martedì 29 aprile 2014

Perchè insegnare Educazione Finanziaria nelle scuole? Si prevengono le crisi e i genitori imparano dai figli

Si studia latino e greco, ma si ignorano l'inglese, il cinese e il russo. Si imparano a memoria le formule di fisica ma non si spiega come funziona veramente un laboratorio di ricerca. Si sa tutto degli Assiri Babilonesi ma non viene spiegato agli studenti cosa sono le imprese e l'organizzazione del lavoro.
La vita è complessa e scegliere è sempre più difficile. La vita è una continua sfida all'uso intelligente delle risorse. Ma se non si ha la giusta cassetta degli attrezzi per compiere le scelte corrette, i nostri ragazzi non sono in grado di affrontare le sfide della globalizzazione.

Gli economisti di Banca d'Italia Chionsini e Trifilidis, nel paper Educazione finanziaria: l'utilità di una strategia unitaria, scrivono: "Nel corso degli ultimi anni, l’offerta da parte degli intermediari di prodotti e servizi è divenuta sempre più ampia e sofisticata. L’invecchiamento demografico e le conseguenti riforme dei sistemi pensionistici e sanitari, fattori comuni a molti paesi, hanno spostato dal settore pubblico a quello privato i rischi legati alla copertura di costi sociali e reso ancor più determinati le scelte delle famiglie sulle loro capacità di spesa non solo attuali ma anche prospettiche. Di conseguenza, sono aumentate la complessità e la numerosità delle scelte finanziarie che gli individui devono fronteggiare, le cui conseguenze possono incidere in misura rilevante sul tenore di vita delle famiglie".

A fronte della maggiore complessità delle scelte, non è cresciuta in ugual misura la conoscenza finanziaria dei cittadini, che sono affetti da gravi deficit cognitivi, che li inducono a indirizzarsi verso soluzioni non ottimali.
E' per questo motivo, per far entrare il risparmio e gli investimenti nella cultura dei giovani che è nato anni fa il progetto di Educazione Finanziaria, sempre più considerate come parte integrante delle politiche di protezione dei risparmiatori.
 I giovani si trovano oggi a dover fronteggiare situazioni e scelte finanziarie più impegnative di quelle vissute alla stessa età dai loro genitori. L’educazione finanziaria nelle scuole può produrre anche benefici "indiretti" per le famiglie: i giovani possono trasmettere in maniera più o meno volontaria le abilità e il senso di familiarità acquisiti anche ai genitori.


Sono andato il mese scorso in una scuola secondaria di I° grado di Milano, la Mauri, dove ho cercato di trasmettere un po' di passione e conoscenza.
Per capire qual è il clima e l'humus culturale verso il mondo finanziario delle famiglie, prima di iniziare la lezione, ho posto agli studenti di seconda due domande:
1. che cos'è una banca?
2. la banca è una cosa buona o cattiva?

Le risposte più interessanti sono state le seguenti:

1. La banca è un edificio dove rubano i soldi.

2. Così così;

La banca è una cosa positiva, se non incontri dei ladri.
Negativa perchè ti prendono i soldi.
La banca è cattiva perchè chiede in cambio gli interessi (dimostrazione che nelle famiglie italiane la cultura di mercato lascia a desiderare, ndr)
E’ cattiva perchè devi ridarglieli indietro con l’interesse (e di cosa dovrebbe vivere una banca?, ndr)
E’ buona perchè permette alle persone di comprare qualcosa che non riescono a comprare con il loro stipendio.
Prima del 2001 era cattiva, ora è abbastanza brava.
La banca è una cosa positiva perchè ti approva ogni volta quello che richiedi (magari!, avere credito NON è un diritto, ndr)
E’ una cosa positiva se compie il suo lavoro correttamente altrimenti non lo è.
Positiva ma le persone devono essere consapevoli di ridare i soldi con gli interessi.
Dipende dal bancario, se tu sei ignorante, lui ti può prendere più soldi del dovuto".

Insomma, dal tono delle risposte, la strada da compiere è ancora molta. Ma non per questo dobbiamo abbatterci. Speriamo che in futuro Educazione Finanziaria diventi materia scolastica.

P.S.: stampatevi e leggetevi i Quaderni didattici ideati e realizzati dalla Banca d'Italia. Sono proprio fatti bene.


lunedì 14 aprile 2014

I grillini sono inscalfibili nelle loro certezze. Come Mike Bongiorno nella Fenomenologia di Umberto Eco

Quando si accende la tv e ci si imbatte nei talk show nostrani, si viene presi dopo poco dallo sconforto. Il dibattito è debole, le argomentazioni fragili, e - siccome il mezzo non si presta - la logica non la fa da padrone, anzi, e solo i più forti e urlanti escono vincenti.

Quando l'altra sera ho sentito la parlamentare del Movimento 5 Stelle Paola Taverna mi è tornato in mente un passaggio di Umberto Eco nella Fenomenologia di Mike Bongiorno (Diario Minimo, Mondadori, 1963): "Il caso più vistoso di riduzione del superman all'everyman lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio a cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita ad un fascino immediato e spontaneo...egli si vende per quello che è, e quello che è tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore".

