martedì 28 novembre 2017

Amadeo Peter Giannini. Il banchiere che investiva nel futuro

Il volume sulla storia di Amadeo Peter Giannini, il banchiere che investiva nel futuro di Guido Crapanzano (Graphofeel editore, 2017) – numismatico di fama - arriva in un momento propizio per parlare dell’ethos, dei valori, delle convinzioni e dei comportamenti necessari per fare il banchiere.

Appena tornato dall'esilio svizzero, nel gennaio 1945, Luigi Einaudi venne nominato Governatore della Banca d'Italia. Nell'aprile 1945 lesse - con qualche momento di commozione per i caduti in guerra - la relazione sul 1943. Un passaggio decisivo è il seguente: “Le banche non sono fatte per pagare stipendi ai loro impiegati o per chiudere il loro bilancio con un saldo utile, ma devono raggiungere questi giusti fini soltanto col servire nel miglior modo il pubblico”.
Come ha scritto Marco Vitale, "queste parole rappresentano una efficace sintesi della concezione della banca come servizio, contrapposta a quella della banca come puro centro di profitto e di affari, che è diventata dominante nei decenni più recenti. È la stessa concezione che ha guidato altri grandi banchieri italiani che hanno contribuito a dare al Paese un sistema bancario sano e capace di sostenerne lo sviluppo: i Beneduce, i Menichella, i Mattioli, i Cingano, gli Arcuti, i Dell’Amore, i Baffi ed i grandi economisti italiani che si sono battuti per la concezione della Banca come servizio ed, in primo luogo, Federico Caffè".

1.      Purtroppo Amadeo P. Giannini in Italia lo conoscono in pochi. Sono molti di più coloro che conoscono Don Vito Corleone del Padrino, interpretato in maniera sublime da Marlon Brando. Italiani mai grati verso i migliori. Il male fa più notizia del bene.

Jorge Bergoglio con i suoi genitori
2.      Quanti italiani sono andati via dall’Italia perchè non avevano da mangiare!. Anche la famiglia Bergoglio, come ho scritto sul Sole 24 Ore. Il papà del Papa lavorava in Banca d'Italia, assunto nel 1926, per poi dimettersi nel 1929 per seguire la famiglia in Argentina; Luigi, il padre di Amadeo Giannini, era ligure, originario di Favale di Malvaro; Amadeo, nacque nei pressi di San Francisco (San Josè) nel 1870.

3.      I commercianti di frutta, come la famiglia Giannini, guadagnavano più degli agricoltori: “Quando  compri bene, hai già guadagnato”, veniva insegnato ad Amadeo, che ne fece tesoro. Sono le stesse considerazioni che fece Leonardo Del Vecchio - cresciuto da orfano ai Martinitt - che nega il suo denaro per l’acquisizione da parte di Tronchetti Provera di Telecom Italia - a debito - a prezzi di affezione: qui un botta e risposta tra il sottoscritto e Pirelli-Telecom;

4.      Quando a Giannini il consiglio di amministrazione della Bank of Italy propone un premio di 50mila dollari, Giannini rifiuta affermando che “chiunque desiderasse possedere più di mezzo milione di dollari, avrebbe docuto correre dallo psichiatra”. Nel libro “L’arte della mercatura” di Benedetto Cotrugli, mercante raguseo (di Ragusa, attuale Dubrovnik) del 1400, si legge che l’attività del mercante giova al bene comune e, per avere successo, deve esercitarsi nell’ambito rigoroso di uno stile di vita caratterizzato dalle virtù che sono proprie anche dei dettami della morale religiosa, della quale Cotrugli è sicuro conoscitore: operosità, frugalità, prudenza, onestà, moderazione, generosità. Fine dell’attività del mercante è di “acquistare con honore”. Quello che vale per i mercanti, vale anche per i banchieri.

5.      Il banchiere Giannini appoggia la campagna elettorale di James Phelan, brillante avvocato leader nella lotta alla corruzione. E’ un bene che i banchieri si occupino della società, non devono candidarsi, ma devono lavorare per una migliore civile convivenza (così in una lettera di Paolo Baffi a Giorgio Bocca del 1979, dopo i funerali, molto diversi, di Giorgio Ambrosoli e Antonio Varisco).

