venerdì 30 gennaio 2015

Omaggio a Emanuele Notarbartolo, direttore del Banco di Sicilia, vittima del primo delitto eccellente in Sicilia, 1° febbraio 1893


Ognuno di noi ha dei libri del cuore, che torna a rileggere di tanto in tanto, i cosiddetti livres de chevet. Io tengo sempre a portata di mano Il cigno di Sebastiano Vassalli (Einaudi, 1996), che narra le vicende dello scandalo del Banco di Sicilia sul finire dell'800.

Il Cigno, u Cignu, è il soprannome di Raffaele Palizzolo, deputato e consigliere di amministrazione del Banco di Sicilia, arricchitosi giocando in borsa con i soldi dei risparmiatori, caduto in disgrazia per aver commesso un solo errore, accreditare le vincite a se stesso e non ad un prestanome. Il mandato di pagamento era poi finito addirittura sul tavolo del presidente del consiglio di quel tempo, il marchese di Rudinì (siamo nel 1893), il quale aveva chiamato per fare pulizia all’interno della banca siciliana il commendatore Emanuele Notarbartolo, già direttore dell’istituto, poi messo da parte per volere di Francesco Crispi.

Sono gli anni degli scandali della Banca Romana, il quale provocò la caduta del governo Giolitti nel novembre 1893. Nel quadro della grave crisi che attraversò la penisola, va collocata anche la strage degli operai italiani impegnati nelle saline di Fangousse presso Aigues-Mortes, avvenuta il 17 agosto di quell'infausto '93: una pagina tristemente luttuosa - ci ricorda il prof. Francesco Sberlati in Il filosofo pratico. Francesco Budassi fra politica e giurisprudenza (Liguori Editore, 2012) - dell'emigrazione italiana, che già allora iniziava a configurarsi come un fenomeno in totale distonia con gli ideali che il Risorgimento si propose di realizzare.

Con il peso calante della nobiltà e dei ricchi proprietari terrieri, la mafia entrò in politica. Il 1° febbraio 1893, lungo la strada ferrata tra Altavilla Milicia e Trabia viene rinvenuto il cadavere di Emanuele Notarbartolo, sindaco di Palermo dal 1873 al 1876, ex direttore del Banco di Sicilia, senatore del Regno d'Italia. E' stato ucciso a pugnalate sul vagone di un treno per Palermo.
Chi è il mandante? A Palermo lo sanno tutti: don Raffaele Palizzolo, u Cignu, deputato, luogotenente in Sicilia di Francesco Crispi.

Come membro del consiglio di amministrazione del Banco di Sicilia è protagonista di numerose malversazioni, che contrastano con il rigore del direttore dell'istituto Notarbartolo, che nel 1889 presenta denuncia al ministero. Per tutta risposta, Crispi licenzia Notarbartolo.

Dopo sette anni si celebra il processo di primo grado a Milano. Gli imputati sono due ferrovieri, ma dopo la denuncia del figlio di Notarbartolo, l'ammiraglio Leopoldo - "Nessuno ha mai indagato Palizzolo perchè si è temuto di farlo" - emergono le colpe di don Raffaele che viene condannato - a Bologna - a 30 anni.
La nobiltà siciliana è indignata, la condanna di Palizzolo è una condanna per la Sicilia tutta, si agita lo spettro del separatismo.
Palizzolo trovò l'appoggio del quotidiano "L'Ora" di proprietà della famiglia Florio, la più importante dinastia imprenditoriale dell'isola.
Come ricorda Emanuele Felice nel documentato Perchè il Sud è rimasto indietro (il Mulino, 2013), la famiglia Florio si impegnò direttamente a favore del suo deputato, in molti modi, ad esempio sostenendo la sua ricandidatura al parlamento, quando era già in carcere sotto processo. "Ignazio Florio fu ascoltato come testimone: disse di non aver mai sentito nominare la mafia, salvo subito dopo scandalizzarsi perchè il pubblico minister aveva asserito che questa manipolava le elezioni: "E' incredibile come si calunnia la Sicilia. La mafia nelle elezioni! Mai! Mai!".

