mercoledì 29 marzo 2017

Personale Atm sciopera contro il bando di gara previsto dalla UE: una cosa senza senso

Il prossimo 5 aprile i lavoratori Atm sciopereranno perchè non sono d’accordo sulle regole europee che prevedono una gara pubblica di assegnazione del contratto di servizio dei trasporto pubblico locale (TPL). Peraltro in passato avevamo sostenuto il giorno dello sciopero sarebbe utile avere un conto economico giornaliero con ricavi (in calo per i biglietti e per i minori trasferimenti dal Comune per i minori viaggi effettuati, ma gli abbonamenti pro-quota ci sono) e costi (defalcati per il minor costo del lavoro). Chiedere è lecito e rispondere è cortesia, ma Atm, siccome il Comune di Milano sta zitto, non risponde al cittadino, ma solo a se stessa.

Il contratto di servizio in essere tra Comune di Milano e Atm – controllata al 100% dal Comune – scadrà il 1° maggio 2017, ma certamente verrà prorogato di un anno.  Ben diceva Arturo Carlo Jemolo: "L'Italia è una repubblica fondata sul riposo, con i loro figlio Santa Proroga e Santo Slittamento".
Addirittura il sindaco di Milano Beppe Sala - pessima uscita - ha dichiarato che non è detto che il bando si debba fare, potrebbe bastare un "affidamento in-house", ossia niente gara, Atm si prende tutto.

E’ veramente assurdo che i sindacati e il sindaco Sala si oppongano alla gara. Certo fanno il loro interesse, razionalmente. Usano lo sciopero per favorire la loro rendita, un posto fisso senza concorrenza, per i lavoratori, il consenso politico per Sala. Il migliore dei mondi possibili.  
Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri nel loro ultimo "I signori del tempo perso" (Longanesi, 2017) scrivono: "Liberalizzare (nel nostro caso possiamo scrivere 'affidare una concessione di un servizio in base ad una gara pubblica') significa toccare interessi, categorie, posizioni acquisite. Il problema è che la politica vive di consenso e un politico difficilmente si gioca il consenso di oggi in cambio di quello che potrebbe ottenere domani. Perché la perdita di consenso nell'immediato è certa, mentre i benefici futuri devono attendere. Ci vuole del tempo perché la maggioranza dei cittadini capisca i benefici di cui godrà grazie alla riduzione delle rendite".
Sentiamo la viva voce di Luca Stanzione, segretario generale Filt-Cgil di Milano: “Abbiamo elementi oggettivi per essere molto preoccupati. Chiediamo l’unicità dei servizi della mobilità a Milano a garanzia della qualità del lavoro e del trasporto pubblico. L’unico modo senzo noi è lanciare una gara con un lotto unico che includa il trasporto pubblico locale e i servizi accessori”. Oh, che bello il lotto unico! In tal modo si presenta solo Atm e vince. A mani basse perchè i competitor internazionali si presentano solo in presenza dello spezzettamento dei lotti, come prescrive l’Unione Europea.
Marco Ponti
Marco Ponti, già professore di Economia applicata al Politecnico di Milano, uno dei maggiori esperti di trasporti in Italia, scrive su Arcipelago Milano:

"Perché occorrerebbe una gara, quando ATM è continuamente descritta come un mostro di efficienza? Viviamo già nel migliore dei mondi possibili, e il dettaglio che ATM costi ai contribuenti un milione al giorno è trascurabile, il comune di Milano è ricco sfondato (...) Ma forse qualche rischio c’è, meglio stare sul sicuro ancora di più, ci sono certi barbari stranieri che per farci dispetto forse sarebbero disposti persino a chiedere al Comune, cioè ai contribuenti, meno soldi per fare il servizio. Ci possono certo essere ostacoli normativi di origine europea che costringono a fare queste fastidiose gare, ma cosa possono questi burocrati di fronte alla ferma e concorde volontà politica degli enti locali di tenersi ben strette fonti di "voto di scambio" con sindacati e fornitori, e posti ben retribuiti nei CdA a fine carriera?"
Dal momento della nascita, l’attività dell'autorità Antitrust italiana, come scrive Michele Polo  sulla voce.info, “si è sviluppata con accelerazioni e momenti di difficoltà, in un sistema economico che tuttavia, soprattutto nei grandi comparti dei servizi, dimostrava tutta la sua estraneità alla logica della concorrenza, facendo dire a uno dei primi presidenti dell’Agcm di una faticosa azione “di profeti in terra di infedeli”.
Prosegue Polo – ordinario di economia politica in Bocconi: “Assieme a questo passaggio importante, durante l’ultimo decennio dello scorso secolo, l’Unione europea ha promosso la liberalizzazione di alcuni grandi settori di pubblica utilità. La logica sottostante era basata sulla scomposizione verticale dei diversi segmenti, tra quelli che per loro natura erano monopoli naturali, tipicamente le grandi infrastrutture di trasporto dei servizi”.

