lunedì 21 settembre 2015

Il Califfato islamico aiuta l'integrazione in Occidente, tramite l'emigrazione

Come ha evidenziato tempo fa Bernard-Henry Lévy sul Corriere della Sera il Califfato islamico o Isis - nato essenzialmente per bloccare la globalizzazione - sta causando il più grande flusso migratorio intercontinentale che la storia ricordi.
La sconfitta culturale di queste persone ossessionate sta tutta nella fuga dei loro vicini di casa. Nato per difendere il mondo musulmano dalla contaminazione con l’Occidente, il Califfato conquista terreno con le armi scatenando una vera e propria guerra civile. La conseguenza è la migrazione di migliaia di musulmani verso l’Europa. La risultante complessiva è una formidabile accelerazione dell’osmosi tra popoli di continenti, culture e religioni diverse.

In relazione a un possibile intervento militare in Siria, a fianco del terribile Bashar Assad, mettendo insieme Russia e Stati Uniti, l'ex presidente del Consiglio Giuliano Amato pensa che si sia superata la misura e che sia necessario fare qualcosa contro l'Isis, definito un pericolo paragonabile al nazismo. In una intervista a Claudio Cerasa, direttore del Foglio, il dottor Sottile dice:

Bisogna mettersi in testa che la minaccia costituita dallo Stato islamico è una minaccia non inferiore a quella rappresentata dal nazismo nello scorso secolo. E se ci fosse un Kissinger - è appena uscito il volume di Niall Ferguson, Kissinger; 1923-1968 (Penguin Press), per chi si volesse cimentare sono oltre 1.000 pagine - in Europa non avrebbe dubbi su che fare. Non possiamo fronteggiare l’onda lunga della fuga dei siriani senza affrontare in modo efficace il problema siriano. E a questo fine non bastano i droni”. Giuliano Amato si schiera per un’azione militare proporzionata al livello della minaccia, quindi superiore rispetto agli attuali bombardamenti, iniziati un anno fa e finora incapaci di far arretrare l’ISIS.
”Se dovessi immaginare una soluzione ideale come modello per portare avanti un intervento militare immagino quel che abbiamo fatto nei Balcani: robusto intervento militare e promozione di poteri locali misti”. Il giudice costituzionale esclude che la nostra Carta impedisca una simile azione. ” L’Italia ripudia la guerra solo come mezzo di aggressione degli altri, ma non la esclude affatto per difendersi. E per difenderci dall’ISIS non dobbiamo aspettare che arrivi in Pianura padana”.

Henry Kissinger
Nella realpolitik internazionale vale il concetto che il nemico del mio nemico è mio amico, per cui dobbiamo sperare che Obama si metta d'accordo con Putin per aiutare il pessimo Assad a sconfiggere militarmente il Califfato Islamico, prima che la sua espansione in Kurdistan, in Iraq e in Siria diventi letale".

L'Occidente rischia di sbagliare in qualsiasi caso. Se non interviene, l'Isis si allarga. Se interviene, viene accusato di infrangere la sovranità altrui. Un bell'impasse.

mercoledì 16 settembre 2015

Quando dall'estero si critica l'austerity, è opportuno conoscere la realtà italiana. Altro che austerity, esiste da sempre il Partito della spesa

In questi 7 anni di crisi economica abbiamo spesso visto diversi economisti stranieri criticare l'austerità, che in Italia non c'è mai stata poichè la spesa corrente primaria - ossia al netto degli interessi sul debito pubblico esistente - è sempre salita dal 1955.

Martedì 15 settembre l'economista americano James Galbraith intervistato su Repubblica ha evidenziato che "l'ossessione per il debito e la finanza pubblica ha portato l'Europa a sprofondare nella recessione". Galbraith dall'alto della sua conoscenza, lontanissimo negli Stai Uniti ci viene a fare la lezioncina di politica economica, ma l'Italia la conosce ben poco.
Lo aiutiamo noi. Il 13 settembre su Repubblica-Palermo Antonio Fraschilla ci informa che in Sicilia sono ci sono 76 dirigenti del dipartimento dei Beni culturali senza incarico, ossia pagati per non fare nulla. Abbiamo già parlato su questo blog dell'assurda situazione dell'Assemblea Regionale Siciliana, dove esistono degli impiegati la cui mansion è portare le carte fisicamente da un ufficio all'altro. Federico II si sta rivoltando nella tomba.

I 76 manager senza incarico sono solo il 4,2% dei 1.818 dirigenti della Regione siciliana censiti a fine 2013 (nel 2015 saranno sicuramente di più). In diversi casi, i dirigenti dirigono se stessi, nel senso che non hanno sottoposti. Hanno un ufficio tutto loro come il direttore del parco archeologico di Morgantina, famosissimo nel mondo, eh. In tutte le regioni italiane a statuto ordinario i dirigenti complessivi sono 2.152. E' noto, peraltro, che il dirigente pubblico, al contrario di quello privato, è di fatto illicenziabile.

Aspettiamo con ansia il prossimo decreto per salvare la Regione Sicilia che ha un buco nei conti colossale. Per miliardi di euro. Nell'attivo ha ancora dei crediti per le aree sottoutilizzate (fondi FAS) che non esistono più. Nel frattempo sotto Palazzo dei Normanni stazionano a fumare una sigaretta decine di autisti nei pressi delle numerosissime auto blu, rigorosamente straniere, Audi A6 in primis.

Se Sergio Marchionne avesse, per ipotesi, pieni poteri e potesse cambiare le regole e gli incentivi nella pubblica amministrazione, licenziando anche i nullafacenti, il risparmio di spesa corrente sarebbe nell'intorno dei 100 miliardi di euro l'anno. Se la spesa corrente non viene ridotta, non ci saranno mai le risorse per gli investimenti.