E allora il 27 gennaio del 1903 la Cassazione annulla il dibattimento per un vizio di forma e nel nuovo processo di Firenze, il Cigno esce assolto per insufficienza di prove.

Palermo è imbandierata a festa, pronta per accogliere festante don Raffaele Palizzolo.
Come scrivono Bolzoni e Scarpinato in Il ritorno del principe (Chiarelettere, 2008, p. 44), da quel 1893 "il risultato è la cronicizzazione della violenza politica, della corruzione, della mafia. Viviamo come all'interno di una tragedia inceppata, di una storia circolare destinata a ripetersi nelle sue segrete dinamiche, pur nel mutare delle maschere e dei tempi".



P.S.: la legge del contrappasso ha agito correttamente. La dinastia imprenditoriale dei Florio che difese a oltranza il sistema omertoso di cui Raffaele Palizzolo era parte, finì tragicamente fallita. Dove dominano logiche perverse, il redde rationem arriva. Tardi ma arriva. Le vicende dei Florio sono raccontate con vivezza da Orazio Cancila nel volume I Florio. Storia di una dinastia imprenditoriale (Bompiani, 2008).

lunedì 26 gennaio 2015

La mela di Apple e Alan Turing, il matematico che scoprì il codice di Hitler

Sapete perchè il logo della Apple è una mela morsicata? Secondo il biografo di Steve Jobs Walter Isaacson, è frutto del caso. Il mito però ha la sua importanza. Si narra che Jobs fosse un grande fan di Alan Turing, il genio matematico che riuscì a decodificare il codice con il quale Adolf Hitler ordinava con i suoi comandi, che si suicidò mangiando una mela avvelenata.
L'avventura di Turing è meravigliosamente raccontata nel film "The imitation game", che vi consiglio di vedere.

Il contesto storico è la stoica resistenza degli inglesi all'assedio nazista. In particolare ai bombardamenti della Luftwaffe. Il 13 maggio 1940 il primo ministro inglese Winston Churchill prese la parola alla Camera dei Comuni e disse: “Invito ora il Parlamento ad approvare una risoluzione che registri il suo consenso per i passi intrapresi e dichiari la sua fiducia nel nuovo governo.
La risoluzione:
"Il Parlamento approva la formazione di un governo che rappresenta l'unità e l'inflessibile determinazione della nazione di proseguire la guerra con la Germania fino ad una conclusione vittoriosa"... Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza
”.

E' memorabile, sempre di Churchill (lo sapevate che ha vinto anche il premio Nobel per la letteratura nel 1953 per i suoi scritti storici?), il ringraziamento ai piloti della Royal Air Force (RAF), eroici durante la Battaglia d'Inghilterra, combattuta nei cieli inglesi tra l'estate e l'autunno 1940: “Mai così tanti uomini (popolo inglese, ndr) dovettero così tanto a cosi pochi uomini (i piloti della RAF)".

Una volta che Turing e il suo team riescono a decifrare il codice Enigma - ossia a decodificare i documenti militari crittografati dai nazisti - non solo non possono comunicarlo a nessuno, ma il governo inglese deve fare in modo di non far capire a Hitler di aver scoperto il codice. Per cui verrà comunicato il prossimo arrivo di una bomba solo a un numero limitato di obiettivi. Non ci si deve far scoprire, altrimenti i nazisti saranno tentati a cambiare il codice. Secondo gli storici, la scoperta del codice Enigma accorciò la durata della Guerra di due anni e salvò la vita di 14 milioni di persone.

Una scena del film mi è particolarmente piaciuta. E' l'immagine di Turing, grande maratoneta, che corre in mezzo alla campagna intorno a Bletchey Park alla ricerca di se stesso, il volto scavato dalla sofferenza, dalla sua genialità incompresa, fino a quando, il team guidato da Turing riuscì a decodificare il codice hitleriano. L'attore che interpreta Alan Turing, Benedict Cumberbatch, merita di essere in corsa per l'Oscar.

Holland Park Library dopo i bombardamenti
Solo il 24 dicembre 2013 Alan Turing ottenne la grazia di Stato. La Regina Elisabetta smacchiò con un decreto esecutivo la fedina penale di Turing, che nel 1952 venne condannato dal tribunale di Londra per "sodomia" e atti osceni. L'omosessualità era considerate un reato e Turing preferì la castrazione chimica piuttosto per farsi due anni di carcere.