In Italia la concorrenza ci piace solo quando sono gli altri a doverla applicare. Ma se la concorrenza non c’è il monopolista può far pagare il servizio al cittadino, che non ha armi per difendersi. E spesso il costo del servizio è alto.

Perchè scioperate il 5 aprile, chiede Ilaria Carra di Repubblica al sindacalista Stanzione. Risposta: “Perchè nell’immediato venga prorogato il contratto di servizio di Atm”. Bene, il sindacato si oppone alle norme europee. Buono a sapersi.
Ha ragione Michele Polo, la concorrenza porta vantaggi ai consumatori, che devono farsi sentire e dire ai sindacati che vivono nel mondo di utopia: “Le critiche alla globalizzazione, la mancata difesa delle fasce sociali che hanno sofferto nei grandi processi di redistribuzione delle produzioni e della ricchezza, non può far dimenticare come queste stesse categorie sociali sono state tra quelle che maggiormente hanno beneficiato, come consumatori a basso reddito, dei progressi del commercio internazionale e della concorrenza”.

Se il biglietto del tram costasse in trasparenza - come a Londra - 3 euro a corsa (invece che 1 euro e mezzo pagati dal cittadino direttamente e 1 euro e mezzo indirettamente attraverso la fiscalità generale che sussidia il servizio tramite trasferimenti dal centro alle municipalizzate, con passaggi in Regioni e Comuni per rendere il tutto ancora più opaco), il cittadino sarebbe molto interessato ad avere un competitor che offre ai cittadini lo stesso servizio, per dire, a 2 euro. Fino a che il biglietto costerà poco e sotto il prezzo industriale, sarà buon gioco dei concessionari proclamare scioperi, invocare fantasie inesistenti, blaterare contro le gare pubbliche (che magari li costringerebbero a una maggiore produttività), che grazie all'Unione Europea (non abbiamo festeggiato a Roma i 60 anni? Passata la festa, gabbato lo santo?) ci costringono a cose che fanno il bene dei consumatori.

lunedì 20 marzo 2017

Jesse F. Klaver (JFK), alla guida dei Verdi, è il vero vincitore delle elezioni olandesi

In quest'epoca contraddistinta dalla modernità liquida così ben descritta da Zygmunt Bauman, le elezioni politiche rischiano spesso di favorire i populisti che fanno leva sulla paura, la vera benzina dei demagoghi di oggi.
Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera invita a non cantare vittoria: "Le ragioni dell'ascesa del populismo sono ancora tutte lì, intatte. Crollo del potere d'acquisto del ceto medio; flussi migratori senza controllo, crisi dell'accoglienza e dell'integrazione".
Nelle elezioni olandesi di settimana scorsa, il Paese in larga maggioranza ha appoggiato i partiti filo-europei, mentre Geert Wilders ha accresciuto i seggi a sua disposizione ma è rimasto in minoranza.
L'attuale premier Mark Rutte dovrà comunque mettercela tutta per formare un nuovo governo. Liberali a parte, nessuna formazione supera il 13%. Il sistema proporzionale puro olandese è fonte di turbamento anche per noi italiani, che andremo a votare nel 2018 con un sistema simile (così pare). Tony Barber sul Financial Times - Voting system means game runs away from player on radical wing - sostiene che il sistema olandese "is designed to minimise the threat of extremism and it worked".

