lunedì 26 ottobre 2015

Women in gold, Adele Bloch-Bauer, Klimt, il falco Volcker e la bagarre sui beni sottratti agli ebrei

Helen Mirren, che già abbiamo avuto modo di apprezzare nell'interpretazione di Queen Elisabeth II, è la bravissima protagonista di Women in gold (nome che i tedeschi attribuirono al dipinto per nasconderne la vera provenienza), film che vi consigliamo di andare a vedere.

Come scrive Wikipedia, il film è basato sulla storia vera della defunta Maria Altmann, una sopravvissuta all'Olocausto, che, insieme al giovane avvocato E. Randol Schönberg, ha combattuto il governo austriaco per quasi un decennio per recuperare l'iconico quadro di Gustav Klimt Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (dipinto nel 1907) appartenuto a sua zia, che era stato confiscato dai nazisti a Vienna poco prima della seconda guerra mondiale.

Helen Mirren
Dopo essere stato realizzato a Vienna e commissionato da Adele, la moglie dell'industriale Ferdinand Bloch-Bauer, essa chiese al marito di donarlo, assieme ad altre opere di Klimt in suo possesso, alla Österreichische Galerie Belvedere dopo la sua morte. Quando i nazisti invasero l'Austria, il marito, rimasto vedovo, dovette fuggire dall'Austria per rifugiarsi in Svizzera. La sua proprietà, così come i suoi dipinti realizzati da Klimt, vennero quindi confiscati. Nel suo testamento del 1945, Bloch-Bauer designò il suo patrimonio ai propri nipoti, includenti Maria Altmann.
Mentre i dipinti di Bloch-Bauer rimasero in Austria, il governo austriaco sottolineò che, secondo il testamento, dovevano rimanere in quella nazione. Dopo una lunga battaglia legale avvenuta in Austria e negli Stati Uniti (nota come Republic of Austria v. Altmann), una corte di giudici stabilì, nel 2006, che il ritratto di Adele, assieme ad altre opere di Klimt, doveva rimanere in possesso di Maria Altmann.
Per gli appassionati di battaglie giudiziarie, sulla rete trovate interessanti dettagli sulla decisione della Corte Suprema Americana, sotto la voce Republic of Austria vs. Maria Altmann

Maria Altmann con il ritratto di Adele
Durante il mese di giugno del 2006, le opere di Klimt vennero vendute in un asta da Christie's e se li aggiudicò Ronald Lauder, erede dell'impero Estee Lauder, per 300 milioni di dollari (il Ritratto di Adele Bloch-Bauer fu valutato 135 milioni di dollari, oggi vale molto di più). Un mese più tardi, il ritratto venne quindi esposto in mostra permanente nella Neue Galerie di New York di Lauder, come richiesto da Maria Altmann (da notare che i magnati negli Stati Uniti creano collezioni uniche al mondo, aperte al pubblico, in Italia comprano calciatori e squadre di calcio).

Ciò che il film non racconta è un fatto molto rilevante. Dopo aver combattuto e vinto negli anni Ottanta la battaglia contro l'inflazione, Paul Volcker, autorevolissimo banchiere centrale americano, di origine ebraica (qui trovate il suo profilo sul sito della Federal Reserve ), venne nominato nel 1996 presidente del comitato per la restituzione dei beni sottratti agli ebrei durante il dominio di Hitler. Le banche svizzere nicchiarono per un bel po', poi cedettero. Così si racconta sul sito swiss.info:
"Nel maggio 1996, l'Associazione svizzera dei banchieri e diverse organizzazioni ebraiche creano una commissione paritetica composta di persone eminenti e guidata dall'ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker. Essa era incaricata di effettuare verifiche indipendenti, al fine di identificare i conti bancari svizzeri in giacenza".

Paul Volcker
Senza la pressione della lobby ebraica negli States, senza la credibilità di Volcker, senza un movimento d'opinione a favore della restituzione, Maria Altmann non avrebbe potuto vincere la  sua sacrosanta battaglia.
Dopo la svolta del 1996, in cui per la prima volta le banche svizzere sono state costrette a collaborare nella restituzione dei beni, il giornalista investigativo austriaco Hubertus Czernin si mise a lavorare sul caso, convinto di poter trovare dei documenti cruciali. Così successe nel 1998, li mise a disposizione di Maria Altmann, che iniziò la sua avventura giudiziaria.