Turing morì suicida nel 1954 mangiando una mela avvelenata. Purtroppo non finì come Biancaneve. Turing non si risvegliò più.
E' un vero peccato perchè, come nel mantra del film, "sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare".

venerdì 23 gennaio 2015

Omaggio a Roberto Franceschi, studente bocconiano ucciso dalla polizia il 23 gennaio 1973

Roberto Franceschi
Appena ho iniziato a frequentare l'Università Bocconi, ho notato che l'aula al secondo piano era dedicata alla memoria di Roberto Franceschi. Non c'era google al tempo, allora ho chiesto a mia madre, una vera e propria Garzantina o wikipedia vivente. E mi ha raccontato con emozione cosa successe quella disgraziata sera del 23 gennaio 1973.

42 anni fa, lo studente bocconiano Roberto Franceschi si accasciava al suolo colpito a morte da un colpo di arma da fuoco sparato da un proiettile di pistola Beretta calibro 7,65 in dotazione alla Polizia che presidiava l’Università.

La sera del 23 gennaio 1973 era in programma un'assemblea del Movimento Studentesco presso l'Università Bocconi. Assemblee di questo tipo erano state fino ad allora autorizzate normalmente e non avevano mai dato adito a nessun incidente e, nel caso specifico, si trattava dell'aggiornamento di una assemblea già iniziata alcuni giorni prima; ma l'allora Rettore dell'Università quella sera ordinò che potessero accedere solo studenti della Bocconi con il libretto universitario di riconoscimento, escludendo lavoratori o studenti di altre scuole o università. Ciò significava vietare l'assemblea e il Rettore informò la polizia, che intervenne, con un reparto della celere, intenzionata a far rispettare il divieto con la forza.

Ne nacque un breve scontro con gli studenti e i lavoratori e, mentre questi si allontanavano, poliziotti e funzionari spararono vari colpi d'arma da fuoco ad altezza d'uomo. Lo studente Roberto Franceschi fu raggiunto al capo, l'operaio Roberto Piacentini alla schiena. Entrambi caddero colpiti alle spalle” (dal sito web http://www.fondfranceschi.it ).

Come spesso accade, il processo è stato un calvario scandaloso – oltre venticinque anni di processi penali e civili, l’ultima sentenza è del 20 luglio 1999, più di 26 anni dopo la morte di Francesco - dove la volontà di occultare la verità da parte della Polizia è stata dominante. Dalla sentenza che ha chiuso la fase istruttoria del processo (dicembre 1976) leggiamo: “La verità è che sin dall’inizio si preferì occultare rigorosamente la circostanza che a sparare erano stati in diversi, e questa decisione comportò poi la necessità che l’intera fase delle indagini preliminari fosse gestita sotto il controllo o quanto meno con l’accondiscenza dei vertici della polizia, all’insegna della costante preoccupazione di neutralizzare ogni risultanza che con tale versione potesse apparire in contrasto”.

Qualcosa si è ottenuto dai processi. Come scrive Biacchessi “L’accertamento della responsabilità della polizia e la condanna del Ministero dell’Interno al risarcimento del danno, ma non l’individuazione e la condanna dell’autore materiale e di eventuali corresponsabili”.

Ma torniamo alla figura di Roberto Franceschi, studente brillante e affettuoso.

Scrisse di lui un compagno di studi: "Roberto, la sua ferrea volontà, la sua onestà intellettuale, la sua incrollabile fede nella scienza, la sua costante ricerca della verità, il suo amore per la cultura, la sua illimitata fiducia nelle possibilità dell'uomo, dopo la sua morte, hanno aiutato me e molti altri compagni a superare le difficoltà, a correggere gli errori e ad andar avanti".

La sua insegnante di filosofia del Liceo Vittorio Veneto – Meris Antomelli - ha scritto: “Roberto era politicamente molto impegnato, e in particolare riteneva l’apertura della scuola alla società, e la lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione non come esigenze tra le altre, ma fondamentali: le considerava capaci di dare concretezza ai suoi ideali di democrazia e giustizia, e coerenza alla sua vita. Non accettava perciò quelle forme di contestazione della scuola che si traducevano nel rifiuto dello studio a vantaggio di una militanza politica che nella scuola vedeva soltanto uno dei suoi luoghi d’azione”.

