). Io non ho mai visto un tributo così sentito e partecipato da parte di protagonisti internazionali di cotanta fama:

- Paul Volcker, il "falco" della Federal Reserve - che spiazzò tutti negli anni Ottanta alzando i tassi per sradicare l’inflazione; tenace chairman of the Independent Committee of Eminent Persons (Volcker Commission) to look into the dormant accounts of Jewish victims of the Holocaust lying in Swiss banks);
- uno dei maggiori protagonisti dell’Unione Europea Jacques Delors;
- il Presidente della banca centrale europea Jean-Claude Trichet;
- l’ex Presidente del Consiglio e della Commissione Europea, Romano Prodi (il suo intervento è stato il più applaudito);
- Helmut Schmidt, Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca dal 1974 al 1982, il cui messaggio è stato letto dal Presidente Napolitano;
- Carlo Azeglio Ciampi in un commosso intervento video.

E’ stato un omaggio all’Italia, non solo a Padoa-Schioppa. Mi sono sentito orgoglioso di essere italiano.

A un certo punto, ricordandomi del sorriso di Tommaso Padoa-Schioppa quando gli chiesi aiuto per la mia tesi , non sono riuscito a trattenere le lacrime.

mercoledì 6 luglio 2011

Giovani, coraggio! Basta surfare su google, andate in profondità, coltivate il desiderio di sapere.

Gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT ci dicono che la disoccupazione dei giovani in Italia ha superato ogni record, portandosi al 29,6%, con un picco del 46,1% per le donne nel Sud Italia.

Aggiungiamo ai dati grezzi e asettici alcune considerazioni tratti dall’intervento “La generazione esclusa: il contributo dei giovani alla crescita economica” di Fabrizio Saccomanni – direttore generale di Banca d’Italia – al Convegno dei Giovani di Confindustria: “In seguito alla crisi, tra il 2008 e il 2010 l’occupazione in Italia è diminuita del 2,2 per cento; più che in Francia e in Germania, dove la flessione è stata pari, rispettivamente, allo 0,8 e allo 0,4 per cento. Le differenze si accentuano con riferimento alla sola occupazione giovanile.

Il divario conferma, pur nel quadro di fattori comuni a tutti i paesi europei, l’esistenza di un problema italiano, che ha le sue radici principali nelle cause che frenano la crescita nel nostro paese da un quindicennio.

Nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni il tasso di disoccupazione nel 2010 è stato del 20,2 per cento, quasi 4 punti in più della media europea, 11 punti in più che in Germania. Solo il 35 per cento di coloro che si trovavano nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni risultava occupato: erano poco meno della metà nell’Unione Europea, il 57 per cento in Germania.


I tassi di occupazione giovanile sono più bassi nel Mezzogiorno, in particolare tra le donne. Significativamente più elevata che nel resto d’Europa è anche la quota di giovani non occupati e non coinvolti in attività educative o formative. Tale condizione, particolarmente grave per il progressivo impoverimento del capitale umano delle persone coinvolte, riflette nel nostro paese più che negli altri lo scoraggiamento rispetto alle difficoltà di occupazione”.

Visto che Fabrizio Saccomanni - che spero vivamente possa essere il prossimo Governatore di Bankitalia – parla di scoraggiamento, come si fa a uscire dallo stato di abulia e depressione, che spesso vedo tra i banchi dell’Università?

Tornano utili le parole dell’economista Luca Meldolesi che recentemente ha scritto: “Vedo giovani più intenti a collezionare “pezzi di carta” che ad affrontare le asperità della vita professionale ed a coltivare la passione del cambiamento – in modo da accrescere così, sull’uno e sull’altro versante, le loro capacità effettive.


Mi pare che la differenza rispetto al passato risieda nel numero: un tempo si parlava del “prendersi il pezzo di carta” (la laurea), ora invece i “pezzi di carta” (diploma, laurea breve e lunga, master, dottorato, stage, collaborazioni, partecipazioni ecc.) sono numerosi, e “fanno curriculum”. Ma nel primo caso, come nel secondo, gran parte dell’esercizio corrente poggiava (e poggia) sulla speranza di “poter vivere” (di rendita) su quanto si è appreso in un campo specialistico determinato, una volta per tutte - in un certo momento della propria formazione ufficiale.