Le persone sono in grado di cambiare gli eventi. La forza delle idee genera credibilità e autorevolezza. Quando parla Paul Volcker, ancora oggi, eh, - di cui si ricorda sempre la battuta per cui l'ultima innovazione interessante nel mondo della finanza è il bancomat - tutto il mondo si pone in ascolto. Anche lo Stato austriaco (i cui funzionari nel film sembrano degli emeriti scemi) ha ben pensato, nel corso dell'arbitrato di Vienna, che fosse meglio per l'immagine dell'Austria restituire il quadro di Adele Bloch-Bauer a Maria Altmann.

Non vedo l'ora di andare a New York sulla Quinta per apprezzare il quadro di Klimt!

lunedì 19 ottobre 2015

Inside out - la vittoria delle emozioni sul libero arbitrio

La teoria dell'efficienza dei mercati finanziari prevede che gli investitori siano totalmente razionali, e quindi compiano le scelte basandosi solamente sulle informazioni attualmente disponibili. Ma soprattutto che l'homo economicus fondi le proprie decisioni solo attraverso la logica e la razionalità. Non è così, evidentemente.
Quando l'efficienza è massima, si sostiene la non prevedibilità dei mercati in virtù del fatto che le informazioni sono immediatamente assorbite dai prezzi.

Nella mia tesi di laurea nel lontano 1994 riportai Eugene Fama e i suoi studi, corroborandoli con l'evidenza che il prezzo del succo d'arancia fosse immediatamente correlato con le previsioni del tempo in Florida (che abbonda di aranceti).

Tutti ricordano il film "Una poltrona per due", il cui titolo originale era "Trading places", il luogo dove avvengono le contrattazioni. In quel caso proprio - come avviene a Chicago - del succo d'arancia.

Nel film Inside Out che ho visto con i miei figli questo week end, il regista prende la posizione opposta ai teorici dei mercati efficienti, descrive mirabilmente quanto le emozioni impattino sulle nostre scelte.
Il difetto del film è l'assenza di un qualsivoglia ruolo delle facoltà razionali. Sembra che le persone reagiscano solo su base emozionale.
Un tantino esagerato. Come nella finanza, sappiamo bene che i mercati non siano sempre efficienti. Hanno scommesso sui cdo (collateral debt obbligation) americani di pessima qualità - con mutuatari ninja (no income, no income, no asset, no job).  Hanno pagato spread risibili negli anni scorsi sull’Italia, la Spagna e la Grecia, sottovalutando pesantemente il rischio di credito.

Ciò non toglie che i mercati finanziari nel medio termine svolgano correttamente il loro lavoro di allocatori della ricchezza.

Una scena significativa del film evidenzia come l'uomo a cena sia completamente avulso dai discorsi familiari, e invece concentrato su una partita di calcio.

Sarà anche così, ogni tanto, ma non sempre. Il calcio conta eccome (sono tornato scornato ieri sera dopo un'Inter mediocre). Ma nella mia testa, c'è anche dell'altro (oltre a Paolo Baffi, beninteso).

Insomma un film divertente, ma non esageriamo.

mercoledì 14 ottobre 2015

L'esempio di Virginio Rognoni, il caso Mantovani e la trappola del populismo

Settimana scorsa ho avuto il privilegio di essere invitato a Pavia al Collegio Ghislieri - uno dei più antichi del mondo, fondato nel 1567 da Papa Pio V - dove è avvenuta la premiazione di due alunni: il prof. Riccardo Puglisi, vincitore del Premio Ghislieri 2015, e il prof. Virginio Rognoni, a cui è stato conferito il Premio Ghislieri alla carriera.

Nella sala gremita in ogni ordine di posti, i due premiati hanno preso la parola e illuminato la platea con le loro lectiones magistrales.
Virginio Rognoni (uno migliori politici democristiani)- più volte ministro (dell'Interno, nei durissimi anni del terrorismo, e della Giustizia), vicepresidente del Csm - ha intitolato il suo intervento "L'esperienza nelle istituzioni come servizio civile".