6.      Giannini frequenta personalità e protagonisti più interessanti dell’epoca, come Federico II di Svevia. Cenacoli culturali. Brain storming molto utile. Il banchiere della Comit Raffaele Mattioli soleva dire: "Perchè dovrei pagare delle persone che la pensano come me?". La valenza del dissenso intelligente.

7.      17 ottobre 1904 aprono gli sportelli della Bank of Italy, con un principio cardine, la banca presta atutti coloro che sono onesti e hanno un progetto valido. Merito di credito, anche per gli emigrati volenterosi e capaci che non avevano garanzie. Giannini si scontra alla Columbus Saving & Loans ed esce dalla compagine azionaria (ereditata). Yunus, il banchiere dei poveri, premio Nobel, non ha inventato nulla. Si devono chiedere referenze alla comunità di appartenenza del soggetto imprenditore.”Giannini esaminava ogni richiesta, valutandola personalmente e dedicando a queste attività  gran parte del suo tempo” (p. 96).

8.      “Il prestito è garantito dalla parola di chi lo riceve e come garanzia valgono i calli delle mani (p. 89). Inoltre, a nessun funzionario o dirigente sarà permesso di prendere a prestito un solo centesimo. Altro che debitori di riferimento!

9.      “Nessuno di noi speculerà mai sul mercato azionario. Ci dedicheremo solo all’attività bancaria”. Conta la gestione caratteristica. Sana e prudente gestione, massima aurea.

10.  18 aprile 1906: terremoto biblico in California. Dopo soli 6 giorni Bank of Italy riapre, Giannini esce con il carretto per prestare a chi conosce di persona. Esce lui! Grande esempio, anche oggi.

11.  Giannini finanzia Charlie Chaplin, così come Walt Disney. Come Raffaele Mattioli con Enrico Mattei e l’Agip.

12.  Giannini al termine della carriera si autoridusse lo stipendio (p. 161). Come Donato Menichella. Il figlio Vincenzo Il figlio Vincenzo ricorderà, anche con ironia, le numerose volte in cui il padre aveva chiesto per sé l’autoriduzione dello stipendio: «Mio padre era uno “specialista dell’autoriduzione”. Autoridusse il suo stipendio nell’anteguerra a meno della metà. Non ritirò, quando fu reintegrato all’IRI, due anni e mezzo di stipendio; al presidente Paratore rispose: “Dall’ottobre 1943 al febbraio 1946 non ho lavorato!”. Fissò il suo stipendio nel dopoguerra a meno della metà di quanto gli veniva proposto; lo mantenne sempre basso. Se il
Donato Menichella
decoro del grado si misura dallo stipendio, agì in modo spudoratamente indecoroso! Il 23 gennaio 1966, al compimento del settantesimo anno, chiese ed ottenne che gli riducessero il trattamento di quiescenza, praticamente alla metà, giustificandosi così: “Ho verificato che da pensionato mi servono molti meno danari!”. Ai figli ha lasciato un opuscolo dal titolo: “Come è che non sono diventato ricco”, documentandoci, con atti e lettere, queste ed altre rinunce a posti, prebende e cariche. Voleva giustificarsi con noi: “Vedete, i denari non me li sono spesi con le donne; non ci sono, e perciò non li trovate, perché non li ho mai presi!”. Mia madre (gli voleva molto bene) ha sempre accettato, sia pure con rassegnazione, tali sue peregrine iniziative (anche quando dovemmo venderci la casa e consumare l’eredità di lei); però ogni tanto ci faceva un gesto toccandosi la testa, come a dire: “Quest’uomo non è onesto, è da interdire”, poi sorrideva e si capiva che era orgogliosa di lui».

13.  Prima di decidere, rifletti”, chi compra azioni od obbligazioni deve fare attenzione, studiare i numeri, i bilanci delle aziende. No ai paternalismi. “Il denaro non si crea con l’astuzia, ma prima con il lavoro e poi con la saggezza”, diceva Giannini. “Tocca all’investitore indagare sulle offerte” (ma chi ha voglia di leggere i prospetti informativi?), senza farsi prendere dall’avidità (p. 167). Urge informarsi, studiare, dotare i cittadini dei rudimenti dell'educazione finanziaria.