E’ un atteggiamento mentale disdicevole che riflette un’origine storica di lunghissimo periodo (il desiderio delle classi subordinate di condurre una vita comoda, oziosa, come quella “del signore”) e che è in rotta di collisione con le esigenze cognitive della modernità. Quest’ultima, infatti, richiede l’apprendimento continuo e una specializzazione di partenza; ma anche consiglia una grande curiosità, un’ingordigia di conoscenza, in campi limitrofi, fino a suggerire urbi et orbi di esercitarsi nell’imparare ad imparare... Il mio consiglio ai giovani è dunque di lacerare l’involucro entro cui essi stessi (insieme alle rispettive famiglie) tendono a collocarsi – un quotidianità pigra che sfocia immancabilmente nella delusione e persino nella perdita di fiducia nelle proprie forze – per affrontare, invece, la vita a viso aperto, mettendo in moto le straordinarie energie che possiedono; e ricercando esplicitamente, e senza remora alcuna, i punti d’incontro tra l’interesse personale e l’interesse collettivo”.

A lezioni ai miei studenti dico sempre: "Approfondite, andate in profondità, non limitatevi a surfare su google, siate curiosi, coltivate il desiderio di sapere, non accontentatevi delle dispense, andate in biblioteca a leggere i libri extra curriculari".

Marco Vitale, nel lontano 1979 scriveva su Panorama: “Coraggio giovani!


Il mestiere di giovane non è, oggi, un mestiere facile. Cadono tanti miti, cadono tante illusioni. Da una parte vi si preconizza un nuovo Rinascimento economico e culturale. Dall’altra vi si offre l’immagine di una società dove una cittadella chiusa di privilegiati, tutta intenta a conservare i propri privilegi, respinge ai margini le giovani generazioni. Senza occupazione. Senza speranza.

Giocando a bocce ferme, chi vi fornisce questo messaggio della disoccupazione giovanile ha perfettamente ragione. Ma la storia e l’economia ci insegnano che nella vita non si gioca mai a bocce ferme. Le bocce corrono, e in che direzione correranno dipenderà anche da voi.


Quanti se, quante grandi sfide ci stanno davanti! E come muterà il vostro tasso di occupazione a seconda di come risponderemo a queste sfide. Nessun fatalismo quindi. Il libro del destino è, come sempre, tutto da scrivere, E’ vero che la cittadella che vi respinge è ancora, in gran parte, piena di cialtroni.


E’ una cittadella che ha tante crepe, dove basta un martello per entrare, purché sia un martello fatto di buon materiale. Non preoccupatevi delle proiezioni sulla disoccupazione. Preoccupatevi piuttosto di capire che nella cittadella i cialtroni non stanno tutti dalla stessa parte....Entrate, infiltratevi nella cittadella, senza partecipare ai suoi riti di violenza, e cercate quelli che, all’interno di essa, si vergognano.

Coraggio, giovani! Non ci sarà disoccupazione. Se sapremo far correre le bocce nella direzione giusta, nel modo giusto”.

Le parole di Marco Vitale del 1979 sono ancora attualissime.

lunedì 4 luglio 2011

Brunetta, Cirino Pomicino e la CiVIT, l’Authority “Antifannulloni”: non c’è niente da ridere

Renato Brunetta
Paolo Cirino Pomicino - napoletano, di anni 72, due volte ministro - in particolare dal 1989 al 1992 Ministro del Bilancio - uno dei grandi capi della Dc, temuto, riverito, il più eccentrico dei democristiani – è stato nominato tempo fa Presidente del Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico delle amministrazioni dello Stato.

C'è un però. Secondo il Ministro per l’attuazione del programma Gianfranco Rotondi, è sorto un problema di compatibilità con la CiVIT, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della amministrazioni pubbliche. In sostanza la Commissione e il Comitato tecnico dovrebbero fare le stesse cose. Il primo costa 8 milioni di euro, il secondo 60mila euro l’anno. Una leggerissima differenza.

Una digressione. Gianfranco Rotondi è quel fantastico personaggio che l’altro giorno ha dichiarato che lo stipendio dei parlamentari è insufficiente e si fa fatica ada arrivare a fine mese. Inutile commentare. Vi rimandiamo a Massimo Gramellini e al suo Buongiorno, La Casta s’è desta

Paolo Cirino Pomicino
E’ opportuno ricordare che Paolo Cirino Pomicino è stato uno dei 24 parlamentari italiani che hanno ricevuto condanne penali in via definitiva nella XV Legislatura. E’ stato condannato ad un anno e otto mesi di reclusione per finanziamento illecito (tangente Enimont) e ha patteggiato una pena di due mesi per corruzione per fondi neri Eni.

