venerdì 20 marzo 2015

La mala gestio nelle case popolari (Aler) in Regione Lombardia : era meglio regalare le case a chi ha veramente bisogno

La gestione dell’Aler, Azienda Lombarda Edilizia Residenziale, negli ultimi anni è stata a dir poco imbarazzante. Affitti non riscossi, manutenzioni inesistenti, mancata assegnazione degli appartamenti, abusi di ogni tipo che favoriscono occupazioni e microcriminalità.

L’inefficienza è dominante, non solo nella società ma anche nelle controllate. Tra queste, Asset s.r.l. (100% Aler) è un “caso scuola” in negativo. La società dovrebbe comprare fabbricati e aree edificabili, ristrutturare, ricostruire e rivendere. Dove si concentrano le operazioni immobiliari? In ordine sparso a Garbagnate, Arconate, Pieve Emanuele e addirittura in Libia.

Aler è un secchio bucato, perde soldi ogni anno a ciclo continuo. Solo per l’elaborazione delle buste paga dei dipendenti, la spesa annua, rilevano i revisori, è di un milione di euro. La gestione è stata nelle mani del potentissimo avvocato Domenico Ippolito, consigliere delegato di Asset (fino a giugno 2014), al contempo direttore generale di Aler (dal 1999 al 2013) – ora declassato a direttore dell’area Affari generali - con una confusione di ruoli e di responsabilità che va contro qualsiasi buona regola di corporate governance. Il controllato e il controllore devono essere necessariamente persone diverse.

Negli anni scorsi sono state numerose le delibere del Consiglio di amministrazione di Aler che rinuncia a crediti vantati nei confronti della controllata, procede ad aumenti di capitale “per garantire la necessaria patrimonializzazione di Asset”. Il tutto per milioni di euro: tra il 2010 e il 2013 le perdite di asset sono superiori ai 13 milioni di euro.

Nel 2005 a Pieve Emanuele Asset acquista dall’Enpam - l’ente nazionale di previdenza di medici e odontoiatri – a un prezzo elevato e a debito, contraendo mutui, un grande complesso costituito da appartamenti, negozi, posti auto. L’idea iniziale era rivendere con un margine, ma gli alloggi ceduti si contano sulle dita di una mano e numerosi ancora oggi sono gli alloggi sfitti. Gli edifici e le aree fabbricabili acquistate a debito ad Arconate – guarda caso dove Mario Mantovani, oggi assessore regionale alla Sanità, era sindaco - e Garbagnate rendono pochissimo e hanno mutui sulle spalle per milioni di euro. Servirebbe una gestione seria e professionale che in Aler non esiste.

In Libia nel 2007, al seguito del colonnello Gheddafi, Asset decide che ha senso costituire una nuova società, la Finasset, al fine di realizzare ristrutturazioni immobiliari nella capitale Tripoli. Con tutti i problemi che ha Aler, si decide di investire in Libia!! Rob de matt.
Risultato? Perdite a gogo. Nel 2010 la società viene dichiarata fallita e così se ne va il capitale e i crediti vantati pari a 235.472 euro. Che senso ha con una gestione caratteristica domestica deficitaria perseguire scriteriati progetti immobiliari in Libia? A fine marzo pare che Asset verrà messa in liquidazione. Chi paga? Il contribuente.

A proposito della Cassa del Mezzogiorno, il grandissimo giurista Arturo Carlo Jemolo, di cui ha analizzato il pregnante carteggio col governatore Paolo Baffi in Anni del disincanto (Aragno, 2014), scrisse che “si sarebbe operato più fruttuosamente facendo spargere i biglietti da diecimila lire da elicotteri sulle province meridionali”. Si potrebbe dire lo stesso dell’Aler,  carrozzone pubblico controllato dal centro destra e amministrato in modo indecoroso nel corso degli ultimi 20 anni. E’ l’ultimo “regalo” ai contribuenti del Celeste Roberto Formigoni, indagato per corruzione dalla magistratura in relazione ai traffici sulla sanità lombarda. Con le risorse sprecate nella “mala gestio”, si sarebbero potuti regalare, a chi ha veramente bisogno, centinaia di appartamenti.
 
P.S.: bene ha fatto il sindaco di Milano Giuliano Pisapia a riprendersi in gestione - affidandoli alla MM - gli appartamenti del Comune di Milano. Decisione ottima, ancorchè tardiva.

venerdì 13 marzo 2015

"Il New York Times e la Pravda di Breznev hanno lo stesso livello di censura" (Umberto Eco, cit.)

Come ha scritto anni or sono Umberto Eco, l'eccesso di informazione è dannoso quanto l'assenza di informazione. Arguto come sempre il romanziere e professore natio di Alessandria ci ha insegnato che la rete di piena di fuffa e che è necessario un filtro cognitivo: "Il New York Times della domenica con 100 pagine di inserti ha lo stesso grado di censura della Pravda ai tempi di Breznev".