Virginio Rognoni
Rognoni è partito da lontano, dall'8 settembre 1943, data dell'armistizio con gli americani, per lui il giorno di iscrizione al Collegio Ghislieri, mentre frequentava la facoltà di giurisprudenza all'università statale di Pavia. Verranno poi tempi felici appena finita la Guerra. Rognoni, appassionato crede nella politica al servizio delle istituzioni, non nel potere arrogante della politica, contro la quale bisogna usare l'ironia e lo sberletto (parole sue).

Sul potere arrogante, abbiamo un esempio fresco fresco: Mario Mantovani, arrestato ieri dalla procura di Milano per corruzione aggravata, concussione e turbativa d'asta, plenipotenziario di Forza Italia in Lombardia, imprenditore nella sanità (tramite la moglie), dove voleva fare il bello e il cattivo tempo. Marco Vitale (che ha vinto l'anno scorso il Ghislieri alla carriera) ha spiegato stamane su Repubblica-Milano che "il moltiplicarsi degli episodi di corruzione è la conseguenza di una concezione proprietaria dello Stato (...). Sulla sanità lombarda è stato praticato il saccheggio perchè chi governava si riteneva padrone assoluto".
Siamo proprio agli antipodi della concezione della politica di Virgilio Rognoni., E' per questo che persone come Rognoni vanno ricordate e poste all'attenzione perchè i politici non sono tutti uguali.

Un altro passaggio interessante dell'intervento di Rognoni riferisce della lotta di potere all'interno delle istituzioni durante il terrorismo nero e rosso degli anni Settanta/Ottanta: "Felice è stata la scelta in quei frangenti, di affidarsi alle forze di polizia e carabinieri e non a consulenti esterni". Un velato riferimento alla volontà del ministro dell'Interno Francesco Cossiga di affidarsi ai consulenti del dipartimento di stato americano (vedasi il ruolo di Steve Pieczenik) durante il sequestro di Aldo Moro?
Intensi furono i rapporti tra Rognoni e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con il quale condivise lo strumento della confisca dei beni per combattere il fenomeno mafioso. Virginio Rognoni con Pio La Torre, poi barbaramente assassinato nel 1982, scrisse materialmente la legge n. 646 del 6 settembre 1982, con la quale si definì il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Rognoni è pacato ma le sue parole sono sferzanti e dense di significato. Cita Aldo Moro: "La politica è fatta di forza ma ci deve essere un fondamento ideale", per poi spiegare come la buona politica deve avere il requisite della verità.
Rognoni, 91 anni portati splendidamente, chiude la sua lectio con un riferimento commovente: "Ancora soffro per le vite spezzate, le vittime di mafia e terrorismo, che fanno parte della memoria del Paese". Applausi sentiti per un galantuono del Novecento, per un politico che ha vissuto pienamente i suoi tempi.


Riccardo Puglisi
E' la volta di Riccardo Puglisi, professore associato di economia politica all'Università di Pavia, collaboratore del Corriere della Sera e dell'Linkiesta, nonchè redattore della voce.info. Vivace, arguto, con un forte senso critico, Riccardo è un abile conversatore. Riesce quindi, a braccio, a farsi ascoltare dalla platea, consapevole che parlare dopo Rognoni è una bella sfida.
Puglisi sceglie di trattare il tema "Euro ed Europa: una terza via tra idealismo e demagogia", un argomento quanto mai attuale con i demagoghi Matteo Salvini e Beppe Grillo che imperversano nel Paese alla ricerca di consenso. Un consenso malato perchè basato sulla fuffa.
Dopo la drammatica estate greca i fautori dell'uscita dell'Italia dall'euro si sono fatti più cauti. Le file dei greci piangenti davanti agli sportelli chiusi delle banche deve far riflettere.
Puglisi sottolinea come ci sia una forte divergenza di opinioni tra la generazione dei padri/nonni e la nostra generazione, che guarda con "occhi più disincantati" al progetto europeo: "In maniera colposa o dolosa, questo disincanto può velocemente trasformarsi nella demagogica ricerca di un capro espiatorio".
"Uno spettro si aggira per l'Europa", dice Puglisi, si vuole addossare all'Europa la colpa di tutti i mali del mondo. Ma cosa sarebbe successo senza Euro e UE? Puglisi si cimenta in quella disciplina tra storia e immaginazione: l'ucronìa, ovvero lo studio del "non tempo", un esercizio controfattuale. Il fine è costituire una sorta di antidote contro il veleno populistico che considera l'Europa e l'Euro un mostro da combattere.
Con colossi come la Cina, l'India, gli Stati Uniti, come si può pensare che la piccola Italia possa giocare un ruolo economico e politico se fosse da sola, nei mari in gran tempesta? Solo i gonzi possono pensarlo: "Vi sono buone ragioni perchè un'Italia e una Grecia che non siano membri dell'Unione Europea - semplicemente perchè essa non esiste - vengano risparmiate da questi flussi migratori? Sotto quale forma di alleanza internazionale alternative Italia e Grecia troverebbero qualche aiuto esterno?". Sono domande alle quali i populisti nostrani non sanno rispondere.