Il partito liberal conservatore guidato da Rutte ha preso 33 seggi (contro i 41 del 2012) su 150. Wilders ha guadagnato 5 seggi arrivando a 20 seggi. Dietro i liberali progressisti di D66 (19 seggi) si è piazzata la Sinistra Verde di Jesse Klaver con 14 seggi.
Jesse Klaver è un giovane immigrato (padre marocchino e madre per metà indonesiana) di 30 anni. Ha preso quasi tanti voti quanti Wilders, ma sostenendo l'opposto: frontiere aperte e società multietnica. Michele Serra su Repubblica ha sintetizzato così, accusando i media: "Hanno sottovalutato Trump (noi no!, ndr), hanno sopravvalutato Wilders, non sapevano niente di Jesse Klaver, trent'anni, araqo-indonesiano, cittadino europeo, vincitore morale delle elezioni in Olanda".

Klaver si fa forte con le iniziali del suo nome: "Non per niente mi chiamo JFK, Jesse Feras Klaver, praticamente come il presidente americano John Fitzgerald Kennedy". Come spesso succede, nelle città i più seri prendono voti. Nei sobborghi, così come negli States, vincono i populisti. La sfida, si gioca nelle campagne. Ad Amsterdam Klaver è stato il più votato.
Il programma dei Groenen Links? " I Paesi Bassi, dice Klaver, sono un paradiso fiscale per le multinazionali. E queste aziende non portano lavoro, mentre noi paghiamo le imposte che ci spettano". Stop al salvataggio dei banchieri (Zonin, ha sentito?), welfare più generoso, energie rinnovabili.

L'Europa ha vinto i quarti di finale; in aprile avremo le semifinali francesi e in autunno la finale tedesca. Sperem.

venerdì 10 marzo 2017

La Camera dei Lord inglese baluardo del pensiero

La notizia che la Camera dei Lord stia in qualche modo facendo riflettere  gli inglesi durante il processo di uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea è aria fresca.
Torna centrale un organo non elettivo creato nel 1341. Come scrive Gianluca Mercuri sul Corriere della Sera, "la Camera dei Lord pone seri paletti all'arbitrio del governo sulle modalità dell'uscita dall'Unione Europea: prima il voto che chiede la salvaguardia dei tre milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito, poi quello che invoca il diritto del Parlamento di pronunciarsi sull'accordo finale tra Roma e Bruxelles". Secondo gli eurofobi, i grillini d'Inghilterra, si tratterebbe di un attentato alla sovranità popolare. Il Guardian, storico giornale di sinistra, sottolinea invece come sia tornata a prevalere la sovranità parlamentare rispetto al dominio incontrollato del primo ministro Theresa May.

A me piace ricordare la Camera dei Lord come Camera dei Pari d'Inghilterra, l'elite di pensiero del Paese, persone nominate per merito tra la classe dirigente del Paese. Uomini liberi.
Dopo l'attacco politico-giudiziario guidato da Michele Sindona, Roberto Calvi e l'Italcasse, coordinato probabilmente dalla P2, con il silente consenso di Giulio Andreotti, il governatore della Banca d'Italia Paolo Baffi - persona di estremo rigore etico e professionale - decise di dimettersi nel settembre 1979 per non coinvolgere la Banca.

Il 10 ottobre 1979 Baffi ricevette una lettera dal segretario del Partito Comunista italiano Enrico Berlinguer, in cui si legge: "Nel momento in cui lascia il "suo incarico desidero rinnovarLe l'apprezzamento del nostro partito e mio personale per il ruolo che Lei ha Saputo svolgere nell'interesse del paese in momenti di grandi difficoltà, in delicate trattative internazionali (ingresso della lira nello SME nel marzo 1979, ndr),  e per il contributo che da Lei è venuto per salvare le ragioni di scambiocon l'estero e la nostra moneta. Con gli auguri alla Sua persona esprimo anche l'auspicio che le Sue alte capacità e competenze e la Sua dirittura trovino nuove possibilità per essere spese al servizio del paese".
Paolo Baffi

A stretto giro di posta, l'11 ottobre, Baffi, amareggiato è dire poco, chiudeva così la sua risposta al leader del PCI: "Circa la mia partecipazione alla vita italiana: gli ultimi tre governatori della Banca d'Inghilterra (Cobbold, Cromer, O'Brien) sono Pari d'Inghilterra; io, dopo 50 anni di lavoro, dei quali 43 alla Banca (24 in funzione di ricerca) a casa porto due incriminazioni. Il miglior contributo che posso dare in queste condizioni è forse quello di riflettere sulle ragioni per cui in questa società le forze del male possono siffattamente prevalere".