In una recente intervista a Repubblica, il regista Werner Herzog ha detto: "Per muoversi in questa massa amorfa di informazioni, devi avere una struttura culturale, ideologica, informativa ed è quello che manca ai giovani".
Perchè?
"Perchè non leggono abbastanza (vedi post L'Italia è in crisi perchè leggiamo poco). Questo vale anche per i film. La cosa che deve essere postulata è leggi, leggi, leggi. Se non leggi non puoi essere un uomo di cinema. Puoi essere un mediocre cineasta, ma non un grande uomo di cinema. Devi leggere. Questa mancanza di grammatica culturale è una delle ragioni per cui la gente oggi vive con un continuo senso di perdita. In internet perdono se stessi e perdono le cose".
Come si recupera ciò che si perde?
"E' come attraversare un paesi a piedi. E' difficile da spiegare come il mondo rivela se stesso a chi viaggia a piedi".

venerdì 6 marzo 2015

L'esorbitante trasferta dei Tg Rai al G20 di Brisbane è la conferma che le news Rai vanno riformate subito

I giornali hanno dato notizia dei costi assurdi ed esorbitanti dei giornalisti Rai al seguito del presidente del Consiglio Matteo Renzi al G20 a Brisbane in Australia. Sono partite - come I socialisti al seguito di Craxi in Cina negli anni Ottanta - tutte le 5 troupe di Tg1, Tg2, Tg3, RaiNews24, RadioRai, come se non facessero parte della stessa azienda.
Costo della "gita turistica"? 60mila euro. Chi paga? (Ugo La Malfa, cit.) Il contribuente, ovvio. Infatti ogni anno il deficit della Rai viene finanziato - tramite il trasferimento compiuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanza (Mef, azionista di maggioranza della Rai), che prende parte delle nostre imposte e le versa sul conto corrente Rai, una sanguisuga.

L'altro giorno ascoltavo l'ottima Radio24, dove Giovanni Minoli raccontava la storia giudiziaria - terribile - di Enzo Tortora, accusato da sedicenti pentiti - le cui dichiarazioni non furono malauguratamente ed inopinatamente passate al vaglio di (pessimi) magistrati, che poi hanno fatto carriera - di spacciare droga per conto della camorra. Tortora, dopo una condanna in primo grado, fu poi assolto in appello e in Cassazione.

A un certo punto Minoli, che compie un'opera meritoria riportando all'attenzione molte storie del passato, ha ricordato che Tortora fu licenziato in tronco dalla Rai dopo una sua intervista al settimanale "Oggi" in cui definiva l'ente radiotelevisivo come "un jet supersonico pilotato da un gruppo di boy scout che litigano ai comandi, rischiando di mandarlo a schiantarsi sulle montagne". Che lungimiranza, caro Enzo!

Un'analisi dell'anno scorso di Riccardo Gallo sull'Espresso evidenziava come il costo del lavoro medio di un dipendente Rai è di 93mila euro, quasi il doppio di quello delle medie e grandi società italiane. Siccome il servizio pubblico nel 2013 è costato 346 milioni più degli introiti da abbonamento (1.737 milioni), ne deriva che il numero dei dipendenti in esubero per riquilibrare il servizio pubblico è di 3.733 dipendenti. Chiosa Gallo: "Ecco, in Rai uno su tre è obiettivamente di troppo".
Nonostante le redazioni dei Tg Rai siano ancora strutturate come prima della caduta del Muro di Berlino, le resistenze al piano di riforma disegnato dal direttore generale della Rai Luigi Gubitosi sono fortissime.
Renzi ha tutto il sostegno delle persone dotate di raziocinio. Vada avanti nella riforma della governance della Rai, il cui consiglio di amministrazione è nominato non dall'azionista (Ministero dell'Economia), ma dai presidenti delle Camere. Siamo nel mondo dell'assurdo.
Le prime proposte di riforma del governo societario della Rai risalgono ai tempi di Claudio Demattè, (mio professore di laurea in Bocconi) nominato (da Napolitano, allora presidente della Camera) presidente della Rai nel 1993 - ai tempi della cosiddetta "Rai dei professori" (Elvira Sellerio, Murialdi, Benvenuti, Gregory)
Un bel ricordo del prof. Demattè - professore eccelso, le sue lezioni me le ricordo ancora oggi -, prematuramente scomparso a 62 anni nel 1994, è stato scritto da Francesco Giavazzi e si chiudeva così: "L'impegno civile era per Demattè una passione, e forse anche un divertimento. Di persone così, capaci di coniugare lavoro e partecipazione attiva, a Milano se serviranno tante".