14.  Giannini: politica del “give back”, con i suoi soldi costruita la Giannini Hall, sede della Fondazione Giannini di Economia Agraria - all'interno di Berkeley University, per finanziare ricerche, insegnamento e formazione di laureati in tale disciplina.
Grazie a Guido Crapanzano che ci ha ricordato questo grande banchiere di origini italiane.

mercoledì 22 novembre 2017

"Sola andata", un volume di Marco Ponti, da leggere per saperne di più sui trasporti in Italia

Domenica scorsa sono intervenuto alla Triennale - in occasione di BookcityMilano (175mila presenze!), manifestazione stupenda che valorizza Milano - alla presentazione del volume di Marco Ponti - già professore al Politecnico di Economia applicata - "Sola andata. Trasporti, grandi opere e spese pubbliche senza ritorno".

Marco Ponti è uno studioso dotato di un forte “sense of humour”. Questo volume è un continuo rimando all’ironia, al paradosso. Il lettore non può che uscirne divertito, anche perchè i temi possono apparire noiosi.

1.      L’attacco del libro è “Beniamino Andreatta”. Nomen omen, come si fa a non apprezzare. Andreatta, grande servitore dello Stato, viene citato da Ponti perchè alla fine degli anni Novanta, in un'intervista a Repubblica, disse testualmente: "I politici che promuovono grandi opere pubbliche sono interessati solo alle loro tangenti". Andreatta subì l’ostracismo della Democrazia Cristiana dopo la sua determinazione nella vicenda del Banco Ambrosiano. “L’establishment italiano è scheletrico e anchilosato, ma cattivo e pauroso. Dare prova di libertà costa carissimo”, ha affermato l’ing. Carlo De Benedetti (Per Adesso, F. Rampini, Longanesi, 1999). “Come Ministro del Tesoro, dopo il fallimento dell’Ambrosiano fece in Parlamento un memorabile discorso d’accusa contro lo IOR e il Vaticano. Dopo quell’episodio Andreatta fu emarginato dalla vita politica italiana per dieci anni. Solo la sua intelligenza e la sua passione politica lo hanno riportato a galla, dopo Mani Pulite”.
      Non è un caso che Ponti citi Andreatta. Secondo me è un tratto autobiografico. Anche Ponti, a causa del suo parlar chiaro, subisce l'ostracismo del mondo italico legato ai trasporti. Viene escluso dalle commissioni, querelato da Azienda dei trasporti milanese (ATM)

2.      Il linguista Tullio De Mauro tempo fa sostenne che “l’emergenza culturale nel nostro Paese dovrebbe preoccupare almeno quanto quella economica”. Secondo De Mauro meno di un terzo degli italiani possiede livelli di comprensione della scrittura e di calcono necessari per orientarsi in una società moderna; Una recente ricerca di Murtinu, Piccirilli e Sacchi ci dice che le competenze economico-finanziarie non sono rilevanti solo per le scelte individuali, ma anche per quelle collettive. Bene. Siccome l’Italia (statistiche OCSE) tra i Paesi nel fanalino di coda, ogni volta che si cerca di contenere il deficit di bilancio, si grida ai danni dell’”austerity” (che sulla spesa corrente non c’è mai stata).



Marco Ponti
Il taglio degli scorsi anni, a livello di spesa pubblica, è avvenuto a danno degli investimenti pubblici. Sui quali, come vorrebbe Ponti, bisognerebbe compiere delle analisi costi-benefici, di cui il Piano nazionale dei Trasporti è privo. Ma con l’abile marchingegno linguistico “opera strategica”, ogni analisi – che danno generalemente un risultato insoddisfacente - è evitabile. Per cui nessuna manutenzione o intervento idro-geologico e, invece, investimenti ferroviari senza senso come la TAV del Terzo Valico Milano-Genova. Con affidamenti senza gara, diciamo “in amicizia”. Mazzoncini, ad FS, parla trionfalmente di 70 miliardi di investimenti del gruppo, e per ben 50 miliardi non è previsto alcun rientro (a fondo perduto); considerati ricavi, a bilancio. Idem nel caso di ATM. O vogliamo parlare dell'ATAC?