Averne di Pari d'Inghilterra anche in Italia, dove alla nostra Camera Alta, al Senato - disgraziatamente salvato dal NO al referendum per fare le cose che fa la Camera (bicameralismo paritario) - ci sono senatori come Antonio Razzi.

lunedì 6 marzo 2017

Analfabetismo funzionale causa primaria di disoccupazione e bassa produttività

La classe dirigente italiana (esiste ancora?) trascura alcune ricerche che dovrebbero essere seguite da un dibattito pubblico forte e serio. Mimmo Candito sulla Stampa del 10 gennaio scorso ha scritto che il 70 per cento degli italiani è analfabeta (legge, guarda e ascolta ma non capisce).

Perché queste persone sono diverse? “Perché”, scrive Candito, “sono incapaci di ricostruire ciò che hanno appena ascoltato, o letto, o guardato in tv e al computer. La (relativa) complessità della realtà gli sfugge, colgono soltanto barlumi…lampi di parole e di significati privi tuttavia di organizzazione logica, razionale e riflessiva”. La lettera-denuncia di 600 professori che lamentano la mancata conoscenza di lessico, grammatica e sintassi degli studenti provenienti dall’istruzione superiore coglie nel segno.

Come si fa a vivere, in un mondo sempre più complesso e competitivo, se non si comprende la realtà che ci circonda? Come si può sperare di trovare un buon lavoro se non si sa fare di conto e scrivere una lettera in un italiano, o inglese, corretto? Si fa un gran parlare di disoccupazione, ma non ci si sofferma sulla drammatica incompetenza dei nostri ragazzi, usciti da scuole sempre più contraddistinte dal lassismo. Non abbiamo letto di recente che anche con delle insufficienze, purché la media complessiva dei voti sia sufficiente,  si viene ammessi alla maturità. La produttività non può certo salire. Senza capacità di pensiero, ci si mette molto più tempo per risolvere un problema. Si lavora a vuoto. Spesso ci si lamenta di lavorare troppo, ma questo significa lavorare male per tante ore. In tal modo, essendo la produttività un rapporto tra “output” e “input”, la produttività scende.
Giovanni Giolitti

Dall’Unità di Italia del 1861 abbiamo fatto enormi progressi. L’analfabetismo, soprattutto al Sud era altissimo. Solo nel 1911 il governo guidato da Giovanni Giolitti (legge Daneo-Credaro, n. 487) ha introdotto l’istruzione elementare.

Marco Vitale, nel raccontare l’esperienza di Don Luigi Sturzo sindaco di Caltagirone dal 1905 al 1920, ricorda come il Procuratore della Repubblica, inaugurando a Caltagirone l’anno giudiziario del 1894, propose l’abolizione dell’istruzione elementare, introdotta da Giolitti. Il Procuratore, decisamente reazionario, scrisse: “Il saper leggere e scrivere ha dato luogo a molti inconvenienti e, specie nelle corruzioni elettorali, alla rovina morale delle masse”.

Anna Maria Lusardi
Una delle maggiori esperte al mondo di educazione finanziaria, Anna Maria Lusardi – nominata da Barack Obama responsabile del progetto nazionale di Financial Education (in Italia, ovviamente, la Lusardi non è stata ascoltata da nessuno, di recente al progetto di legge sulla Strategia nazionale di Educazione Finanziaria è mancata la copertura!) – ha scritto che il 30% degli italiani non sa calcolare quale sia il 2% di 100. E' necessaria l'ora obbligatoria di economia e finanza nelle scuole medie e superiori!
Possiamo concludere amaramente con le parole di Angelo Panebianco: “La democrazia funziona così: col tempo le distanze sociali e culturali fra gli elettori e le classi politiche tendono a ridursi. Tenuto conto dell’assordante silenzio sul disastro prodotto dal nostro sistema d’istruzione, il sospetto c’è: forse qualche analfabeta funzionale si è installato anche nei palazzi politici e amministrativi”.