Dopo aver riletto le testimonianze sulla figura di Roberto Franceschi, mi è tornato in mente Don Lorenzo Milani, che insisteva in continuazione sull’importanza dello studio affinchè le classi disagiate potessero giocarsela alla pari con i più fortunati. In un bellissimo passo de La ricreazione (Edizioni e/o, 1995) leggiamo: “Quando ripresi la scuola nel 1952-53 avevo ormai superato ogni ulteriore esitazione: la scuola era il bene della classe operaia, la ricreazione era la rovina della classe operaia. Mi perfezionai allora nell’arte di far scoprire ai giovani le gioie intrinseche della cultura e del pensiero e smisi di far la corte ai giovani che non venivano. Non perdevo anzi l’occasione di umiliarli o offenderli...Prova ne sia che, dopo le ricreazioni, la domanda di rito è: "A San Donato oggi una domanda del genere viene considerata poco meno che pornografica”.

Chiudo con una riflessione di decenni fa (1979) ma attualissima di Corrado Stajano – scrittore e giornalista di grandissima levatura, ricordiamo solo gli imprescindibili Un eroe borghese. Il caso dell’avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica (Einaudi, 1991), Il sovversivo. Vita e morte dell’anarchico Serantini (Einaudi, 1975): “La storia del ragazzo Franceschi non conta solo per ieri, vale per oggi e per domani. E non riguarda solo la tarlata giustizia, ma il buongoverno nel suo complesso perchè sono proprio inutili le generiche affermazioni da cui siamo continuamente travolti, se poi, in concreto, si usa solo indifferenza e non ci si scandalizza più di fatti scandalosi”.

Dove sarebbe oggi il brillante studente Roberto Franceschi? A me piace immaginarlo come civil servant in Banca d'Italia, accanto a Ignazio Visco e Salvatore Rossi, tutti impegnati a elaborare le strategie per far ripartire il nostro sgangherato Paese.

Un abbraccio particolare a Cristina e Lydia Franceschi - per anni impegnate caparbiamente per la ricerca della verità - per l'effort con il quale ogni giorno attraverso la Fondazione Franceschi porta avanti progetti, pubblicazioni, convegni, premi di laurea, rende viva e presente la memoria di Roberto.

Il fatto che di fronte al più grande dolore che una persona possa provare - la morte di un figlio - la famiglia Franceschi sia riuscita a trasmettere dei valori positivi è una cosa di un valore inestimabile.

P.S.: si consiglia la lettura di Roberto Franceschi. Processo di polizia, a cura di Daniele Biacchessi (Baldini Castoldi, Dalai editore, 2004)

http://www.fondfranceschi.it/

venerdì 16 gennaio 2015

L'assessore alla Casa del Comune di Milano Daniela Benelli ci costerà come vitalizio un milione e mezzo di euro. Pisapia sbaglia a lasciarle le deleghe

In Italia è scomparso il sentimento della vergogna. Un tempo si poteva commettere un sopruso, comportarsi in modo indegno, ma almeno dopo le gote arrossivano, ci si vergognava.

La prova che la vergogna è scomparsa (ne scriveva Marco Belpoliti in "Senza vergogna", Guanda, 2010) ce l'ha data pochi giorni fa l'assessore alla Casa del Comune di Milano Daniela Benelli, la quale è tra i firmatari del ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR) contro il taglio (ridicolo, pari al 10%, e solo fino al 2018, sarebbe stata opportuna una riduzione maggiore) dei vitalizi degli ex consiglieri della Regione Lombardia.

Benelli è in buona compagnia perchè tra i ricorrenti c'è anche Mario Capanna, leader del Movimento studentesco nel 1968 che con soli 5 anni al Pirellone riceve ben  3.160 euro lorde ogni mese. L’irredimibile Capanna ha fatto sapere che “i diritti acquisiti, costituzionalmente garantiti, non possono essere intaccati; se il TAR ci desse torto, si aprirebbe una voragine incontrastabile”. I politici scrivono le regole per loro stessi, e se la cantano – e ridono – alle nostre spalle. Non sono diritti acquisiti, ma privilegi acquisiti ingiustamente, a carico delle prossime generazioni. Che pagano la “voragine” dei vitalizi.