Barack Obama, non a caso, precisò che “per i progetti di AV le analisi costi-benefici non danno risultati soddisfacenti”, per cui stanziò pochissimi fondi. Peraltro AV la usano i ricchi per cui lo Stato finanzia le classi abbienti.

3.      Peraltro, perchè le FS devono ridurre gli Investimenti se lo Stato – ossia il contribuente – ripaga tutto a piè di lista? Guai a parlare di sussidi, scrive Ponti. E guai a parlare di pensioni a retributivo per i dipendenti in esubero delle Ferrovie (Lodovico Ligato, ricordate lo scandalo delle lenzuola d’oro?), che ci costano 4 miliardi di euro l’anno.

4.      Tariffe autostradali: nel meccanismo di calcolo, tra i costi sostenuti dai concessionari vi è anche la remunerazione del capitale investito. Se il capitale investito cresce grazie ai profitti, si crea un meccanismo a spirale (p. 21): “più guadagno, più guadagnerò, senza rischi di sorta”. E i contratti di concessione? Sono secretati. Il costo del denaro era ben diverso quando si sono firmati i contratti. i+premio al rischio: i scende grazie alla BCE, ma non per i concessionari, anche in assenza di inflazione. Ironia di Ponti: “Chi scrive tentò di porre un argine a questa situazione....brillante risultato ottenne quello di cessare di colpo di essere consulente del Tesoro”.

5.      Nota di struttura: “A livello più generale c’è da osservare che i grandi investimenti autostradali e ferroviari di dubbia utilità hanno contribuito a spostare capitali ingenti da settori aperti alla concorrenza e all’innovazione, a posizioni di sostanziale rendita”. Chiosa Ponti: “Non sembra certo un beneficio per la crescita e la competitività del paese”.

6.      
Brandeis desk
Spesso nel volume si parla di "soldi altrui", “Other’s people money”, volume di Louis Brandeis, consigliere della Corte Suprema americana nella prima parte del secolo scorso. Chi paga?, direbbe oggi Ugo La Malfa. Bologna: interrata la stazione (costi volati); a Firenze sono le FS ad aver bloccato i lavori. Ma allora perchè si fanno opere inutili? I contribuenti  che pagano non sanno e pagheranno in modo opaco e diluito nel tempo, come maggiore deficit e debito pubblico (Cirino Pomicino's strategy). Il 70% della rete ferroviaria italiana è fortemente sottoutilizzata, ossia sovrabbondante.

7.      Ironia di Ponti: “Prima o poi il traffico arriverà” (Maurizio Lupi, ministro governo Letta, targato Compagnia delle Opere, Cl);

8.      Avere come avversari i cosiddetti Nimby - Not in my backyard, ossia, si facciamo le opere, ma non vicino a casa mia - è molto meglio dei prof. preparati e del mondo della ricerca. Vedi TAV in Val di Susa;

9.      Nei contratti spesso vengono inserite - dal compratore! - delle penali che non hanno alcun senso, visto che siamo in regime di monopsonio, unico compratore sono le Ferrovie dello Stato;

10.  Dopo tanta "depressione" sulle cose che non vanno, alla fine del libro si passa alla "to do list":

a) accountability: qualsiasi spesa rilevante in infrastrutture deve essere preceduta da analisi economiche- finanziarie terze, comparative e trasparenti;
b) l’Italia è un Paese di Paesi (CA Ciampi), per cui la mobilità merci e passeggeri si svolge per il 75% all’interno dei confini regionali, per cui il trasporto su gomma rimarrà dominante;
c) piccole opere e manutenzioni diffuse;
d) aumentare la capacità delle strade locali.