Caro Galbraith, in Italia l'austerity non c'è mai stata. Ciò che è sempre esistito è il "partito della spesa" (copyright Guido Carli).

giovedì 10 settembre 2015

11 settembre 2001, una data da non dimenticare

Sono toccanti le parole del Memorial September 11, che ogni anno invita a commemorare e non dimenticare tutti coloro che sono deceduti nelle Torri Gemelle quella tragica mattina del 2001: "As the anniversary of September 11 approaches, our thoughts are once again with all those who lost loved ones on that tragic morning. We remember the names, faces, and lives of the men, women, and children who were killed, and look for ways to ensure that each and every one of them is not forgotten. As we commemorate here at the Memorial, we invite you to join us in remembering September 11 and all that this day means".

Non dimentichiamo. Lo scrittore Christian Salmon l'altro giorno su Repubblica ha spiegato come l'11 settembre abbia dato via alla guerra delle narrazioni (alias storytelling): "La posta in gioco non sono più dei territori o delle risorse naturali, ma il controllo della narrazione dominanti, l'attenzione e il credito che riceve. Questa guerra ha come teatro delle operazioni non più i campi di battaglia tradizionali, ma gli schermi dei nostri computer e cellulari, e come armi non più aerei e carri armati, ma storie, immagini, metafore che circolano sui social network. E' una guerra che mobilita immagini e parole ai fini di persuasione o seduzione".


September 11 Memorial
Salmon vuole dirci che, nell'era della civiltà delle immagini, l'attentato dell'11 Settembre 2001 non era solamente mediatico, ma media-attivo, nel senso che l'effetto di stupore prodotto dale immagini prosegue la sua azione corrosive molto tempo dopo l'evento. Si ha una "trasfusione di terrore" attraverso le immagini della tv e sui nostri smartphone.

Come parlarne con i nostri figli? Nell'era della trasparenza, una riflessione è dovuta. Io sono stato al September 11 Memorial. E' una visita che va fatta. Perchè la memoria è la risorsa che ci consente di elaborare il lutto e trovare le forze per andare Avanti e guardare con fiducia al futuro.

mercoledì 2 settembre 2015

Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa vive ancora in tutti noi

Verso la fine del colloquio di maturità, la mia mente improvvisamente si ricordò di Ugo Foscolo e recitò al volo il celebre passo dei Sepolcri

A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta.

Passati decenni dal lontano 1989, ho la consapevolezza di dire che il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa rappresenti l'urne de' forti, un forte stimolo a compiere egregie cose. Nonostante sia stato barbaramente assassinato, Dalla Chiesa vive in tutti noi. Personalmente mi  recherò domani in Piazza Diaz alle 18.30 per la commemorazione.

Il 3 settembre cade l'anniversario del barbaro assassinio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, di sua moglie Emmanuela Setti Carraro e dell'agente di scorta Domenico Russo.

Dalla Chiesa, sceso a Palermo nella primavera del 1982 come Prefetto, cercò di combattere il fenomeno mafioso - che lui conosceva bene avendo comandato dal 1966 al 1973 la legione dei carabinieri di Palermo - non solo a livello repressivo, ma lavorando sui diritti dei cittadini, ridotti a sudditi da parte della criminalità organizzata.

La A112 del Generale Dalla Chiesa crivellata di colpi
Il giudice Gian Carlo Caselli, collaborator di Dalla Chiesa sul fronte del terrorismo - ha ricordato: “Dalla Chiesa ha occupato gran parte dei suoi 100 giorni come Prefetto di Palermo a parlare ai ragazzi delle scuole, agli operai dei cantieri navali, alla cittadinanza. Perchè sapeva che l’antimafia “delle manette” deve intrecciarsi con l’antimafia “dei diritti”. Altrimenti non si risolve nulla”. Caselli ha definito in passato il Generale Dalla Chiesa "un servitore dello Stato fino all'estremo sacrificio".

Nell’intervista – testamento spiritual, tutta da leggere - a Giorgio Bocca 23 giorni prima di essere ucciso, il Generale Dalla Chiesa disse: “Ho capito una cosa, molto semplice ma forse decisiva: gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi caramente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia, facciamo dei suoi dipendenti i nostri alleati”.

Dalla Chiesa impersonava il potere, che in Italia viene considerato un qualcosa di negativo. Occorre distinguere, tra potere responsabile e potere irresponsabile. Ci viene in soccorso Marco Vitale, economista d'impresa, che ha scritto in proposito una pagina notevole:


"Io insegno ai miei studenti che il potere è connaturato all’uomo; che non esiste attività umana senza potere, e che non esiste potere senza responsabilità; che la scelta è, piuttosto, tra i fini per i quali esercitare il piccolo o grande potere che ci viene assegnato, tra potere responsabile e potere irresponsabile; che non dobbiamo fuggire dal potere, ma anzi addestrarci a gestirlo, nelle grandi e nelle piccole cose, con responsabilità e per finalità positive. Paolo Baffi, il generale Dalla Chiesa, Giorgio Ambrosoli: questi uomini, semplicemente facendo fino in fondo il loro dovere professionale, esercitavano un potere. Ed è una grande fortuna che, anche nei momenti più neri, vi siano uomini che non fuggono davanti alla necessità di esercitare, con responsabilità e con l’accettazione consapevole dei rischi connessi, il loro potere. La nostra società non è ammalata di troppo potere, ma, caso mai, di troppo poco potere, di potere troppo concentrato, di potere irresponsabile, che non viene chiamato a corrette rese di conto, di potere oscuro. Essa è piuttosto malata di ingiustizia".

Segnalo il commovente ricordo cinematografico della nipote del Generale, Dora Dalla Chiesa.

Ti sia lieve la terra, caro Generale Dalla Chiesa.