La Benelli è stata eletta nelle liste di Sel, Sinistra,Ecologia e Libertà, il partito di Nichi Vendola, nella cui mission si legge: "Il bisogno autentico di quel che chiamiamo sinistra ha a che fare con l'idea di altre vite da queste nostre di adesso espropriate di futuro, ferite ogni momento al cuore delle loro soggettività e incasellate in una connessione infinita di solitudini". Soli sono i giovani che devono pagare i vitalizi senza senso a politici senza dignità e senza alcuna cognizione dei tempi in cui viviamo. Visto che la Benelli venne eletta al Pirellone nelle liste del Partito Comunista italiano, ha mai sentito parlare Enrico Berlinguer della “questione morale”?

Non è nuova Daniela Benelli a comportamenti poco opportuni. Infatti nel 2012 Il Fatto quotidiano informava i lettori del fattoche lei affittava a prezzi di favore un appartamento dell'Istituto dei ciechi, dichiarato di 80 metri quando al catasto risultano 121.

Nel curriculum della Benelli sul sito del comune di Milano leggiamo che "fin da studente collabora con la Casa della Cultura, di cui e' stata direttice per molti anni". La Casa della Cultura è uno dei luoghi dove la sinistra discute di attualità politica e sociale. Ci chiediamo se in questi luoghi l'assessore Benelli abbia mai sentito parlare di Norberto Bobbio che in Destra e sinistra (Donzelli, 1995) scriveva: "Mi risulta che il criterio più' frequentemente adottato per distinguere la destra dalla sinistra è il diverso atteggiamento che gli uomini viventi in società assumono di fronte all'ideale dell'eguaglianza, che è uno dei fini ultimi che si propongono di raggiungere e per i quali sono disposti a battersi". Cosa c'e' di "eguale" nel prendere dalle tasche dei contribuenti 50mila euro l'anno di vitalizio per i prossimi 30 anni (lunga vita alla Benelli nata nel 1952), che fa quindi un milione e mezzo di euro, quando i contributi versati sono stati 144mila (già ricevuti nei primi tre anni di vitalizio)? Neanche la droga e la prostituzione hanno questi rendimenti.

Non si capisce perchè l'assessore Benelli prenda il vitalizio e nel frattempo riceva lo stipendio come assessore. Se come tutte le persone normali, che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, andasse in pensione, riceverebbe circa il 5% (coefficiente di trasformazione) dei contributi versati, nel suo caso pari a circa 143mila euro. Che fa 7.150 euro lordi l'anno, esattamente 1/7 di quanto prende ora. La differenza la mettono i contribuenti, che sussidiano ancora una volta una persona che non è ha bisogno.

Se l'assessore alla Casa e al Demanio Daniela Benelli non capisce che il tempo dei "furti generazionali" (Tommaso Padoa-Schioppa, cit.) è finito, non sarà certo in grado di risolvere i problemi abitativi della città. Ha decisamente sbagliato il sindaco di Milano Giuliano Pisapia a ridare le deleghe al membro di giunta senza vergogna.
Purtroppo, per alcuni politici (sedicenti) di sinistra, vale il motto: libertè, egalitè, jet privè.

venerdì 9 gennaio 2015

Siamo in guerra #JesuisCharlieHebdo

Sono molto triste. L'attentato alla rivista satirica e graffiante Charlie Hebdo mi ha colpito al cuore. La libertà di espressione è troppo importante, non la possiamo perdere contro dei barbari fanatici con i quali bisogna onestamente ammettere che siamo in guerra. Come non essere d'accordo con Umberto Eco che al cronista del Corriere della Sera  dice: "C’è una guerra in corso e noi ci siamo dentro fino al collo, come quando io ero piccolo e vivevo le mie giornate sotto i bombardamenti che potevano arrivare da un momento all’altro a mia insaputa. Con questo tipo di terrorismo, la situazione è esattamente quella che abbiamo vissuto durante la Guerra (...). L'Isis è una nuova forma di nazismo, con i suoi metodi di sterminio e la sua volontà apocalittica di impadronirsi del mondo".