Per non parlare delle nuove tecnologie, delle vetture ibride, di Uber, dei truck di Tesla. Se volete saperne di più, comprate il libro.

giovedì 16 novembre 2017

Impariamo da Giovanni Rana, formidabile imprenditore, ossessionato dalla qualità del prodotto

Venerdì 10 novembre scorso la Banca Passadore & C. ha tenuto a Genova il suo quinto convegno annuale intitolato ad Agostino Passadore, banchiere eccelso. Nella splendida cornice del Teatro Carlo Felice, oltre 2.000 persone hanno preso parte all’evento, coordinato da Ferruccio de Bortoli, nel quale Carlo Cottarelli, Giovanni Rana, Gildo Zegna e Marco Vitale hanno discusso sul tema “Le eccellenze della creatività imprenditoriale italiana”.
Giovanni Rana, che nella vita avrebbe potuto fare l'attore, ha conquistato la platea col suo racconto di vita. Sentirlo parlare è un piacere. Il suo ottimismo è contagioso.
Già in passato avevo avuto modo di incontrarlo e mi aveva colpito la sua affermazione: "Io regno, mio figlio Gianluca governa".
Giovanni Rana ha raccontato come sia partito a fare i tortellini nella stalla del suocero a San Giovanni Lupatoto, comune in provincia di Verona di 25mila anime. E' proprio vero ciò che sosteneva Carlo A. Ciampi, "l'Italia è un Paese di paesi".
Rana veniva a Milano in terza classe a cercare delle macchine ad hoc in Corso Como per produrre i tortellini con la forma che voleva lui. Come tutti i grandi imprenditori, Rana è ossessionato al dettaglio, alla qualità del prodotto. "Only the paranoid survive", diceva Andy Grove.
Pietro Barilla per anni è andato da Rana a San Giovanni Lupatoto per cercare di convincerlo a cedere l'azienda. E Rana non mollava perchè ama la sua creatura. Un giorno fu Rana ad andare da Barilla e vide nel suo studio diversi quadri con raffigurati dei puledri bianchi. Pietro gli disse che i cavalli rappresentavano per lui l'azienda Barilla, in piena corsa, in formidabile crescita. Allora Rana prese la palla al balzo e disse: "Hai presente il dipinto del somarello che ho nel mio ufficio? Ecco, questo rappresenta Giovanni Rana S.p.A., a cui voglio molto bene. Smettila di chiedermi di vendertela!".
Barilla, al contempo, disse a Rana, forte di una ricerca Nielsen, che il "fresco" avrebbe avuto un boom. Così Giovanni Rana ci credette e si diede quindi da fare per produrre il tortellino fresco, con tutta la logistica che ne consegue. Da qui il grande successo di Rana combinato con una campagna pubblicitaria focalizzata sul personaggio Giovanni, che è risultata vincente. Giovanni Rana in tv è come dal vivo, una simpatia traboccante.
Oggi il gruppo Rana fattura il 60% all'estero, con grande traino del mercato americano (in quattro anni 160 milioni di fatturato), dove sono sbarcati anni fa. Tempo fa mi raccontava Gianluca Rana che prima dello sbarco nel mercato inglese si era fatto l'impossibile per garantire delle lasagne di grande qualità. Il pubblico non apprezzò. Allora si cercò di andare incontro al gusto inglese. E fu un successo.

Giovanni Rana ha chiuso il suo intervento di Genova spiegando come dalla partenza con 10 donne nella stalla, oggi siamo arrivati a tremila persone in sei stabilimenti, quattro in Italia, uno in Belgio (che serve il mercato inglese), uno negli Usa: "Sono felice, chiosa Rana, perchè faccio il mestiere più bello del mondo". Oltre mezzo miliardo di fatturato. Non è poco partendo dal niente. Applaudi scroscianti.

giovedì 2 novembre 2017

Il caso Baffi-Sarcinelli 38 anni dopo - Lettera al Corriere della Sera (non pubblicata), replicando a Sabino Cassese che criticava (sic!) le troppe ispezioni della Banca d'Italia

Il 21 ottobre scorso Sabino Cassese sul Corriere della Sera, in un editoriale “Sfiduciare la Banca d’Italia un veleno per le istituzioni”, criticava la mozione parlamentare del Pd, critica verso la Vigilanza della Banca d’Italia.