Collegio Ghislieri

La verità è che l'Italia ha basato la propria politica economica sul deficit spending (che ha fatto esplodere il debito pubblico) e le svalutazioni competitive. Terminate queste due opzioni, grazie al Trattato di Maastricht e all'euro, l'Italia deve pensare a come migliorare la propria produttività totale dei fattori tramite l'innovazione e il progresso tecnologico. Lo saprà fare? Ai posteri l'ardua sentenza.

Puglisi chiude tra gli applausi il suo intervento invitando l'Unione Europea a raccontare che cosa sarebbe successo ai suoi cittadini se non fosse mai nata, una sorta di "uchronic telling". Chissà se da Pavia il messaggio è giunto a Bruxelles e Strasburgo.

Ciò che conta è l'esperienza personale. Mentre tornavo verso Milano, dopo la cena nel porticato del Collegio Ghislieri, ho pensato a quanto queste due lezioni di Rognoni e Puglisi siano fonte di pensiero e azione. L'Italia è piena di persone serie e preparate. Mettiamole in condizioni di lavorare per il bene comune.

martedì 6 ottobre 2015

In Francia il comunismo non è morto e lo Stato sociale non basta più

Xavier Broseta., direttore personale di Air France
La foto del direttore del personale di Air France che scappa con la camicia strappata - tenendo stretto il suo tablet nelle mani - inseguito dai lavoratori è qui a ricordarci che la flessibilità del lavoro non è ancora entrata nella zucca dei lavoratori europei, viziati da uno Stato sociale che non ha più le risorse per tutelare tutti i lavoratori.
Mentre i giovani hanno capito da tempo che la flessibilità dei rapporti di lavoro (il precariato detto più volgarmente) è strutturale, gli altri, i più avanti con l'età, pretendono che il welfare state li accompagni in pensione a 45 anni (modello Termini Imerese, per intendersi, cassa integrazione a vita per tutti, tanto paga Pantalone).

Abbiamo quindi un sistema duale: i giovani, senza alcuna tutela, e i meno giovani stretti, ancorati al posto di lavoro, inamovibili, con stipendi nettamente maggiori, anche se la produttività è nettamente più bassa (vedasi gli studi di Andrea Ichino).

Il sistema non regge più. L'Europa ha il 7% della popolazione, il 25% del Prodotto lordo, il 50% delle spese per il Welfare State. Quest'ultimo, andando contro il dettato di William Beveridge, autore del Rapporto omonimo (Report of the Inter-Departmental Committee on Social Insurance and Allied Services) del 1942, è stato costruito come se l'economia fosse in uno stato perenne di "miracolo economico", come se un lavoratore avesse nella sua vita un singolo datore di lavoro. Se si perde il lavoro perchè l'azienda chiude, l'unica alternativa è rapire o sequestrare i manager o legarsi con le catene sopra un silos.