Dopo aver discusso dell'attentato a Parigi, paragonabile a livello simbolico al September 11, il mio grande amico Leo mi scrive: "Non dimentichiamo che l'Islam é una religione che ha come principale obiettivo la conversione: convertire significa convincere chi ha un credo diverso a credere in Maometto e Allah.
A questo risultato ci si puo' arrivare o attraverso un dialogo costruttivo (molto raro) o attraverso violenze di ogni tipo come fanno in Nigeria Boku Haram o Isis in Iraq e Siria.

Il metodo é diverso ma il risultato é lo stesso, quindi non ci sarà mai una presa di posizione netta da parte delle comunità arabe contro queste azioni perché alla fine il risultato é raggiunto, gli infedeli sono stati puniti o a forza convertiti: missione compiuta.
Nella stessa essenza dell'Islam é contenuto il seme che fa crescere l'odio nei confronti dell'occidente. Non riesco ancora a capacitarmi dell'orrore che é stato commesso. Hanno colpito tutti noi, piccoli o grandi, liberi pensatori d'occidente".

Charb, le directeur de la publication du journal satirique
In chiusura, faccio mie le parole dello scrittore Ian McEwan: "L'Islam radicale omicida che si autosantifica è diventato una calamità globale per psicopatici. Non si fa problemi di diffondere la lista di ciò che odia: l'educazione, la tolleranza, la pluralità, il piacere e la libertà di espressione, che sostiene tutte le altre (...). In una note buia per la libertà, fragile punti di luce: le moltitudini determinate che si sono riunite nelle città; la speranza che la ripugnanza generale per questi omicidi possa unire le persone; il fatto che gli psicopatici siano una netta minoranza".
#JesuisCharlieHebdo

lunedì 5 gennaio 2015

Trash, un film istruttivo da vedere assolutamente: "Perchè l'hai fatto?". E lui: "Perchè è giusto".

Durante le vacanze, sono andato con i miei figli a vedere un film bellissimo: Trash. E' ambientato in Brasile, negli slums, nelle favelas dove la vita di un bimbo - menino de rua - vale meono di un real (1 euro=3,24 real). Dove parte della polizia è corrotta e lavora al soldo dei potenti.

La storia parte con il ritrovamento in una discarica - dove si lavora a pieno ritmo per trovare qualcosa di utile - da parte di due ragazzi di un portafoglio.
Solo quando si presenta la polizia, disponibile addirittura a offrire una generosa ricompensa per la restituzione, Rafael e Gardo, realizzano di avere per le mani qualcosa di molto importante. Dopo aver coinvolto l’amico Rato, il trio affronta una straordinaria avventura per scappare dalla polizia e scoprire i segreti contenuti nel portafoglio.

Il momento clou del film avviene quando un'amica americana del prete delle favelas - che aiuta i meno fortunati - registra un video con i ragazzi coinvolti nella vicenda. Lei chiede a Rafael: "Perchè l'hai fatto?". E lui: "Perchè è giusto". In questa disarmante risposta c'è tutta una vita.

Come ha scritto lo psicanalista Massimo Recalcati nel pregevole L'ora di lezione (Feltrinelli, 2014), quando una persona crede in qualcosa, ha dei valori profondi, non può essere fermata, la sua forza è invincibile, va in fondo costi quel che costi, #QualunqueCosaSucceda (Giorgio Ambrosoli, cit.).

Mi è passata sotto gli occhi la testimonianza della figlia del prof. Paolo Giaccone, barbaramente ucciso dalla mafia l'11 agosto 1982 poichè si rifiuto di modificare i dati di una perizia dattiloscopica, decisiva per scoprire il killer di una sparatoria a Bagheria.
La figlia Milly Giaccone scrive: "Mio padre non pensava di diventare un eroe, era una persona onesta, qui si diventa eroi quando si è persone normali, oneste" (in V. Ceruso, Uomini contro la mafia, Newton Saggistica).


Rafael, Gardo e Rato, protagonisti in "Trash"