Nel chiudere il suo articolo, il prof. Cassese ritornava sul caso Baffi-Sarcinelli del marzo 1979, ma a sproposito. Mentre la Banca d’Italia oggi viene criticata per una vigilanza titubante, Baffi e Sarcinelli allora vennero presi di mira, attaccati, incriminati e defenestrati (Sarcinelli addirittura arrestato) perchè vigilavano troppo bene e con incisività.

Sono tornato sulle mie amate Carte Baffi e ho trovato che in quegli anni Sabino Cassese non aveva capito quasi nulla. Ho quindi preso carta e penna e ho scritto (il 26 ottobre) al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana chiedendo di essere pubblicato (la lettera non credo uscirà mai).

 Caro direttore,

 Nell’editoriale Sfiduciare la Banca d’Italia un veleno per le istituzioni del 21 ottobre sul Corriere della Sera Sabino Cassese ricorda l’attacco giudiziario alla Banca d’Italia del 1979 con queste parole: “L’indiretta mozione di sfiducia nell’istituzione Banca d’Italia...rappresenta per essa una ferita persino maggiore di quella inferta nel marzo 1979 da una iniziativa di Andreotti e della Procura della Repubblica”.

Paolo Baffi
Vorrei aggiungere, al fine di rinverdire la memoria dei fatti, che in quegli anni il prof. Cassese non capì in alcun modo il cambio di passo nella politica di Vigilanza adottata da Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, segnando una forte discontinuità con il governatorato di Guido Carli.

Infatti in un articolo sull’Espresso del 20 agosto 1978 – A via Nazionale il burocrate grida: ho vinto! – Cassese accusò la Banca d’Italia di non collaborare col sistema politico-amministrativo e di formalismo, poichè, a suo dire, la Banca d’Italia eccedeva – a seguito delle ispezioni nelle banche vigilate - nelle denunce alla magistratura. Così Cassese: “Nel 1975, queste [denunce, ndr] furono 67; nel 1976, 117; nel 1977, 59. Per gli anni che precedono [con Carli governatore, ndr], ...si ha ragione di ritenere che il fenomeno fosse sconosciuto negli anni 1960 e fosse inferiore a poche decine dal 1970 al 1975...Ci si chiede se la Banca d’Italia non possa prevenire i reati [chissà cosa penserebbe di questa affermazione Ignazio Visco oggi, ndr]: essa deve indirizzare e governare il credito, non agire come una Procura della Repubblica o la Corte dei Conti del sistema creditizio”. Cassese non comprese l’importanza vitale delle ispezioni in loco, decisive per scoprire il malaffare. Sono state proprio le ispezioni all’Italcasse di Arcaini dell’agosto 1977 e al Banco Ambrosiano di Calvi nel 1978 – oltre alla contrarietà al salvataggio-papocchio della Banca Privata di Michele Sindona - a segnare – purtroppo - la fine del “duo inafferrabile” Baffi- Sarcinelli.

Donato Masciandaro
Non è un caso che Donato Masciandaro, direttore del Centro Baffi Carefin Baffi della Bocconi abbia definito Baffi il “Governatore della Vigilanza”. Fu proprio il cambio di rotta nelle politiche di Vigilanza che indusse la politica a reagire servendosi della peggiore magistratura romana (altro che “porto delle nebbie”, meglio definirlo “porto delle follie”). Lo storico Alfredo Gigliobianco scrive: “Baffi, insieme con Sarcinelli, contrastò i fenomeni degenerativi che si manifestavano in quegli anni, usando anche con efficacia e senza timori reverenziali lo strumento delle ispezioni”.

Cassese chiuse il suo ragionamento nell’agosto ’78 chiedendosi se la Banca d’Italia fosse “passata all’opposizione”. Intanto Baffi, ferito da Cassese, era già sotto indagine fin dal 7 aprile 1978, inizio del fantomatico “disegno criminoso”.
Cassese, a cui ho scritto allegandogli la lettera, mi ha risposto così: "Da quanto lei stesso scrive si evince che mi riferivo alla prassi di attivare le procure, non alla vigilanza in quanto tale".

Gli acrobati sono una specialità italiana.