Bettino Craxi
Dove era la politica quando il mondo cambiava? Si sollazzava gridando a tutti: "E la nave va" (Bettino Craxi, cit.). La politica economica è stata fondata sul defict spending e le svalutazioni competitive. Col blocco della spesa pubblica (grazie al Trattato di Maastricht), e la fine del deprezzamento della lira/introduzione dell'euro ha decretato la conclusione di un'epoca.
Dove erano i giuristi dei diritti per tutti, come il prof. Ro-do-tà sempre in tv, quando la natalità si invertiva rendendo insostenibile il sistema pensionistico retributivo?

La Francia è messa addirittura peggio di noi, la sinistra ortodossa e corporativa è potente. Il corollario è che l'incidenza della spesa pubblica sul Pil supera il 56%, mentre noi italiani siamo "solo" al 51,1%.
Cosa aspettiamo a modificare il nostro welfare State? Cosa fa la politica per favorire politiche di flexsecurity?

giovedì 1 ottobre 2015

Il caso Volkswagen è la dimostrazione di una profonda differenza culturale tra Stati Uniti ed Europa

La truffa Volkswagen è l'argomento del giorno. Mai e poi mai un italiano avrebbe potuto pensare che la seconda casa automobilistica del mondo (la prima è Toyota) agisse così smaccatamente con l'obiettivo di prendere in giro i consumatori e le autorità di controllo dell'inquinamento dei motori diesel, notoriamente più inquinanti dei motori a benzina.

Se fosse stata la Fiat a organizzare questo colossale inganno, tutto il mondo ci avrebbe dato addosso confermando nella percezione che l'italiano è un soggetto poco affidabile.

Adesso per la Volkswagen nulla sara più come prima. Dopo le dimissioni dell'amministratore delegato Martin Winterkorn, sarà tutta la governance del colosso tedesco da cambiare. Questo non è infatti il primo episodio anomalo. Pochi ricordano che qualche anno fa la Volkswagen fu protagonista in borsa di un rialzo assurdo poco dopo la crisi Lehman. Porsche rastrellò segretamente il 43% delle azioni Volkswagen e un altro 31% tramite derivati. In due giorni il titolo Volkswagen guadagno il 500% poichè gli operatori ribassisti - short - sul titolo furono costretti a ricoprirsi ma il flottante scarseggiava, tirando su il titolo all'impazzata.

Credo che una riflessione vada fatta sulla diversità culturale tra Stati Uniti ed Europa. Quando entriamo negli Stati Uniti, nel compilare il form in aereo, noi europei sorridiamo quando ci viene chiesto se siamo mai stati condannati per reati penali, se siamo in possesso di armi o altre domande apparentemente assurde, ma che sono tenute in considerazione dalle autorità americane, che non tollerano bugie e malafede. In America contano due cose: l'accountability e l'enforcement. Bisogna rendere conto dei propri comportamenti, in modo trasparente e chiaro, senza opacità e se si infrangono le regole, la punizione è immediata, la sanzione è pesantissima, non a babbo morto, come da noi in Italia.

Non è stato sottolineato abbastanza che la Volkswagen ha ammesso di aver truffato il software di misurazione dell'emissioni inquinanti solo dopo che il direttore dell'International Council on Clean Transportation (ente privato, finanziato da privati) ha indotto l'Epa, United States Environmental Protection Agency, a minacciare il blocco delle vendite negli Stati Uniti delle vetture Volkswagen. Se non fossero stati messi alle strette, i tedeschi non avrebbero ammesso alcunchè.

In Europa, invece, vale il detto "carta canta". Se le carte sono a posto, puoi continuare a ingannare il prossimo per decenni (vedi caso Parmalat, dove con uno scanner erano in grado di riprodurre depositi bancari per miliardi di euro).
Come ha documentato il Financial Times il 28 settembre - EU was warned two years ago over VW-type emission cheat devices - i funzionari dell'Unione Europea hanno chiuso tutti e due gli occhi in presenza di anomalie nella misurazione delle emissioni inquinanti. La potente Germania si oppose ad andare a fondo. Le carte erano ok.

Negli Stati Uniti colui che ha investito causandone la morte la giovane sposa italiana Alice Gruppioni è stato condannato a 42 anni. Non ci saranno sconti di pena, indulti, condoni, leggi Gozzini. Uscirà tra 42 anni, se sarà ancora in vita (l'omicida ne ha 39). In Italia, per incidente colposo non si va neanche in galera .