Non infieriamo sull'ignoranza del deputato del M5S Davide Tripiedi che - in un intervento alla Camera - ha detto "Sarò breve e circonciso".

Con i grillini valgono ben poco paper, ragionamenti economici, conoscenza della storia. Sono dei Signor NO, come il notaio di Mike. Qualsiasi proposta non va bene. Ce n'è una migliore subito a portata di mano. Peccato che questo sia il tratto tipico dei rivoluzionari, che non gradiscono cambiamenti graduali ma solo ghigliottine e tagliole.
E' il riformismo che è mancato in questo Paese. Non per nulla l'economista Federico Caffè sfogo la sua insoddisfazione nella Solitudine del riformista (Bollati Boringhieri, 1990).

In occasione del compleanno (90 primavere, auguri!), di Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, lo psicanalista Massimo Recalcati ha scritto un pezzo meraviglioso e commovente che si chiude così: "Per lui riformismo è una forza ricompositiva che non cede al compromesso, ma che avvicina elementi apparentemente opposti, sordi, finanche ostili. E' quello che assume le forme di una vera e propria strategia politica nello sforzo di avvicinare il liberalismo repubblicano di La Malfa con il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer negli anni più bui della nostra vita collettiva che culminarono con l'assassinio di Moro....Riformismo per Scalfari ha sempre voluto dire possibilità di ricomporre produttivamente le differenze, di evitare che la separazione risulti solo sterile e traumatica".

I grillini, che rispondono come il cane di Pavlov ai diktat di Grillo e Casaleggio sono come Mike: "Mike non si vergogna di essere ignorante e non prova bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale" (Eco, cit.).

mercoledì 9 aprile 2014

Tenacia, testardaggine o perseveranza? La testimonianza di un imprenditore

Dopo il grande successo del post su #MarioDraghi e la perseveranza, visto che molti lettori del Faust hanno una vena filosofica, sono ben lieto di pubblicare integralmente una lettera che mi è giunta da un lettore amico.

Caro professore,
In merito alla menzione presente nel suo blog riguardante il saggio del filosofo Perseveranza di Salvatore Natoli m'é venuta spontanea dal cuore un'amara riflessione, di cui peraltro le ho già parlato diffusamente nelle nostre piacevoli conversazioni sulle seggiovie scassate di Champoluc.

In qualità di piccolo imprenditore di nicchia in luogo altrettanto di nicchia quale é il Principato di Monaco, mi trovo mio malgrado a dover vivere periodo di difficoltà gestionali dell'impresa, operante nel settore delle costruzioni, a causa della crisi globale.


Difficoltà gestionali significa che faccio fatica a fine mese a mettere insieme incassi che paghino i fornitori dei cantieri in corso, che ricompensino i miei peraltro pochi dipendenti e che garantiscano all'impresa la costruzione di un piccolo tesoretto per i futuri investimenti.
Già perché un'impresa ha senso, a mio avviso, solo se ha la possibilità di crescere, investire e ingrandirsi per accrescere il suo know how e garantire benessere ad un numero sempre più esteso di persone.
Siccome a me fare l'imprenditore piace, anche nel piccolissimo mondo del Principato, non capisco perché nel mondo attuale, tale figura sia cosi' poco di moda: perché va di moda Guido Maria (Brera, gestore di un hedge fund, ora anche romanziere con I Diavoli, Rizzoli, 2014, ndr) e non vanno di moda gli imprenditori che alla fine del mese si devono pagare le spese dell'impresa col frutto del loro lavoro facendo salti mortali e essendo brutalizzati dagli istituti di credito? Perché non viene introdotto il reato di "maltrattamento da parte di direttore di filiale" con l'istituzione di telefono dedicato per l'imprenditore vessato?



Nel settore in cui opero, le fondazioni speciali (micropali e affini), a Milano sono scomparse negli ultimi tre anni quasi tutte le imprese storiche e nel Principato e costa azzurra la situazione é allarmante.

Ecco allora torno a Natoli, io mi sento più testardo che perseverante, perché stupidamente penso di poter continuare in questa attività che trovo affascinante, perché stupidamente penso che sia bellissimo vedere i frutti del proprio lavoro e poterli toccare con le proprie mani, perché i frutti del proprio lavoro son fatti di ferro e cemento, perché stupidamente amo il rumore delle macchine da cantiere, prodigi di tecnologia e ingegno umano, perché stupidamente penso che sia bello lavorare tutti insieme, dal più umile dei manovali al più brillante degli ingegneri per un unico scopo e che alla fine tutti, secondo la loro funzione, sono responsabili e artefici di un risultato straordinario.
 