Nel fantastico film di Paolo Sorrentino, Il Divo, la segretaria di Andreotti nell’affacciarsi alla finestra osserva l’appossimarsi di Pomicino – seguito da Evangelisti, Sbardella, Ciarrapico - ed esclama: “Presidente, sta arrivando una brutta corrente”, da intendersi come Corrente della Democrazia Cristiana, guidata naturalmente da Giulio Andreotti, il Divo.

Ci ricordiamo anche quando Cirino Pomicino con un gruppo di amici invase la Rai di Napoli, con l' eleganza e la grazia che gli conosciamo, per vedere in onde corte Napoli-Juventus. Le cronache locali parlarono di un nuovo Masaniello.

Così Rizzo sul Corriere della Sera : “Insieme a Cirino Pomicino sono stati collocati in quel comitato Vincenzo Chianese (già dirigente della Ragioneria) l’ex capo dell’ufficio studi di Bankitalia Giancarlo Morcaldo, già fedelissimo dell’ex governatore Antonio Fazio, e Federica Collaretti, componente della direzione nazionale della Dc di Rotondi, autrice anche di articoli sulla Discussione, organo del partito

Ma a che serve il Comitato? L’organismo è stato istituito una decina d’anni fa con un ruolo di consulenza di palazzo Chigi e dovrebbe svolgere “attività di supporto al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro da lui delegato, al fine di assicurare la coerenza tra il programma di Governo e la pianificazione strategica dei Ministeri in relazione alle funzioni di direzione della politica generale e di mantenimento dell’unità d’indirizzo politico ed amministrativo del Governo”. Non soltanto. Il Comitato deve anche promuovere “l’utilizzo di metodologie e strumenti comuni per la pianificazione strategica delle amministrazioni dello Stato, la circolazione di informazioni e documenti e il confronto di buone prassi; elaborare metodologie e strumenti per assicurare e migliorare il collegamento fra gli obiettivi strategici e l’allocazione e l’uso delle risorse nelle amministrazioni; elaborare proposte per la progressiva integrazione tra il processo di formazione del bilancio e il processo di pianificazione strategica delle amministrazioni”.

C’è un ma. Grande come una casa. Il Ministro dell’Innovazione Renato Brunetta – recentemente resosi protagonista di una figura indecente rispondendo a male parole nei confronti di alcuni precari che volevano porre una domanda – creatore della CiVIT, è entrato in disaccordo per la nomina di un nuovo Commissario/Presidente con il suo collega Rotondi.

Ma chi è l’attuale Presidente della CiVIT? Antonio Martone, protagonista l’estate scorsa dell’affare P3. Così leggiamo sulla Stampa del 12.7. 2010 : “La prima testa è caduta: Antonio Martone, ex avvocato generale in Cassazione e aspirante procuratore generale di Cassazione, da qualche mese a capo di una Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità (e non è uno scherzo, ndr) delle amministrazioni pubbliche istituita dal ministro Brunetta, lascia la magistratura. Secondo l’inchiesta sull’associazione segreta messa in piedi da Flavio Carboni, Martone avrebbe partecipato alla cena del 23 settembre scorso nella casa romana di Denis Verdini. Nel corso di quella cena si sarebbe discusso di come avvicinare i giudici della Consulta che di lì a poco dovevano decidere sul Lodo Alfano. Già presidente dell’Anm e poi dell’Autorità garante sul diritto di sciopero, Martone, 69 anni, due giorni fa ha presentato richiesta di pensionamento”.

Siamo andati sul sito della CiVIT e Martone risulta ancora Presidente. Tanto ormai non ci si meraviglia più di nulla.

Segnaliamo comunque che l’unico componente di peso della CiVIT – il prof. Pietro Micheli, consulente delle delivery unit creat da Tony Blair – si è dimesso polemicamente. A Repubblica Micheli ha spiegato come la CiVIT sia indipendente solo sulla carta: “Le ingerenze della politica sono fortissime. La Commissione ha un budget di 8 milioni € l’anno. La metà va in progetti vagliati da Brunetta e dal Ministero dell’Economia. Oltre alle pressioni su come usarli, i fondi stanziati per il 2010 non sono ancora allocati”.

Un momento di ironia. Martone – colui che secondo alcune ricostruzioni avrebbe informato illecitamente Verdini e Carboni dell’indagine nei loro confronti - così risponde polemicamente alle dichiarazioni del dimissionario Micheli : “Con il lavoro quotidiano e con i fatti si risponde ai tentativi di ingerenza della politica: perchè l’indipendenza non viene dall’esterno, ma si conquista e si pratica ogni giorno”.

Non c'è niente da ridere.