Sto iniziando a commuovermi e quindi adesso mi congedo da lei che immagino stia muovendo con il tasto del mouse in un secondo molti più soldi di quelli che ho potuto muovere io in un anno con l'attività più rumorosa e polverosa nel settore delle costruzioni. 
Pero' le chiedo di ricordarsi, nelle sue future trattazioni sul suo prestigioso blog, della figura dell'imprenditore, e non solo di personaggi mitici e appartenenti al passato come ha fatto meritoriamente parlando di Olivetti, ma anche di giovani imprenditori, anonimi e magari non geniali, che tutti i giorni (testardi o perseveranti lo decida lei) combattono per mantenere vivo il loro piccolo sogno. 

Garantendole la mia sempiterna ammirazione mi congedo lacrimante da lei e le auguro una splendida giornata ricca di commissioni derivanti da rutilanti operazioni!
Cielo sereno, nuvole a sprazzi, un abbraccio sincero da Leonardo Pedrazzi

PS: allego al presente foto di cantiere realizzato dall'impresa di cui son fondatore per farle capire la poesia recondita del micropalo.

Cari lettori, ringrazio Leo per il contributo fattivo alla discussione. Il dibattito è ufficialmente aperto. Scatenatevi nei commenti, come al solito benvenuti.   

lunedì 7 aprile 2014

Il valore della consistenza e della perseveranza nelle parole di #MarioDraghi


Nel luglio del 2012 la credibilità delle parole del Governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha salvato l'Unione Economica e Monetaria. Con l'ormai famosa espressione "Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough, (ossia qualunque cosa succeda, la BCE interverrà, e credetemi, sarà sufficiente), Draghi ha comprato tempo e ha dato la possibilità ai politici per agire, sia sul fronte delle riforme strutturali domestiche che nel creare le infrastrutture europee (Banking Union, Single Supervisory Mechanism, Single Resolution Fund) per prevenire ulteriori crisi o per difenderci in modo ordinato nel caso, in future, si verifichino altre crisi bancarie.

Il 25 marzo scorso, il presidente della BCE ha tenuto una lezione a Parigi a Sciences Po dal titolo "A consistent strategy for a sustained recovery". E' una relazione di una pregnanza assoluta. La lettura integrale è consigliata.

Vorrei sottoporre alla vostra attenzione un passaggio in particolare: "The crisis is not over. To be successful, the recovery strategy is being, and must continue to be executed with commitment and perseverance".

Che bella parola è perseveranza! Ne parla con contezza, lucidità e passione il filosofo Salvatore Natoli nel suo recente Perseveranza (il Mulino, 2014): "Per far sì che la speranza da generico sentimento si trasformi in effettiva possibilità bisogna coltivarla nel presente, farla germogliare nel qui e ora, in mezzo ai disagi e alle difficoltà. Essere perseveranti significa proprio questo: se, infatti, sperare è un sentire, perseverare è un agire e come tale è una virtù".

Mentre nel mondo anglosassone il termine consistent ha valenza positiva, in Italia si sente dire che "errare è umano, perseverare è diabolico". Invece il perseverare, se non si viene presi dal delirio della presunzione, esige l'essere forte ma nel senso di mantenersi saldo, di durare nel tempo, superando gli ostacoli esterni ma soprattutto i limiti interiori. La perseveranza è dunque un agire faticoso e quotidiano dentro e contro le difficoltà.

Gli impedimenti interiori spesso sono superiori a quelli esteriori. Natoli osserva: "La perseveranza deve fare i conti con l'ogni giorno e soprattutto con e contro se stessi, contro la propria propensione all'indolenza", che si batte se il valore cognitivo ed etico delle idee/ideali in gioco è forte.
Inoltre bisogna sconfiggere l'assuefazione che è inerziale e passiva. Di qui la necessità di tenacia per mantenere la rotta e non perdersi d'animo davanti alle difficoltà che ognuno di noi deve affrontare.

Più avanti nel suo intervento, Draghi torna sull'importanza della continuità e della consistenza: "We need to be consistent across pace, and we need to be consistent across time. There are indeed two inescapable lessons from the account of events that I have presented to you today". Non bisogna mollare. Gli sforzi riformatori devono avere continuità, altrimenti l'effort è vano.

Draghi conclude richiamando l'importanza del fattore temporale: "Winston Churchill said that "to achieve great things, two things are needed: a plan, and not quite enough time".
Draghi ribadisce con ottimismo: "I hope that I have made clear today that we do have a plan. And since we certainly have no time to spare, I trust that, if we remain resolute, great things for the euro area and its citizens can become possible".

Non c'è tempo da perdere, bisogna agire. La parola passa ai politici (statisti non se ne vedono). E qui viene il bello (o il brutto).

P.S.: il Wall Street Journal ha raccontato una recente performance di Draghi che si è cimentato in una barzelletta divertente.
"Un uomo ha bisogno di un trapianto di cuore. Dice il dottore: "Posso darti il cuore di un bambino di cinque anni". "Troppo giovane". "Che ne dici di quello di un banchiere d’affari quarantenne?" "Non hanno cuore". "E un banchiere centrale settantenne?". "Lo prenderò". "Ma perché?". "Non è mai stato usato!".